Nogaredo, in Trentino, settembre 1646. Era accaduto che, sulla pubblica piazza, Mercuria avesse acccusato Domenica Chemelli di furto e stregoneria. Anche a Nogaredo si ripete il meccanismo: una accusa un'altra che a sua volta accusa. Entrambe finirono in prigione, in questo caso le carceri di Castel Noarna. Ad interrogare Mercuria e Domenica provvede l'inquisitore.
"Durante gli interrogatori è riuscito che le imputate in tempo di luna al primo quarto hanno rinunziato al sacramento del battesimo seducendosi l'una per l'altra a commettere tale mancamento permettendo per maggiore dannazione delle loro anime di essere ribattezzate con una nuova infusione d'acqua sopra il capo essendosi sottoposte a tal legame di obbedienza al Nemico del genere umano.
Che in tempo di luna piena a ore comode, ai malfatti propizie erano portate in aria invisibilmente in maleddetti congressi dovev venivano compiute diversità e quantità di incantagioni, sortilegi, giochi bestiali ed ereticali.
Che in luna di ultimo quarto hanno esse confessato le violenze, i venefici, i danni infiniti le infermità incurabili alle persone, agli animali. In luna nuova di settembre la distruzuone dei raccolti nelle campagne mediante la sollevzione di venti e tempi impetuosi."
A Mercuria e Domenica vengono tagliati i capelli, inequivocabile segno di appartenenza al campo brujo. Due secoli prima lo avevano già fatto a Giovanna D'Arco. Dice Mercuria che sono state Domenica e sua figlia "a insegnarle come diventre una strega, trattenendo l'ostia consacrata sotto la lingua dopo la comunione e imprimendole il marchio del demonio sulla spalla". Più che alla Milady della corte di Re Sole, marchiata nella spalla con il giglio delle prostitute, domenica Chemelli somiglia alle donnette che accusano Julia Carta al Sant'Ufizio di Sassari. Mercuria e Domenica vengono torturate. Buoni tratti di corda, appese per le mani e anche l'uso dei sibilli, cunei di legno fra le dita. "Sotto tortura Mercuria ammette di essere una strega". E' andata al sabba "con altre donne dei dintorni". Ha "particato guarigioni con unguenti satanici e polvere di ossa di morto". Sostiene inoltre, altra situazione tipica delle camare del tormento, di aver avuto rapporti con uno stregone, tale Delaito. Mercuria ha compiuto il proprio dovere di delatrice e viene rilasciata. Lucia Cavaden invece, figlia di Domenica, che ha raggiunto la madre in carcere e come lei è stata rasata - la sorte delle collaborazioniste di nazisti e fascisti - torturata, confessa. Nè poteva fare altrimenti. Racconta di come lei e altre brujas "stregarono tal Cristoforo sparamani trasformate in gatti si inoltrarono nottetempo nella camera da letto del malcapitato e lo cosparsero con un unguento dato loro dal diavolo in persona, poi, riprese le sembianze umane, si diedero ai festeggiamenti con pietanze sottratte alla sua cucina, pane formaggio e un boccale di vino. Il diavolo spesso si univa a loro in questi festeggiamenti sia sotto sembianze umane sia in forma di capra". Quasi le stesse parole che dissero all'inquisitore, sotto tortura, le brujas nell'autodafè sassarese del 1583. Lo stesso diavolo e le stesse situazioni, a tratti la stessa Valle dell'Inferno. Sedini e Nogaredo a un tiro di voce. Lucia e Domenica sono di ceto sociale molto basso. Si recano spesso alla corte dei Lordon a vendere gamberi pescati nell'Adige. Tipica condizione. Anche le donne di Cadone, rione bassissimo della Barbagia, andavano a vendere trote e anguille ai signori. Vendevano il pescato, l'unica risorsa. I loro uomini non avevano nè arte nè parte. Sapevano solo pescare nel fiume, a mani nude. Sotto tortura Lucia racconta e confessa. Vengono così incarcerate altre donne delle giurisdizioni di Castel Noarna e Castellano. Si chiamano Zenevra, Caterina, Benvenuta. Vengono torturate. Stremate, le brujas "ammettono tutto cio' che i giudici metono loro in bocca: escono così altri dettagli sui sabba, ricette di pozioni magiche, eccetera eccetera". Il processo si tiene a palazzo Lodron, i signori e i podestà del paese, che sono anche coloro che più vogliono pene esemplari. Le torture e gli interrogatori delle streghe di Nogaredo durano un anno e molta gente coinvolgono, "decine di persone di tutti ipaesi della Vallagarina". [...]
Nella fase finale del processo entra in scena l'avvocato difensore Marco Antonio Bertelli di Nomi. Sembra un personaggio da cinema, Kirk Douglas nella parte del colonnello Dax che tenta di salvare dalla condanna tre suoi soldati, estratti a sorte, da fucilare come esempio dopo un fallito assalto nella trincea nemica, nel campo di nessuno. Inutilmente. Il difensore Bertelli "mette in evidenza come gli interrogatori siano stati eseguiti scorrettamente; fa sottoporre a perizia medica le donne dove risulta che non portano segni diabolici sul corpo". Altrove bisognava cercare l'opera del demonio. Sempre Bertelli fa notare come le colpe attribuite alle brujas siano di gran lunga inferiori rispetto al loro essere "fragili, imbecilli nell'intelletto, ignoranti, credulone e facilmente soggiogabili". Inutilmente. "Nonostante le tesi sostenute dalla difesa, i Lodron vogliono dare un esempio di fermezza". Domenica, Lucia, Zenevra, Caterina, Benvenuta e altre sono dichiarate colpevoli e "condannate alla decapitazione e successivo rogo".
Nelle Giare, luogo a questo effetto destinato, gli sii tagliata la testa dal busto, a tale che se ne morino e le anime loro si separino dalli corpi; e inoltre gli cadaveri di quelle siino abbruciati e le reliquie sue in dette giare seppellite ad esempio d'altri.
"13 aprile 1647, noi Paride Madernino, giudice delegato,
visto il processo coi testimoni esaminati dove manifestamente si comprova il corpo dei diversi delitti per essere stati commessi
viste le dottissime difese per parte delle dette rappresentate
viste finalmente le cose che devono vedersi
e considerate quelle che devono essere considerate
avuto il parere decisivo dei molti illustri e chiari signori comissarri di questa giurisdizione affinchè non abbiano a gloriarsi delle loro pessime opere ad esempio di altri
in via definitiva
sentenziamo e condanniamo Domenica Chemelli, Lucia Cavaden, Domenica Polonia Graziadei, Caterina Fitola, Ginevra Chemola, Isabetta e Paolina Brentegnani."
Il giorno seguente, 14 aprile 1647, in località Giare, la sentenza venne eseguita dal boia Ludovico Oberdorfer di Merano. Tutt l popolazione di Nogaredo fu costretta ad assistere, "pena un'ammenda di 25 ducati a persona". Nel processo venne incriminato anche un uomo, Santo Graziadei, che morì in prigione nel 1651.
I corpi delle streghe furono bruciati, i resti seppelliti alle Giare, terra maledetta, i beni confiscati.
Da "Brujas, storie di streghe" Natalino Piras
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