Rarissimi
o del tutto inesistenti sono coloro che non conoscono la straordinaria
leggenda della Spada della Roccia. Le vicende che narrano delle epiche
gesta dei cavalieri inglesi intenti ad estrarre la lama dell'arma dalla
roccia compiendo in tal modo la profezia che vi era legata.
Infatti secondo la leggenda britannica, solo colui che avesse
estratto la spada dalla roccia, sarebbe diventato un giorno, Re
d'Inghilterra.
Sempre secondo la leggenda, il destino volle che a compiere l'epica impresa fosse un ragazzo poco più che adolescente.
Un esile ragazzino che un giorno tutto il mondo avrebbe conosciuto ed apprezzato sotto il nome di Artù, Re Artù.
Ma davvero in pochi sono a conoscenza di un'incredibile parallelismo
di questa leggenda, che oggi è possibile apprezzare proprio nel nostro
Paese. Precisamente in Toscana, a Siena, sorge l'Abbazia di San Galgano, intorno alla quale gravita da secoli una leggenda straordinariamente simile a quella inglese di Artù.
Procediamo per gradi analizzando la leggenda e la storia dei suoi artefici, e dei suoi protagonisti.
Nel 1148, a Chiusdino, nasceva un piccolo nobile dal nome di Galgano Guidotti, da padre Guido (o Guidotto) e madre Dionisia. La famiglia era legata da rapporti di Vassallaggio ai Vescovi di Volterra, signori feudali di Chiusdino.
Da buon nobile aristocratico, la sua adolescenza fu caratterizzata da
una sana istruzione ma inevitabilmente incanalata anche verso una vita
libertina e sfrenata, coronata da vizi e lusso in abbondanza.
La vita mondana di Galgano per forza maggiore, lo induceva in
continui e svariati peccati e gesta di discutibile costume, fino
all'episodio che cambiò radicalmente la vita del giovane toscano.
Durante una classica giornata dedicata allo svago più sfrenato, all'età
di vent'anni, Galgano ebbe due visioni dell'arcangelo Michele.
Nella prima apparizione, l'arcangelo gli si manifestò semplicemente
davanti rendendosi riconoscibile agli occhi del ragazzo, mentre nella
seconda lo invitò palesemente a seguirlo. Attraversarono ponti e prati
fioriti fino a giungere a Monte Siepi. In questo luogo giunsero presso
una costruzione di forma circolare (con buone probabilità una visione,
in quanto l'attuale eremo circolare fu costruito dopo la morte di
Galgano).
Ai piedi dell'edificio vi erano riuniti i dodici apostoli di Gesù
Cristo, i quali, reggendo un sacro libro, invocarono Dio, il Creatore
dell'Universo, che da li a poco si manifesto in tutta la sua potenza ai
presenti.
Dio in persona compì l'opera di redenzione definitiva del giovane Galgano.
Ma questo straordinario evento non riuscì a forgiare del tutto
l'animo del giovane nobile, che in breve tempo, tornò alla solita vita
di lusso e peccato, spronato dalla volontà della madre che lo desiderava
Cavaliere e sicuramente lontano dal mondo ecclesiastico. Fu proprio per
dissuadere Galgano da eventuali possibili conversioni che fu combinato
il fidanzamento con la giovane e bella Polissena da Civitella in Maremma.
Il fato volle che proprio durante un viaggio per giungere dall'amata
Polissena, il 24 dicembre 1180, il cavallo di Galgano si fermò di colpo
e, rifiutandosi di proseguire lungo il sentiero ordinario che conduceva
all'abitazione della ragazza, intraprese di propria iniziativa la via
verso Monte Siepi.
Il giorno seguente, 25 dicembre 1180, il cavallo si arrestò
precisamente nel medesimo punto in cui Galgano aveva avuto la visione
qualche tempo prima.
Davanti a tale episodio, finalmente il ragazzo si convinse della
sacralità di quel luogo e decise di dare un'identità a quella terra
Santa, costruendo in quel preciso punto una croce.
Iniziò così le ricerche dei materiali necessari per costruire una
croce artigianale, ma purtroppo i tentativi di approvvigionamento furono
vani, in quanto non vi erano, presso quei luoghi legnami o corde
utilizzabili.
Ciò risultò molto strano agli occhi del giovane e allo stesso tempo
un ulteriore evidente segno divino come richiesta della propria
redenzione.
A questo punto si fece coraggio e come segno tangibile di rinuncia
definitiva ad ogni forma di peccato e violenza, conficcò la sua spada in
una parte di roccia che affiorava dal terreno, a mo di croce da
adorare, trasformando uno strumento del male in un mezzo di preghiera ed
intercessione a Dio, gesto simbolico di estrema forza fisica e di
spirito.
Galgano sembra non rifiutare la "militia saeculi", ma superarla, non
rinunciare alla spada ma porla al servizio di una cavalleria diversa da
quella vissuta fino ad allora, diversa e soprattutto più alta: il
cavaliere Galgano avrebbe arruolato se stesso nella milizia di un
"dominus" più grande di quello terreno: Gesù Cristo.
Indossando il proprio mantello a mo di saio, iniziò a pregare ai
piedi della perfetta croce, visibile a tutti coloro che sarebbero
passati in quel posto da quel giorno in poi.
Al termine della sua preghiera, udì una voce, perfettamente
riconducibile a quella dell'Arcangelo Michele, che lo invitava a restare
in quel luogo per il resto della sua vita, adorando e servendo Dio come
eremita e monaco.
Galgano colse l'invito e decise di stabilirsi presso Monte Siepi,
vivendo nei boschi e nutrendosi di erbe selvatiche, predicando la parola
del Creatore per i paesini limitrofi di Siena.
Durante uno dei suoi frequenti pellegrinaggi a Roma (in uno dei quali
gli fu suggerito da Papa Alessandro III di costruire un'abbazia sul suo
eremo a Monte Siepi), la spada nella roccia, subì un tentativo di furto
da parte di tre malintenzionati.
Ma era talmente radicata nella pietra, che nessuno dei tre riuscì ad
estrarla, e, colti da rabbia per il fallito tentativo, la spezzarono in
tre parti (ancora oggi è possibile notare come la spada rechi su di essa
i segni di tre nette fratture).
Tale gesto però, provocò l'ira di Dio che, considerate le spregevoli
intenzioni dei tre ladri, decise di punirli, annegandone il primo in un
lago, fulminando il secondo durante un temporale e facendo sbranare il
terzo da un lupo selvatico che gli tranciò gambe e braccia, ma che gli
risparmiò la vita quando il ladrone si pentì in punto di morte chiedendo
il perdono di Galgano (ancora oggi è possibile osservare le ossa del
ladro tranciate dal lupo, all'interno di una bacheca esposta nell'
Abazia).
Al suo ritorno da Roma, Galgano fu molto addolorato alla visione
della spada spezzata, ritenendosi colpevole dell'accaduto in quanto si
era allontanando lasciando la croce incustodita. Ma Dio in persona gli
ordino di riunire i pezzi, che miracolosamente, furono forgiati dalle
mani sante del Creatore stesso.
Da quel momento Glgano decise di non abbandonare più quel luogo,
vivendo in solitudine e finendo i propri giorni in preghiera sulla croce
nella roccia, spegnendosi a 33 anni il 3 dicembre 1181.
Circa quattro anni dopo la sua morte Galgano venne santificato da Papa Lucio III.
La vita e le gesta del Santo si diffusero presto tra i Cavalieri di
San Michele i quali decisero di adottarlo come loro protettore,
riconoscendo nelle loro spade strumenti di violenza che potevano essere
trasformati in strumenti di pace, e nei loro mantelli, simboli di
orgoglio, che potevano diventare, come il saio di Galgano, simboli di
estrema umiltà.
I parallelismi con la leggenda di Artù sono davvero molteplici, e se
solo vogliamo considerare che uno dei cavalieri della tavola rotonda
porta proprio il nome di San Galgano (Sir. Gawain) non possiamo fare a
meno di ipotizzare che il padre della leggenda Inglese fu influenzato ed
affascinato in vita, dalle meraviglie spirituali di Monte Siepi e della
vita di San Galgano da Chiusdino.
Negli anni successivi alla morte di Galgano, la sua tomba divenne
mèta di pellegrinaggi e la convinzione che il sant'uomo fosse un
efficace intercessore presso Dio, che si era manifestata quando era
ancora in vita, andò consolidandosi: gli atti del processo di
canonizzazione infatti riferiscono numerosi miracoli, guarigioni di
persone "attratte" (Un termine generico col quale tuttavia potrebbero
essere stati indicati dei paralitici), liberazione di prigionieri,
guarigioni da febbri o addirittura dalla lebbra, liberazione di
posseduti dal demonio.
Il vescovo di Volterra, Ugo, condusse una prima indagine conoscitiva
delle virtù e dei miracoli di Galgano. L'inchiesta ebbe esiti positivi
ed egli autorizzò la costruzione di una cappella intorno alla tomba del
santo ed alla spada.
Dopo Ugo, il nuovo vescovo Pannocchieschi, ottenne l'apertura di un
processo da parte del papa Lucio III. Il papa nominò tre commissari con
il compito di verificare la santità del giovane chiusdinese: siamo certi
che fra di essi fosse Corrado di Wittelsbach, cardinale vescovo della
Sabina ed arcivescovo di Magonza; per gli altri due sono stati
ipotizzati i nomi di a Melior, cardinale prete del titolo dei Santi
Giovanni e Paolo, e di Ildebrando Pannocchieschi, vescovo di Volterra.
Non sappiamo se ci sia stata una vera e propria canonizzazione da
parte di un papa o se la commissione avesse ricevuto la facoltà di
procedere alla canonizzazione, attraverso la "iurisdictio delegata".
La festa del santo, fu inizialmente posta al 30 novembre e poi
spostata al 3 dicembre, giorno in cui si presume sia avvenuta l'
"elevatio" delle spoglie dell'eremita, cioè la loro esumazione ed
esposizione nell'ambito della sua canonizzazione. La prima edizione del
"Martyrologium Romanum", del 1584, redatta per ordine di Papa Gregorio
XIII la memoria del santo era fissata al 3 dicembre; nell'ultima
edizione, redatta nel 2004 per ordine di Papa Giovanni Paolo II, essa è
stata riportata al 30 novembre, ovvero al giorno della morte, anche se a
Chiusdino si mantiene la vecchia tradizione.
Nessun commento:
Posta un commento