venerdì 22 marzo 2013

Breve storia delle maschere

maschereAffascinanti, spiritose, terribili.. Avete mai pensato a come possa essere nata la tradizione delle maschere del nostro Carnevale?
Si tratta di un'usanza antica come il mondo, basti solo pensare all'uomo preistorico (e ad alcune comunità indigene tutt'ora soppravvisute in alcune parti del mondo) che ne fece l'utilizzo che tutti conosciamo: la propiziazione della caccia e i riti religiosi.

Furono proprio questi riti a dare origine alle prime rappresentazioni teatrali.
In modo particolare, l'uso delle maschere giunge proprio da una città italiana, Atella, situata nell'dierna Campania.
In effetti, gli abitanti di Atella erano famosi per essere attori ambulanti: proprio loro resero famosi diversi personaggi delle commedie latine; tra i più famosi ricordiamo il Miles Gloriosus (il soldato spaccone), Pappo, Bucco...
La consuetudine di utilizzare maschere durante le cerimonie religiose esisteva anticamente anche in Grecia
Grazie al contributo di alcuni grandissimi scrittori, queste rappresentazioni religiose si trasformarono gradualmente in rappresentazioni teatrali.
A questi antichi attori le maschere greche offrivano diversi vantaggi. Grazie alle maschere un attore poteva sostenere diverse parti; inoltre gli attori maschi potevano sostenere parti femminili, dato che alle donne non era permesso di recitare nei teatri.
I lineamenti della maschera erano adatti al personaggio che l'attore doveva rappresentare: in questo modo si aiutava lo spettatore a distinguere i personaggi e a capire meglio la trama.
Infine la maschera era più grande della faccia dell'attore e in questo modo riusciva ad amplificare la sua voce.
Nel Medioevo si diffuse in tutta Europa l'uso di fare grandi e festosi cortei mascherati, che percorrevano le vie delle città. Durante il Carnevale medievale l'uso del travestimento permetteva di abbattere le barriere sociali della ricchezza e del rango: in questo periodo dell'anno il ricco, mascherato da povero, poteva permettersi certi comportamenti non concessigli nella vita quotidiana ed il povero, travestito naturalmente da ricco, poteva accedere a luoghi di solito proibiti ed avvicinare persone inaccessibili.
La città in cui più si diffuse questo modo di festeggiare il Carnevale fu Venezia. Maschere e travestimenti venivano utilizzati per festeggiare ogni occasione, come l'elezione del Doge, l'arrivo di un ambasciatore o una vittoria in battaglia.
Le maschere, oltre a rincorrersi per le tortuose calli, potevano esibirsi sui palchi o sfilare in Piazza San Marco, sotto gli sguardi di un pubblico esigente e critico, seduto su poltroncine o panche sistemate per l'occasione.
Assieme a giocolieri, burattinai, mangiatori di fuoco, c'erano maschere di tutti i generi: turchi, arabi, demoni, streghe, animali.
La Bauta, la tipica maschera veneziana, si diffuse nel '700. E' una mantellina o cappuccio di merletto, pizzo o reticolo che copre la testa e le spalle. Sul viso si usa una mascherina di seta, velluto, tela o cartone e in testa un tricorno (cappello a tre punte) nero.
Infine occorre un mantello in seta o panno nero o rosso e a scelta ornato con galloni e nastri.
La Bauta non doveva essere troppo particolare o personalizzata, perchè deveva garantire l'anonimato.
Verso la fine del XVI secolo, in Italia si diffuse la "Commedia dell'arte", che utilizzava le maschere italiane, cioè personaggi che ricomparivano in ogni commedia con lo stesso nome, lo stesso costume, lo stesso trucco o maschera, lo stesso linguaggio e soprattutto lo stesso carattere.
Questi personaggi, come Arlecchino, Pantalone, Colombina, il Dottor Balanzone, Pulcinella divennero famosi in tutta Europa.
Il declino del teatro delle maschere iniziò nel XVIII secolo, quando autori come Carlo Goldoni abolirono le loro avventure grottesche e ridimensionarono il loro ruolo, riducendole a figure di contorno.
Scomparse col tempo dalle scene dei teatri, le maschere sono sopravvissute soltanto nelle feste e nelle mascherate di Carnevale.

Monica Taddia

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