Lo staff di Italia Parallela è lieto di proporvi l'intervista
realizzata assieme a Luigi Maieron, cantautore friulano che alcuni di
voi avranno avuto già il piacere di incontrare nel corso dell'estate,
assieme a Toni Capuozzo e Mauro Corona, nello spettacolo itinerante "3
uomini di parola".
1)Com'è nato il tuo amore per la musica popolare e quando hai deciso di diventare un cantautore?
A
casa mia la musica ha sempre avuto un posto. Pensa che ho avuto un
nonno musicante per più di cinquant’anni e poi mia madre anch’ella
musicante per tutta la vita. Con loro ho debuttato a 11 anni in fumose
osterie di Carnia. Allora non esisteva telefono azzurro e a me non è
rimasto che seguirli. La musica si è preso anche me fin da piccolo. Lo
scrivere è venuto poco alla volta. Ogni volta che provavo qualche brano
finivo per cercare soluzioni diverse. Poi, come capita a tanti ho
cominciato a scrivere qualche pensiero, qualche breve poesia.
Appassionato da sempre di cantautorato ho finito per diventarlo, o
almeno ci provo.
2) La tua musica attinge ispirazione
anche da altri generi, ad esempio "Mieli" è un brano che potrebbe essere
tranquillamente catalogabile come neo folk (un ramo della musica dark
NdR). Quali sono le tue "muse ispiratrici" musicali?
Ammiro
un certo tipo di personaggi, tutti quelli che scrivono o fanno musica
utile. Non riesco a sentire musica troppo leggera o ammiccante, ho
sempre bisogno della profondità. Mi appassiona la canzone che racconta
qualcosa, la musica che smuove qualcosa. Credo nei personaggi che si
tengono collegati alla vita non che distribuiscono falso ottimismo. Un
personaggio per tutti: Tom Waits, poi i cantautori mi hanno sempre fatto
compagnia. L’ispirazione invece mi viene sempre dalla solitudine e dal
bosco vicino casa mia. Quando mi sento più sensibile percepisco meglio
pensieri e moti del cuore.
3) Qual'è il tuo rapporto con il lato "magico" del Friuli?
E’
lo stesso del mistero. Percepire il mistero che accompagna le nostre
vite e dargli dei confini, provare a capire quanto di vero ci sia nel
mistero. Mi sono capitate molte cose strane, senza spiegazione e questo
mi ha portato a credere senza alcun dubbio che ci sono cose che non si
vedono ma che esistono. Il lato magico appartiene al nostro “vento di
casa”, ci accompagna e ci aiuta a non essere ottusi ad essere meno
padroni, meno egoisti.
4) C'è una leggenda legata alla tua terra che ti è rimasta impressa e che ci vorresti raccontare?
Sono
molte, alcune le ricordo ancora purtroppo, per la paura che mi hanno
lasciato per tanto tempo. Sono stato allevato da mia nonna e lei
curiosamente sembrava non ci fosse educazione seria se non era popolata
da qualche fantasma o da qualche ritorno dall’aldilà. Silverio, il
dannato del Moscardo, ad esempio, abituato a vigilare sulla sua terra in
vita, non smise neppure dopo la morte e mia nonna mi diceva che si
sentivano ancora i suoi passi durante la notte nelle vicinanze dei suoi
terreni.
5) In "Scolte la cjere" (ascolta la terra) parli del rapporto che sussiste tra uomo e natura. E' un rapporto che però purtroppo, col tempo e l'avanzare della tecnologia in tanti stanno perdendo. Ti va di raccontarci come l'hai sempre personalmente vissuto?
Ho
la fortuna di vivere in Carnia, un posto fatto di boschi e stagioni che
passando ti fanno vedere giorno per giorno il passaggio. La Carnia è un
posto fisico ma se lo “usmi” con occhio ed orecchia interni, senti che
non è molto saggio staccarsi dal ritmo della terra. Questo non vuol dire
che la modernità sia cosa disdicevole, questo no, ma il linguaggio che
ci arriva da ogni stagione, il canto di un bosco, il silenzio, il
viaggio di una foglia. Conservano tanta saggezza ed equilibrio e
completano il nostro viaggio a volte troppo esasperato.
6)
In "La cidule" parli di un'antica tradizione carnica secondo la quale,
nella notte di San Giovanni, i ragazzi lanciavano sul fuoco le cidula
(rotelle di legno d'abete) proclamando i nomi delle ragazze di cui erano
innamorati. A quali altri tradizioni particolari ti senti
particolarmente legato?
Nella cidule c’è un messaggio
che sento particolarmente. La ragazza aspetta che dicano il suo nome ma
questo non avviene. Si chiede: “ma io non piaccio a nessuno?” Si sente
sola, aspetta che la vita la chiami pronta a lasciarsi andare alla
speranza che se non sarà oggi, sarà sicuramente domani. Mi piace questo
nelle tradizioni, trovare il legame con temi così importanti. Ogni
tradizione è motivo di saggezza, è un mondo depositario di tante
esperienze, di tanti incontri. E’ vita vera e mistero che, camminano
insieme. Al mio paese si fa il mac di San Zuan. Si raccolgono dei fiori
ed erbe che dopo la benedizione vengono appese in qualche parte della
casa. Mia nonna si sentiva al sicuro con quei fiori rinsecchiti a farle
compagnia e quando qualcosa non andava bene né bruciava qualche foglia e
si sentiva subito meglio.
7) Un'ultima domanda... Raccontaci un po' del Mago Tiraca.. E' davvero esistito?
Certo.
Si chiamava Bortolo Del Negro ed era originario di Povolaro vicino a
Comeglians. Aveva perso la gamba durante un incidente di lavoro in
Austria dove faceva il boscaiolo. Rientrato in Carnia aveva aperto
l’osteria Del Negro a Povolaro. Si era costruito da solo la gamba di
legno usando legno di faggio che si consuma meno. Era un uomo grande con
spiccata personalità. Lo trovavi tra i tavoli della sua osteria a dare
buoni consigli all’uno o all’altro. Era un “oste-psicologo”. I ragazzi
del luogo lo prendevano in giro chiamandolo Gjamba di f au, (gamba di
faggio) o corsaro nero, per la sua gamba di legno. A sostegno della
gamba aveva due enormi bretelle di stoffa. La canzone nasce da una
poesia scritta da Leonardo Zanier, poeta carnico che vive in svizzera.
Mi piaceva quel testo ma non riuscivo a trovare il bandolo, non riuscivo
a tradurlo in canzone. Quando ho capito che la gamba mancante di Del
Negro poteva diventare un simbolo delle tante amputazioni che la vita
ci riserva e allo stesso tempo rappresentarne la fuga, non ho avuto più
difficoltà. La musica è arrivata da sola, subito, proprio quella che
cercavo. “Ma va la mago tiraca, gjamba di fau, corsaro nero.”
Ringraziamo nuovamente Luigi per la sua disponibilità e ci
auguriamo di poterlo rivedere presto in occasione di uno dei suoi
prossimi concerti.
Per rimanere aggiornati riguardo le sue pubblicazioni ed i suoi spettacoli, potete visitare il sito http://www.maieron.it/
© Monica Taddia
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