In tanti ne parlano ma nessuno l'ha mai vista. Raccontano che a Messina,
proprio sotto il faro, abiti una sirena. Proprio per la sua propensione
a non farsi mai vedere, di ess si sa molto poco.
Molto probabilmente, però, questa figura non ha un'origine storica quanto letteraria.
"La
sirena" è una piece teatrale tratta dall'opera di Giuseppe Tomasi di
Lampedusa "Lighea". L'opera, ambientata alla fine degli anni 30, narra
di due uomini siciliani che si incontrano a Torino per caso in un
caffè..
Il più vecchio dei due racconterà del suo amore per una creatura
il cui sorriso esprime «bestiale gioia di esistere, una quasi divina
letizia», dal «profumo mai sentito, un odore magico di mare», con una
voce talmente melodiosa da sembrare un canto. Appunto, una sirena.
Secondo
altre leggende, non si parla di una sola sirena del faro, ma di due:
Sciglia e Cariglia, ambedue molto malvagie. Tutte le navi che pasavano
da quelle parti naufragavano poichè i marinai si addormentavano a causa
del loro canto.
Un giorno, un gigante, famosissimo nuotatore di Messina, scommise con i calabresi che avrebbe catturato queste sirene.
Si
tuffò dalle rive del faro, portando una corda, e una volta arrivato sul
fondo, sebbene con molta fatica, riuscì a legare le due sirene, che
portò a gala consegnandole al popolo. I messinesi, fieri di lui, gli
eressero una statua e i reggini gli assegnarono una rendita annuale.
“A mmenzu u mari ci sta la sirena,
cu’ passa cu lu cantu si lu tira;
ci pigghia la varcuzza cu la vela
li sippillisci n-funnu nta la rina:
e cu’ ci n-cagghia, forti si lu teni
cu li canti chi fa sira e matina”.
( Canto popolare raccolto da Salomone Marino a Partinico)
©Monica Taddia
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