Lungo l'antica via che collega Napoli all'abbazia di Montevergine e al santuario micaelico del Gargano è dislocato il paese campano di Cimitile. Proprio per la sua strategica ubicazione, il centro cittadino è frequentemente visitato o quantomeno attraversato da numerosi pellegrini, turisti e semplici passanti. Ma ben pochi sono però a conoscenza dell'importanza storico/religiosa che tutt'oggi caratterizza quei luoghi.
Prima di entrare nel merito delle vicende meramente di stampo tecnico è doverosa una piccola parentesi sull'etimologia del
nome del paese stesso. Cimitile, antico luogo adibito, già dall'epoca
imperiale, a complesso funeriario e quindi luogo di sepolture, da
qui il toponimo "cimiterium", e quindi di logica conseguenza Cimitile.
Tra le sepolture di maggior rilevanza è annoverata di certo quella del martire cristiano San Felice, passato a miglior vita nel III secolo d.C. I numerosi riferimenti scritti, in merito alla vita, alle opere ed alla devozione al santo, sono arrivati a noi grazie al lavoro dell'aristocratico Paolino da Nola (IV-V sec d.C), artefice tra le altre cose della monumentalizzazione della tomba del santo al quale era fedelmente devoto.
Dopo la morte del santo, numerosi eventi di stampo miracoloso (secondo la cultura e le credenze cristiane) furono attribuiti
all'intercessione del santo. Per questo motivo aumentò gradualmente
negli anni, l'afflusso di pellegrini che facevano visita alla tomba per
venerare le spoglie
mortali di Felice. Cimitile mutò così da
piccolo cimitero a vero e proprio luogo di venerazione. In virtù di ciò
la tomba fu "riorganizzata" in un mausoleo a pianta quadrata. Il primo
edificio di culto vide però la sua ufficializzazione storica dopo
l'editto del '313, quando il santuario accolse la tomba di San Felice al
di sotto di un imponente altare capace di ospitare ai suoi piedi anche i
resti dell'ormai defunto devoto Paolino da Nola.
Questa pratica diede però il via ad un
processo che spesso entra in serio conflitto con le ricerche
archeologiche. La sepoltura "ad sanctos", ovvero accanto al santo,
prevedeva la deposizione delle spoglie dei fedeli deceduti nei pressi o
addirittura letteralmente sopra, i resti del santo in questione.
L'usanza aveva finalità puramente religiose, in quanto i cristiani
pensavano di trarre benefici oltre la morte, anche dalla fisica
vicinanza del loro cadavere a quello del santo. Purtroppo tale pratica
rende oggi seriamente complicato il processo di lettura stratigrafica
dei ricercatori (come si dice? La religione non va mai daccordo con la
scienza...).
Nonostante l'importanza attribuita a Cimitile già in epcoa medievale, il santuario fu presto preda dell'oblio. Intorno al 1500 Mons. Gallo,
chiese agli studiosi di identificare l'esatta ubicazione delle spoglie
dei santi, inquanto era ormai difficile indicare con precisione l'esatto
luogo all'interno del complesso. Anche i devoti stessi sembravano, col
passare degli anni, sempre più disorientati nell'atto di
"inginocchiarsi" sulla tomba di San Felice. Nacquero così diversi poli
di devozione all'interno dello stesso complesso religioso.
In questa situazione di confusione cercò
di approfittarne la Chiesa di S. Sisto di Piacenza, la quale rivendicò
ufficialmente il possesso delle spoglie originarie di San Felice. La
cattedrale picentina sosteneva che i resti del santo furono consegnati
ad una fedele pellegrina in visita a Cimitile con lo scopo di custodirli
in maggiore sicurezza a Piacenza, in virtù appunto delle continue e
numerose sepolture che i cattolici nolani praticavano senza
sosta.Ovviamente Cimitile non riconobbe tale traslazione e quindi la
disputa andò avanti per tutto il 1600.
I primi scavi archeologici moderni
furono effettuati nel 1936 e nel 1954 da Gino Chierici, Soprintendente
dell'arte Medievale e Moderna della Campania. Le ricerche portarono alla
luce ben due sepolture, entrambe ubicate sotto l'altare centrale della
Chiesa, proprio nel punto dove la tradizione dichiara sepolti San Felice
e Paolino da Nola. I reperti si concretizzarono in frammenti ossei di
costole e teschi di color ruggine, appartenuti ai tempi ad un individuo
di bassa statura, deceduto all'età di cierca 40 anni. Purtroppo e quasi
senza apparente motivo le scoperte di Chierici andarono via via
dimenticate. Con la morte del ricercatore la notizia perse di interesse
pubblico e nell'arco dei vent'anni successivi si persero addirittura le
analisi e i risultati scritti delle ricerche. Ancor più misteriosamente,
qualche decennio fa riapparvero in Germania i disegni e il diario di
Gino Chierici relativi agli scavi di Cimitile, ma tutt'oggi sono
all'appannaggio esclusivo di due archeologi tedeschi.
La mia pubblicazione, in sintonia
con tutte le altre pubblicazioni in merito alla vicenda di San Felice,
ha lo scopo di riportar alla luce una questione tenuta in sospeso da
ormai parecchi decenni, cercando di evitare un ulteriore accantonamento
degli elementi che potrebbero certificare storicamente e
scientificamente l'attuale ubicazione di San Felice, riportando lustro a
Cimitile, inserendola di diritto nel patrimonio culturale di interesse
mondiale dell'Unesco.
di Giuseppe Di Stadio
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