mercoledì 20 marzo 2013

Intervista a Luigi Maieron

Lo staff di Italia Parallela è lieto di proporvi l'intervista realizzata assieme a Luigi Maieron, cantautore friulano che alcuni di voi avranno avuto già il piacere di incontrare nel corso dell'estate, assieme a Toni Capuozzo e Mauro Corona, nello spettacolo itinerante "3 uomini di parola".  


1)Com'è nato il tuo amore per la musica popolare e quando hai deciso di diventare un cantautore?

A casa mia la  musica ha sempre avuto un posto. Pensa che ho avuto un nonno musicante per più di cinquant’anni e poi mia madre anch’ella musicante per tutta la vita. Con loro ho debuttato a 11 anni in fumose osterie di Carnia. Allora non esisteva telefono azzurro e a me non è rimasto che seguirli. La musica si è preso anche me fin da piccolo. Lo scrivere è venuto poco alla volta. Ogni volta che provavo qualche brano finivo per cercare soluzioni diverse. Poi, come capita a tanti ho cominciato a scrivere qualche pensiero, qualche breve poesia. Appassionato da sempre di cantautorato ho finito per diventarlo, o almeno ci provo.

2) La tua musica attinge ispirazione anche da altri generi, ad esempio "Mieli" è un brano che potrebbe essere tranquillamente catalogabile come neo folk (un ramo della musica dark  NdR). Quali sono le tue "muse ispiratrici" musicali?

Ammiro un certo tipo di personaggi, tutti quelli che scrivono o fanno musica utile. Non riesco a sentire musica troppo leggera o ammiccante, ho sempre bisogno della profondità. Mi appassiona la canzone che racconta qualcosa, la musica che smuove qualcosa. Credo nei personaggi che si tengono collegati alla vita non che distribuiscono falso ottimismo. Un personaggio per tutti: Tom Waits, poi i cantautori mi hanno sempre fatto compagnia. L’ispirazione invece mi viene sempre dalla solitudine e dal bosco vicino casa mia. Quando mi sento più sensibile percepisco meglio pensieri e moti del cuore.

3) Qual'è il tuo rapporto con il lato "magico" del Friuli?

E’ lo stesso del mistero. Percepire il mistero che accompagna le nostre vite e dargli dei confini, provare a capire quanto di vero ci sia nel mistero. Mi sono capitate molte cose strane, senza spiegazione e questo mi ha portato a credere senza alcun dubbio che ci sono cose che non si vedono ma che esistono. Il lato magico appartiene al nostro “vento di casa”, ci accompagna e ci aiuta a non essere ottusi ad essere meno padroni, meno egoisti.

4) C'è una leggenda legata alla tua terra che ti è rimasta impressa e che ci vorresti raccontare?

Sono molte, alcune le ricordo ancora purtroppo, per la paura che mi hanno lasciato per tanto tempo. Sono stato allevato da mia nonna e lei curiosamente sembrava non ci fosse educazione seria se non era popolata da qualche fantasma o da qualche ritorno dall’aldilà. Silverio, il dannato del Moscardo, ad esempio, abituato a vigilare sulla sua terra in vita, non smise neppure dopo la morte e mia nonna mi diceva che si sentivano ancora i suoi passi durante la notte nelle vicinanze dei suoi terreni.

5) In "Scolte la cjere" (ascolta la terra) parli del rapporto che sussiste tra uomo e natura. E' un rapporto che però purtroppo, col tempo e l'avanzare della tecnologia in tanti stanno perdendo. Ti va di raccontarci come l'hai sempre personalmente vissuto?

Ho la fortuna di vivere in Carnia, un posto fatto di boschi e stagioni che passando ti fanno vedere giorno per giorno il passaggio. La Carnia è un posto fisico ma se lo “usmi” con occhio ed orecchia interni, senti che non è molto saggio staccarsi dal ritmo della terra. Questo non vuol dire che la modernità sia cosa disdicevole, questo no, ma il linguaggio che ci arriva da ogni stagione, il canto di un bosco, il silenzio, il viaggio di una foglia. Conservano tanta saggezza ed equilibrio e completano il nostro viaggio a volte troppo esasperato.

6) In "La cidule" parli di un'antica tradizione carnica secondo la quale, nella notte di San Giovanni, i ragazzi lanciavano sul fuoco le cidula (rotelle di legno d'abete) proclamando i nomi delle ragazze di cui erano innamorati. A quali altri tradizioni particolari ti senti particolarmente legato?

Nella cidule c’è un messaggio che sento particolarmente. La ragazza aspetta che dicano il suo nome ma questo non avviene. Si chiede: “ma io non piaccio a nessuno?” Si sente sola, aspetta che la vita la chiami pronta a lasciarsi andare alla speranza che se non sarà oggi, sarà sicuramente domani. Mi piace questo nelle tradizioni, trovare il legame con temi così importanti. Ogni tradizione è motivo di saggezza, è un mondo depositario di tante esperienze, di tanti incontri. E’ vita vera e mistero che, camminano insieme. Al mio paese si fa il mac di San Zuan. Si raccolgono dei fiori ed erbe che dopo la benedizione vengono appese in qualche parte della casa. Mia nonna si sentiva al sicuro con quei fiori rinsecchiti a farle compagnia e quando qualcosa non andava bene né bruciava qualche foglia e si sentiva subito meglio.

7) Un'ultima domanda... Raccontaci un po' del Mago Tiraca.. E' davvero esistito?

Certo. Si chiamava Bortolo Del Negro ed era originario di Povolaro vicino a Comeglians. Aveva perso la gamba durante un incidente di lavoro in Austria dove faceva il boscaiolo. Rientrato in Carnia aveva aperto l’osteria Del Negro a Povolaro. Si era costruito da solo la gamba di legno usando legno di faggio che si consuma meno. Era un uomo grande con spiccata personalità. Lo trovavi tra i tavoli della sua osteria a dare buoni consigli all’uno o all’altro. Era un “oste-psicologo”. I ragazzi del luogo lo prendevano in giro chiamandolo Gjamba di f au, (gamba di faggio) o corsaro nero, per la sua gamba di legno. A sostegno della gamba aveva due enormi bretelle di stoffa. La canzone nasce da una poesia scritta da Leonardo Zanier, poeta carnico che vive in svizzera. Mi piaceva quel testo ma non riuscivo a trovare il bandolo, non riuscivo a tradurlo in canzone. Quando ho capito che la gamba mancante di Del Negro poteva diventare un  simbolo delle tante amputazioni che la vita ci riserva e allo stesso tempo rappresentarne la fuga, non ho avuto più difficoltà. La musica è arrivata da sola, subito, proprio quella che cercavo.  “Ma va la mago tiraca, gjamba di fau, corsaro nero.”
Ringraziamo nuovamente Luigi per la sua disponibilità e ci auguriamo di poterlo rivedere presto in occasione di uno dei suoi prossimi concerti.
Per rimanere aggiornati riguardo le sue pubblicazioni ed i suoi spettacoli, potete visitare il sito http://www.maieron.it/

 © Monica Taddia

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