mercoledì 16 ottobre 2024

Echi di voci piemontesi - Racconti di Candiolo (TO)

Dopo la serie di leggende e versi raccolti a Cavour, in provincia di Torino, passiamo a queste testimonianze raccolte tra aprile e maggio del 1999 a Candiolo da Sara Aliberti. Buona lettura!

 

BOTTALE TERESA, anni 84 (nata a Candiolo, residente a Torino)

Per via della malattia non c’era più nessuno che andava (ai funerali),ma c’è sempre stata la 1^, la 2^ (categoria), quello che poteva un po’ di più... I bambini dell’asilo andavano a tutti i funerali.

Una volta c’era uno vicino a noi ,e noi andavamo a vedere, a sentire cantare, c’era la radio che girava,questo qui è arrivato con un mantello bianco, che fifa che abbiamo avuto allora! Si è messo un lenzuolo in testa e poi viaggiava per la campagna ma noi non sapevamo più dove andare...avevamo paura di lui,ma non sapevamo che era lui, tutti insieme non è che eravamo tanto allegri,abbiamo saputo che era lui quando è poi arrivato col suo lenzuolo.

Quella suora lì era morta, dopo la gente è andata al camposanto,io non so chi c’era,ma c’erano solo fie (ragazze), dicono che sentivano gemere e dicevano"Suor Augusta , desidera bene o male?" "Bene". Allora sono poi andati lì e l’hanno tolta dal camposanto ,per forza, e c’erano tutte le autorità lì, poi lei era morta,non faceva mica niente.Io non so chi ci fosse stato lì e chiedevano sempre "Suor Augusta, desidera bene o male?" Le dicevano così: "Desidera bene o male?", e lei diceva" Bene", allora l’hanno dissotterrata e poi alla fine è ancora morta adesso, là nel camposanto, ma l’hanno proprio dissotterata,era una domenica , era pieno di gente il camposanto,sono andata anch’io.(L’hanno fatta dissotterare perché)tutti chiedevano, lei non so, non ho sentito che rispondesse,ma gli altri sentivano rispondere, e rispondeva sempre"Bene",aveva fatto scuola a me quella lì.

Tumà, lui aveva la tomba e metteva sempre le bottiglie lì così(al fresco nelle tombe),gli portavano le bottiglie, così, lui faceva tutto, sono quei facchini che fanno tutto,basta solo che possa prendere (soldi) poi gli portavano lì da bere, lui li metteva lì, dentro i morti, proprio dentro, poi quando aveva voglia beveva.

(C’erano delle persone) con le gambe larghe, ma allargavano le gambe da una strada all’altra,non so chi erano,io non li ho visti, è la gente che lo diceva,erano gente grande grande con le gambe larghe e stavano lì e loro non andavano avanti perché avevano paura.Io non li ho visti di sicuro,sono tutte leggende che dicono,non credo(che li abbiano visti)...con vestiti lunghi,larghi,(vestiti)di bianco,tanto bianco,bianco sì, chi è che passa lì, sotto quelle gambe lì, che avevano già paura solo a vederli …,e non andavano ,(stavano lì)per spaventarli.

(Prendevano) quelle bestie lì ,le legavano perché avevano paura, poi le portavano nella stalla e la mattina quando si svegliavano dicevano che erano persone;(la sera vedevano sia persone che animali poi li portavano nella stalla) e dopo la mattina vedevano che non erano loro,non erano quello che avevano preso,erano legate là, e dopo li conoscevano che non erano quello che avevano preso(rimanevano nello stesso posto però cambiavano aspetto)erano tutti animali come capre,pecore,tutta roba così,cani no,tutta roba da stalla , ecco,così,io non ho mai visto niente.

Io ho visto solo zia Maria quando era andata da zio Berto,andavano nel bosco perché zio Berto andava sempre nel bosco,c’era un ponte grande alle Risere (zona di Candiolo, un tempo adatta alla coltivazione del riso), c’era la pera (pietra) per attraversare ,è andata giù, a casa non aveva nessuno, era gelata, dura, lei il giorno prima aveva versato la bottiglia dell’olio; perché la bottiglia dell’olio porta male eh ,di’ quello che vuoi!

Il sale anche dicono (che porta sfortuna), ma il sale non è che lo versi,invece l’olio (capita più spesso).

La domenica prima del matrimonio la ragazza si vestiva da festa , zia Rita ad esempio aveva il cappotto blu scuro,qualcosa di nuovo. C’era la zoccola, non le scarpe, perché c’erano proprio le zoccole, si tiravano le zoccole, così ,se andavano fuori si sposavano, se la punta era verso dentro no. Si era nella stalla,si tiravano nella porta per andare fuori,ma se la punta andava là andava bene,ma se girava di qui non andava bene.Si faceva al primo dell’anno, eravamo tre o quattro, io non mi sono accorta (che funzionasse).

Per andare a None c’era un palazzo, lì dice che c’era la fisica, c’era qualcosa che non andava,la gente aveva paura. E’ andata gente lì dentro, ma si sentiva rumore; so che quel castello lì c’era,però non so.

Dove abitavamo prima c’era uno,che poi è morto,c’è ancora sua nipote; aveva i lampadari che si muovevano, e le tende (che si muovevano), e quello non è di una volta,(è successo) quando c’ero ancora io là, metti 60 anni fa, e lui era solo.

Io ad esempio racconto questo, ma questo è vero. Io quando mi sono sposata avevo ventun’anni e sono venuta qui a Torino in via Passo Buole , e papà andava a lavorare la mattina alle tre e mezza, quattro, e io avevo paura,non che avessi paura ma ero sola, capito?, allora quando nonno andava via io mi sedevo sul letto,prendevo la lampadina, allora c’erano ancora le lampadine, ancora così da vicino al letto, e stavo lì, quando nonno andava via uno veniva, apriva la porta, non so chi sia, l’ho sempre visto ma non so chi è, apriva la porta piano, piano, piano ,aveva un bunet (cappello) a quadretti bianchi e neri, ma mai che mi abbia detto qualcosa,io stavo immobile,non che lui mi facesse star ferma,lui veniva giù,io ero nel letto diritta,lui veniva giù perché c’era il corridoio lungo, teneva il gabinetto,la stanza e la cucina,lui veniva lì e s’inginocchiava di fianco a me,proprio di fianco a me e stava lì,non mi diceva niente e io non so come facevo, io accendevo la luce e la luce era sempre spenta,lo vedevo lui perché non so come sia...e non riuscivo a accendere la luce, niente, perché io volevo vederlo ma non potevo vederlo...ma sempre vestito uguale, ma non è che è venuto solo due o tre volte, ma tante volte, perché io dopo di lì sono andata fino in via S. Secondo dove mi son fatta benedire, dopo abbiamo dovuto traslocare e, non so se era quello o cosa, ma quando quello lì andava via e mi svegliavo...non so (se era uno di quelli che faceva la fisica) perché lui non mi ha mai detto una parola, non ha mai parlato, toccato; e a chi andavo a dirlo?, stavo ben zitta (non sapevo se altri avevano le stesse visioni) perché allora sì che parlavi, e tenevi tutto lì. Nonno lo sapeva che veniva, ma cosa vuoi che dicesse? Eravamo più alla buona,hai capito come eravamo?Pensava che non fosse niente , ma per me era dura perché, sai, quando ti svegliavi avevi il cuore che batteva.C’era persino la signora di sotto,la padrona ,che diceva che ero dimagrita ,e per forza!

Per i vermi c’era una che pativa tanto i vermi e quando è morta le sono usciti fuori dalle orecchie,dal naso, una che abitava vicino a noi a Candolo,da morta si è slegato il nodo e le sono usciti fuori.Io non li ho visti (i vermi)ma c’erano,ma c’ero io,non è che sia una cosa vecchia,vecchia,vecchia,c’è ancora sua figlia e sarebbe la sorella di quello che vedeva tutte le cose muoversi; le boie si sono sviluppate, e sono grosse perché ce ne sono certe che gli vanno giù per di dietro e bisogna che gliele tirino.Una volta quando si aveva i vermi si andava ad Orbassano,ad Orbassano c’erano le pastiglie grosse così ,come un cento lire, non so se c’era solo quella farmacia lì, e poi passavano.(Per sapere se c’erano o no) zia Rita li segnava,prendeva un piatto e ci metteva l’acqua,poi pregava,ci voleva la rista ,ci volevano proprio i fili di rista e pregava,non so cosa diceva,più che Pater e Ave non diceva,ne metteva uno(filo) di qua,poi diceva un Pater,ne metteva uno di là… poi se ce li avevi tirava su e venivano su tutti attorcigliati,se non c’erano i vermi stavano fermi,se avevi i vermi si arrotolava tutto quel filo lì e veniva su. Dopo c’era Anna, c’era anche Anna, li segnava già la cognata di zia Rita, non credo che( fosse necessario tramandare di madre in figlia).

Quando ti fai male che batti un colpo prendi un uovo, solo il bianco ,e lo sbatti bene bene ,e viene una schiuma,poi prendi una tela,lo involti lì così, poi lo metti dove ti fa male e ci viene la carta geografica ,viene tutto il sangue ,e quello tira talmente il sangue che viene una cosa che fa pietà, io ho provato.

C’era una per andare a Vinovo,quella lì era per mio papà, quando avevamo male andava lui e andava fino là, poi veniva a casa, e gli faceva la risposta .

Per farsi segnare i vermi bisognava stare coricati, anche Anna quando me li segnava mi diceva: "Coricati, io te li segno" perché da diritta non si può(uno può essere anche lontanissimo,funzionava sempre).

Quella lì guariva, ma era una meisinoira (guaritrice), che papà andava ,ma se non andava anche fino là tanto diceva "Tanto so già cosa dice, un Pater,un Ave", ma ce n’è che vanno dalle meisinoire, noi non andavamo,ma noi non abbiamo mai avuto niente,siamo sempre state bene.

Per fare andare via il singhiozzo bisogna stare diritti, prendere tre dita così, metterle sui ginocchi, nonno mi ha sempre detto tre(dita), stai lì un po’ così,un po’ bisogna stare,non so, due minuti o cosa,poi ti alzi e non ce l’hai più,la schiena bisogna che si curvi,poi stai lì due o tre minuti, poi ti alzi (è indifferente se il ginocchio è quello di sinistra o di destra).

MAINA ANNA, anni 55

Io so solo che andavamo al Mulino a lavare, le donne, e che andava un uomo dietro i cespugli e usciva fuori che era un animale,era un leone,era un lupo,era...però non faceva niente alle donne,stava solo lì, si trasformava così, io non sono mai andata.

Poi c’era uno che quando passavano le donne voleva vederle nude e lui le vedeva,però io non lo so,dicevano che era il farmacista di Candiolo ,sai, aveva le medicine, prendeva le medicine e poi...

Al Cimitero al due di novembre si dice il rosario alla sera ,però tutti chiusi in casa perché c’era la processione, i morti uscivano fuori, tutti vestiti di bianco, e facevano la processione per Candiolo.

Faceva la fisica e si muovevano i lampadari, i mobili si alzavano, però non so chi era,so solo che si muovevano.

(Per guarire i vermi) però non so se è vero, però ho sentito dire che mettevano la mano sullo stomaco,la mano tremava e sapevano se avevano i vermi o no.Una volta quasi tutti segnavano i vermi e queste cose lì. Prendevano il piatto con l’acqua dentro,poi col filo,con lo spago, tagliavano nove pezzetti di spago poi li mettevano in croce facendo il segno della croce,dicendo le preghiere,c’era la preghiera da dire,poi la persona doveva essere coricata,c’era tre volte di seguito da segnare,due volte in un giorno e una volta in un altro, però bisognava crederci.(C’era altra gente che li segnava in altro modo)io ho sentito dire che dicevano che segnavano con l’olio, col riso, sapevano se erano per traverso o cosa, io non lo so.Anche i fili li dovevi mettere in croce poi,se stavano per diritto si vede che erano per diritto, quand’era nell’acqua si muoveva il filo però io ho provato una volta senza segnarlo a nessuno,il filo si muoveva lo stesso, e allora di lì non ho più creduto,anche perché ti dicono "Segna le boie/i vermi a mio figlio", se io tuo figlio non lo conosco come fa?, se ci pensi puoi farglielo a tutti alla fine,ma non riesci,è per quello che bisogna proprio crederci a quelle cose lì,e poi magari dopo due o tre giorni anche se non lo facevi, quel lavoro lì, passavano, e allora tutti sicuri che sei te che gliel’hai fatto, allora ero una santa no, no, lascia perdere. Mia mamma lo faceva,la nonna lo faceva,doveva essere tramandato con la figlia,sempre femmine(se una non aveva figlie femmine) finiva lì . Almeno quella tradizione lì la lasciamo stare, ma poi tanto non c’è più lo spago che(va bene), che ci andava lo spago fine che non era mai stato lavato e adesso non lo fanno più ,perché una volta c’era la fabbrica qua a Candiolo che facevano il filo apposta per fare (le collane) perché era fine per le collane,facevano tutte le collane una volta qua,le perle, e allora una volta il filo era proprio fine e allora andava bene, adesso non c’è più quel filo lì, e allora neanche per i vermi.

(Il metodo di far passare il singhiozzo con le tre dita sul ginocchio) era il nonno che lo faceva, che teneva il fiato, ma lo dicevano solo così (non lo facevano altri), però quando avevi il singhiozzo bevevi un po’ d’acqua,tenevi il respiro;poi c’era il grasso delle galline per dartelo sulle mani quando le avevi screpolate, una volta le galline erano belle grasse, si prendeva il grasso,si teneva nel frigo, poi quando venivano d’inverno le mani screpolate ti davi quello.

(Per far passare l’infiammazione)il bianco dell’uovo sbattuto nell’acqua, lo sbatti bene che viene quasi come schiuma,metti una tela ,è come una crema.Poi c’è l’uovo da darsi in testa per la forfora con un po’ di petrolio assieme,ti rinforza i capelli; acqua e zucchero per lavarsi gli occhi quando avevi l’infiammazione agli occhi,tutte quelle cose che a volte le fai ancora,però la medicina è un’altra cosa.

Non so che giorno era ,c’era un giorno particolare,dovevi andare fuori dalla porta di casa,tirare la scarpa,se la punta della scarpa ti veniva davanti alla porta diritta allora ti sposavi entro l’anno,se no dipende da come si girava,c’era un anno, due o tre ,io non ho provato.

Mi ricordo solo del cavallo bianco che con gli zoccoli batteva (alle case della gente) ma...

(Passava)la diligenza, non si fermava mai a Candiolo perché c’erano i ladri,Candiolo era un paese di ladri,non c’era ancora il treno.


SUPPO EUGENIO, anni 58

Dopo tre volte che la civetta batteva alle finestre di notte si pensava che qualcuno spariva, poi, moriva!; si chiudevano quando era così, per non sentirla,comunque...


MORELLO MICHELE, anni 90

A Candiolo c’era la guardia, la chiamavano Vergini,faceva il fantasma, di notte era un cane grosso e girava , era nero, e al mattino era un uomo,era un fantasma (funzione di spaventare).

Io te ne racconto una bella: a Candiolo c’era alla notte due donne ,ma belle, e giravano… fantasma! erano due cavalli ,una bionda e l’altra bruna, e giravano (erano donne e insieme erano anche cavalli) facevano (nitriti) come i cavalli, al mattino erano due donne (i cavalli erano uno bianco e l’altro nero),spaventavano la gente.

C’era uno che si chiamava Garetto, andava dentro a un fusto pieno di vetri ,a Candiolo, e poi lo facevano girare, e lui usciva e non aveva un buco né sangue,era un fantasma ,(abitava)un po’ fuori del paese,(era un maschio),uno da sposare (scapolo), l’ho visto io,(lo faceva)quando voleva.

Vergini era la guardia comunale,faceva il cane,cane nero ,alto così(1 m circa),lui era un uomo che pesava novanta chili. Faceva la guardia municipale,faceva il cane di notte,la gente lo vedevano, l’indomani faceva il suo lavoro in Comune,la gente stavano zitti.

Nelle stalle (c’erano) ragazzi e ragazze,alla sera prima (della veglia) si faceva la preghiera,gli uomini andavano vicino alle bestie in ginocchio davanti a pregare, e le donne sotto il lume della luce,dicevano il rosario, poi si filava col fuso,le ragazze ognuna faceva il suo lavoro,una faceva la sarta,l’altra la maglia,dopo il rosario si cantava, eravamo quindici, venti, trenta, si faceva a turno, Candiolo tutto in una cascina.


FICETTI PAOLA, anni 77

Si dice che c’era una capra bianca,era in via Solferino,dove c’era il mulinè, la chiamavano via Freida (via Fredda) e dicono che vedevano sempre una capra bianca ,invece cos’era, ma?(Non so se era di giorno o di notte) però sarà stato di notte perché di giorno...

Poi avevo un moroso che veniva a trovarmi allora,dice che quando veniva a casa arrivava alla Chisola e dice che aveva visto due grandi in bici, però io dicevo "Ma... se lo sarà inventato!", e difatti aveva talmente paura quello lì poi che veniva in treno!(Non so com’erano vestiti).

Parlavano dei Fra’ Masùn, lì alla Supeia (zona di Candiolo che prende il nome dall’antica cascina Ceppea, demolita per fare posto al Centro Tumori) ,dicono che c’erano i Frati Massoni che salivano sui coppi,ma io ero piccola.

Nel castello stava Fasan, dicevano che vedevano i fantasmi e il figlio più giovane non voleva più stare nel castello, son cose che senti dire, poi non sai come vanno a finire.

Una di notte dice che s’è vista una scrofa con tanti maialini vicini che accompagnava; di notte da dove usciva fuori? E pensare che lei era di chiesa ,più di così…,era una santa, non aveva bisogno...eppure dice che si è spaventata, ha visto ‘sta cosa lì con tutti quei maialini...

Usavano lardo e incenso per quando ti bolli le ginocchia, una volta si usava quello, invece del Lasonil, quelle cose lì.


BOTTALE GIACOMO, anni 82


(Suor Augusta l’avevano seppellita) e ascoltavano, così (qualcuno ha detto) "Parla, parla, parla", allora pregavano, c’era sempre una confusione di bambini, c’erano i bambini e i grandi, e andavano ad ascoltare se era viva o se era morta ,c’erano dei trapun (bastoni), han fatto un buco, davvero, ma non è più resuscitata.

Una volta anche lì,quando andavamo da Richetta,c’era il diavolo, cos’era, che faceva tremare le sedie,era una fissa che avevano loro,non so io,sentivano muoversi le sedie,rumori di notte,una volta c’erano quegli affari lì,(non si sa se avevano qualche potere strano),va a sapere, poi arrivava il prete a benedire le case e poi andavano via ,sparivano.

Non si chiamavano i Fra’ Masùn (ma) gli Spiriti Santi.


ALIBERTI MARIO, anni 80

Suor Augusta è morta,poi è stata messa nel terreno,nell’ultima lapide che c’è là in fondo, e dopo qualche giorno qualcuno dice"Ma qui si sente delle voci", allora prima il sindaco, poi il carabiniere,poi questo,poi quell’altro,il dottore, han deciso di dissotterrarla,quando l’hanno dissotterrata era una mummia(come l’avevano messa),finisce lì. Si diceva che sentivano delle voci,(non le parlavano) sentivano solo.

Alla Supeia,quella che han buttato giù per fare il Centro Tumori, dicono che c’erano i fantasmi e allora sono partiti, sono andati là,qualcuno ha toccato un quadro,è venuto giù il quadro ,e sono scappati tutti.

Gatti era un fachiro,quello l’ho visto anch’io, lo mettevano in una botte,lo facevano girare,una sera lì in piazza gli mettevano tutti i vetri sotto,bottiglie rotte,poi lui si è coricato supino e poi eravamo tanti giovani con un carro di Vianzino,gli abbiamo fatto passare il carro sopra allo stomaco, e lui coi vetri sotto è uscito e niente sangue.Poi un’altra ancora gli hanno fatto: gli hanno messo un masso grosso così sullo stomaco, poi c’era Vianzino...Poi l’hanno preso a rubare ,l’hanno messo in prigione e lui diceva "Spostavo solo le macchine da cucire",anche se le portava via, invece; è andato all’isola di Pantelleria,poi la moglie, lì, ‘sta moglie che era una convivente,l’ha sgozzato.

Garetto balbettava,Gatto era il fachiro.


DRUETTA MARIA, anni 75

Le famiglie più altolocate di Candiolo, una famiglia si chiamava Ghione,un’altra Petrinetto, Surra e Maina,erano nomi un po’...quando moriva qualcuno distinguevano il suono delle campane,per quelli lì suonavano più forte, allora il campanone suonava e la gente diceva "Ghione ,Petrinetto e Surra ,anche Maina, anche Maina".(Ai funerali) una volta c’erano le carrozze a quattro cavalli, due cavalli ,più bardati, meno bardati, i preti erano vestiti (a seconda che si trattasse di) 1^ categoria,2^ categoria, andavano i bambini dell’asilo con i grembiulini più belli ,o altrimenti niente.

L’ultimo dell’anno tiravano una ciabatta, una scarpa ,se andava girata verso fuori voleva dire che ti sposavi,ma se stava girata verso dentro non ti sposavi,ma son quei detti non solo di Candiolo, piemontesi sì ma...

La Santa di Volvera ,la chiamavano la Santa perché era una guaritrice,con i pullman arrivavano da tutta Italia,han fatto dei ristoranti,delle pensioni, ha arricchito Volvera e quando è morta ha fatto un lascito e hanno fatto il ricovero per gli anziani. Io son partita di notte da Candiolo alle due in bicicletta per zia Irene,per me non sarei andata perché non ci credo,sono andata per far piacere a lei,allora ho avuto una paura da morire,era buio,sono arrivata là che non erano neanche le tre e c’era già una coda...tutte transenne fatte di percie (bastoni a forcella) come in campagna perché era una cascina. Non sarà neanche vent’anni che è morta. Facevi la coda e passavi,andavi là,lei era là, seduta ,con un grembiulone nero,ma era più giovane di me(adesso), dicevano che vedeva la Madonna lei,e non ti toccava neanche,io le ho dato l’indumento,io adesso non so se una persona malata la toccava , e mentre diceva "Non è mica niente,vedrà che nella Novena...". Lei tutte le sere smetteva di lavorare,si faceva portare a Santa Rita e la chiamavano la Santa di Volvera,lei si chiamava Maria,ma venivano pullman e pullman da tutta Italia.

A Candiolo zia Rita segnava i vermi ed era conosciuta in tutto il paese, sono andata anch’io per Bruno,non lo so,metteva dei fili non di cotone, proprio canapa,rista,quella canapa che filavano le donne. Io ho una cugina a Saluzzo che lo fa, Rita, una volta mi aveva telefonato per chiedermi se avevo della rista che non ne aveva più niente e io ne avevo trovato (un po’)gliel’ho mandata su [MARIO: ad esempio quella rista che usano gli idraulici,quella lì è canapa]. Dovevano essere fili perché tagliavano pezzi di filo,li mettevano nella scodella,secondo come muovevano c’erano i vermi,ma se io volevo che passassero i vermi,Bruno li pativa tanto,andavo in farmacia a Orbassano che facevano loro una qualità di cioccolatini e glieli facevano fare.

Il giorno dei Morti, la notte ,uscivano i morti dal cimitero col dito acceso.


ALIBERTI ANNA, anni 86

Sono stata (a scuola) da Suor Augusta,era la mia maestra,poi è morta.Quando è mancata Suor Augusta hanno cominciato a dire che era viva nella tomba, e allora cosa hanno fatto ?Sono andati giù, hanno scoperchiato la tomba, e poi non era vero,comunque è stata anche una cosa un po’ brutta quella lì, perché, insomma, l’hanno disturbata praticamente (per niente) e invece non era neanche più da guardare.Era una persona che s’è messa in testa che passava di lì ,sentiva Suor Augusta che parlava, non so cosa diceva."Suor Augusta parla,Suor Augusta parla",allora c’era ancora don Bianco, o ancora l’altro prima,hanno chiamato la gente,quelli che dovevano chiamare,l’hanno aperta, poi invece non era vero.

Non ricordo chi segnava i vermi. Faceva mettere l’aglio intorno al collo,come una collana per curarli.

La sera uscivamo per la strada e allora andavamo tutti insieme,a quell’epoca non c’erano macchine,e andavamo fino alle Tampe (zona di Candiolo), non so, e allora si chiacchierava, poi si andava a casa a dormire.Una sera,è già morto anche quello lì,Meinardi,si è messo un lenzuolo addosso,questa è una cosa che ricordo bene,si è messo un lenzuolo addosso e arrivava dal cimitero.Io sono stata tre giorni male,adesso non mi spaventerei più,questo l’ha fatto proprio lui il fantasma; o altrimenti, quando eravamo per la strada, prendeva qualche cosa e la tirava nelle gambe,magari una scatola,una pietra,tanto per fare spaventare.

A Cantogno si portavano queste cose,anzi noi avevamo le bestie,allora si portava il cordone, poi si metteva attorno alle corna; là lo benedivano, poi, andati a casa, si metteva intorno alle corna per portar bene all’animale. Cantogno non è tanto lontano da qua, c’era una chiesa(e un prete benediva), Cantogno penso sia un paese, io andavo col birocc (carretto a due ruote).

Quando si sposava una ragazza,forse prima di andare in chiesa,non so se prima o dopo,allora si mettevano sulla porta e una scarpa che era facile da (tirare) la prendevano e la buttavano fuori,se la scarpa andava dritto aveva fortuna, se andava storto...Non era mica vero,(ma) una volta si faceva proprio,poi hanno smesso anche quello. Noi eravamo anche giovani che si sentiva quello.

La civetta non piaceva neanche a me. Io non so se è vero,però quando è mancato mio papà era proprio sulla magnolia lì, sembrava proprio che lo chiamasse,io sono stata male,si dice che (le civette) sentono l’odore della morte.


MAINA MARIO, anni 70

C’era una persona che non era lontana da noi e si vestiva con un lenzuolo e faceva spaventare tutte le coppie, diceva che era un fantasma,dopo parecchio tempo si è poi saputo chi era,un giovanotto che si divertiva.

Un’altra leggenda: alla Cascinetta ,che adesso si trova dove c’è il mattatoio,quella cascina è stata demolita, si parla di inizio ‘900, e dicevano anche lì che c’erano delle masche, ma allora è una diceria, praticamente: quando non si poteva pagare l’affitto si studiava sempre (il modo per non pagarlo) ;e da Candiolo un sacco di persone facevano le corse per andare a vedere e non le vedevano mai,e una sera mentre salivano per una scaletta, c’era un fascio di rastrelli di legna, qualcuno l’ha toccato, lì, è caduto,pim, pum, pam, è caduto sulla testa di qualcuno."Le masche ci sono,poi sono scappate" (dicevano).

Poi c’è un altro fatto,si parla di una persona che dicevano che praticamente era un massone che si trasformava in cane,però anche lì era un brav’uomo, solo che le donne si spaventavano,lo vedevano,lui andava a passeggiare con un cane, allora a volte il cane correva davanti, vedevano solo lui, e allora...lui era una persona abbastanza buona.

Questa qui era di giorno,che le lavandaie andavano a lavare al pascolo,nella zona del pascolo,c’era un lavatoio e lì andavano a lavare perché c’era l’acqua un po’ più tiepida d’inverno,allora questo qua al pomeriggio faceva la sua bella passeggiata con un cane ,e alle volte aveva un cappello abbastanza grosso in testa e praticamente vedevano il cane,poi non lo vedevano più e allora...(pensavano fosse lui che si trasformasse).

Poi subito dopo la guerra era venuta fuori la storia della "crava bianca"(capra bianca). C’era un cane alto così, bianco, che di notte riusciva a uscire, e di notte, che c’era ancora l’oscuramento , non era ancora tutto illuminato come adesso,allora era venuta fuori quella battuta che diceva "Ambrassme sciass ch’a je la crava bianca" ("Abbracciami stretto che c’è la capra bianca") , detta dalle coppie di innamorati.

C’era una donna qui a Candiolo che dicevano si trasformava,che una notte han detto che hanno dato una legnata a un gatto e il giorno dopo questa signora l’hanno vista col braccio al collo. Ma si può credere a una cosa del genere? Sono racconti di fantasia,come quello delle masche alla Cascinetta.

Io mi ricordo quando ho finito l’asilo che sono andato a fare la prima o la seconda elementare, c’erano sempre dei ragazzini che ogni tanto (dicevano) "C’è il diavolo in chiesa,c’è il diavolo in chiesa, è lì col fazzoletto dietro le candele"; sa, la candela illumina un po’,fa le ombre,allora c’era il canonico Perlo che era viceparroco,prendeva tutti i bambini,una volta ero andato anch’io, ci faceva dire un Padre Nostro e un’Ave Maria e le masche finivano, tutta fantasia.

Quando hanno fatto disseppellire Suor Augusta mio padre è andato lui a tirarla fuori. È morta di morte improvvisa, e un pomeriggio passa di lì uno vicino al cimitero, e allora c’era ancora paura di andare vicino al cimitero, era uno di quelli lì un po’ più paurosi. Magari ha sentito un rumore e ha detto che ha sentito una voce ,e dato che avevano appena seppellito lei,l’hanno dissotterrata,ma l’han chiusa molto in fretta di nuovo.

Quando si parla della Cascinetta si parla di prima della grande guerra,1910-1912 più o meno, la storia era tutta qui, non ricordo neanche chi c’era in cascina in quel periodo.Erano tutte balle, inventano le cose, come dicono a un bambino "Non uscire che c’è questo, o quell’altro". Sì, a Carnevale magari c’era qualche scherzo, qualcuno camminava coi trampoli,ma era Carnevale.

Gatto,il fachiro, l’ha ammazzato sua moglie con una martellata in testa, poi gli ha tagliato la gola.Ma di quello lì c’è una storia perché da bambino nel periodo del Fascio l’avevano mandato al confino, poi lui è tornato, è venuto a lavorare da noi, allora i Carabinieri venivano sempre a controllarlo e gli facevano anche passare,l’ho visto io, far passare sui vetri, si faceva passare il carro sul corpo ed era un fachiro perché a casa sua aveva tante tante bandierine .Una volta lavorava per i Capannoni,piantava un chiodo nel pene, poi tirava e non sanguinava,aveva delle doti.Una volta è arrivato a casa mia,difatti noi avevamo un po’ paura,quando veniva a casa mia mi nascondevo,perché è arrivato una volta in casa e mia mamma faceva il bucato e lui è arrivato lì, ha preso me e mio fratello di brutto e ci ha buttati nell’acqua gelata fino qua (al collo. Diceva:) "Gli zingari fanno così",perché poi la sua storia è cominciata quando è arrivata una carovana di zingari.Ha cominciato a seguirli e ha girato il mondo.

Si aveva paura del gufo,della civetta, dicevano che portava male,specialmente ammazzare una civetta portava male,quelle cose lì, il gatto nero che attraversa la strada, alzarsi col piede sinistro, ma io non ho mai notato la differenza, o mettersi la maglia al rovescio, quelle stupidaggini che si usano ancora adesso che purtroppo qualcuno ci crede ancora: "Oggi va male perché ho versato il sale" o che, sì, portava male perché il sale era difficile da pulire e l’olio costava caro.

Una volta qui eravamo molto devoti alla Madonnina,tutte le spose,tutte le mamme.

Nei paesi si affidavano molto alle meisinoire. Qui a Candiolo proprio non ce n’erano, si andava dalla meisinoira a Tetti Grella, perché poi dalla madre si tramanda alla figlia e via dicendo.A Orbassano c’era Oitana che metteva a posto le spalle, le ossa fuori posto. Qui a Candiolo c’era una signora che però anch’io mi portavano ma... Praticamente erano delle donne che inventavano qualcosa, volevano fare qualcosa e ad esempio facevano mettere il lardo con l’incenso anche per i denti; per le boie ,i vermi, ti facevano mangiare l’aglio. Li segnavano,mettevano un affare lì nell’acqua.C’era ancora una che mia moglie ha portato i miei figli a farli andar via, ma se non andavano in farmacia a prendere le pastiglie...Mia mamma diceva "Vai che te li segna".

Si era arrivati ai pellegrini a pagamento (che portavano un indumento del malato ai guaritori).Ma già mio papà e mia mamma a queste cose non credevano.Però parecchie persone si sono rivolte a Torino proprio da maghi, fattucchiere, e a un certo punto gli traviavano anche la memoria ,li danneggiavano. Di una persona molto vicina so che ha un certo punto ha dovuto smettere perché gli avevano fatto vedere una cosa talmente brutta che è impossibile che potesse essere, lui è stato sempre forte, ha voluto provare anche questa, poi ha detto "No, qui non si può" perché lui voleva sapere chi era quella persona che gli aveva fatto il male, è andato fino a un certo punto, poi si è fermato. "Non vado oltre, perché su questo è impossibile".

Una volta c’era anche la faccenda degli zingari, e quella era una credenza, non che rubassero i bambini, perché potevano anche rubarli, ma se riuscivano a fare qualche spregio ai bambini li facevano, ad esempio, non so, come fare mangiare qualcosa per metterli a disagio da poter poi dopo loro lavorare in quelle case, andare lì a rubare.(Li dovevano prendere per fare questo) e purtroppo una volta è successo, hanno trovato un bambino che l’hanno nascosto e per una mezza giornata non sono riusciti a trovarlo; lo hanno poi trovato proprio come le galline, sotto il grembiule, se lo portavano sempre dietro, come l’hanno messo lì non si sa, un bambino piccolo, e da quel giorno quel bambino lì non è più stato bene, non si sa, han fatto delle cose molto, molto strane, proprio molto, ma molto strane. Proprio davanti a loro non sono stati più capaci a trovarlo, esce fuori col bambino ed è sparito il bambino. Dopo parecchio tempo l’hanno trovato, ma lì sotto.

Dal castello che ho demolito io nel ’48, proprio a fianco della Chiesa, quello grosso, tutti (dicevano) "C’è una galleria, c’è una galleria che da qui collega al Col ... ,io cercavo,demolivo, ma non è mai esistita, sono cose che uno le pensa, le dice, e alle volte anche tu che hai ragione non puoi dire che non è vero, perché loro sono di più di te che gli fai toccare con mano che non esiste.

Una volta c’era anche quella chiacchierata che diceva che i preti facevano la fisica ,sono dicerie che possono arrivare da secoli e neanche dal paese (bensì) da fuori, chiacchiere venute così; specialmente Candiolo è stato un paese che aveva molti traslochi per il semplice fatto che venivano...nelle cascine,stavano un po’,poi andavano via, e arrivando da paesi lontani raccontavano delle storie che erano successe là, però povera castellana qui, che loro ne parlavano,era una povera castellana che è morta di tubercolosi e non la si avvicinava,avevano paura; quando usciva a prendere un po’ d’aria buona nel suo parco, le mettevano un velo per le mosche, la vedevano lì e la prendevano per un fantasma.

Secondo le dicerie facevano la fisica praticamente, non so, magari ti facevano ballare il tavolino, perché poi ce n’è state (di donne che si diceva facessero la fisica), una trentina d’anni fa erano ancora vive, una voleva avvicinarsi a una santa, un’altra dicevano che faceva la fisica, e si trovavano assieme e poi se n’è aggregata una terza, bevevano , erano tutte vedove, quando andavano a casa vedevi che stavano proprio in piedi come farfalle.Io mi ricordo di un fatto, fa ridere. Io ero nel cortile, arriva una ragazza ,va lì da queste signore ( e dice:)" Il mio ragazzo mi ha piantato" (ecc.), venendo fuori accompagnandola alla porta, io ho sentito questa frase " Guarda, fa una cosa: prendi il più bel gallo che hai in casa e la più bella gallina, li leghi assieme, poi arrivi qua, poi me lo butti nel cortile a rovescio (girata di spalle), senza guardare, loro stanno lì e si accoppiano e vedrà che lei ritorna col suo ragazzo". Ma io ho voluto vedere, la sera dopo. La ragazza è arrivata là e li ha buttati dall’altra parte, ma non ha senso una cosa del genere.

Come un’altra che si mette sulla pianta perché non so da chi sia andata che gli ha detto " Vieni qua che vedi passare il ladro che ha rubato a casa tua". Io arrivo una sera, su un salice grosso così vedo un affare bianco grosso così, "Cosa c’è là sopra?" (mi chiedo). Allora mi avvicino, conosco la persona, vengo via, vado su e per andare in camera mia passo da quella di mio papà e mia mamma. "Sei arrivato un po’ più tardi"(mi dicono i miei; io spiego, e loro)"Guarda, domani sera non esci più perché tu fumi e bevi e vedi le cose che non ci sono". Per fortuna che un’altra signora anziana l’aveva visto anche lei allora m’hanno poi creduto! Si vede che quella signora è andata da qualcuno che gli ha detto "Fa così e così" e lei era lì che aspettava. Poi si è messa anche lei a fare ’ste cose (per fregare qualcuno).

A Vinovo nel 1330 hanno trovato una Madonna, ha fatto due o tre neanche miracoli, ha salvato dalla peste, ha salvato dal fuoco dell’occupazione, è stata trovata e di lì l’hanno portata in Chiesa, è ritornata due volte lì sul posto, finchè non le hanno fatto una chiesa, quella di S. Bartolomeo che c’è lì adesso a Vinovo.

Nei boschi di Stupinigi è stata trovata da uno una Madonna e a questo qua, che abita a Nichelino, tutti i mesi gli compare e gli parla assieme.Il parroco gli ha detto "Sei pazzo", e l’ha anche trattato male.

Nel palazzo del Mago c’erano i frati e donavano il pane una volta all’anno ai poveri.Il palazzo del Mago lo chiamavano così perché era triste, era brutto, aveva sopra le abitazioni ,sotto era costruito come piccole cellette che avevano volte a crociera piccoline, muri spessi (più o meno come una cripta), e poi aveva all’ultimo piano, tipo granaio, degli oblò, era triste, e poi non poteva mai entrare nessuno lì dentro, essendo un convento. C’è persino ancora un affresco abbandonato.


FAULE ANGIOLETTA, anni 58

Ormai si nasce, diciamo, tutti uguali, ricchi e poveri, l’assistenza c’è per tutti, mentre invece cento anni fa non era così, perché i poveretti nascevano nella stalla ,e chi sopravviveva, per fortuna, riusciva a tirare avanti; i ricchi invece avevano la fortuna di avere il medico, perché il medico bisognava pagarlo, non c’era la mutua come adesso. Poi appunto c’era la tradizione, se nasceva una femmina si usava dire "Aj nasü tre lader" (nascono tre ladri) perché la donna bisognava fornirla di dote quando si sposava, quindi voleva dire che si portava via troppi valori, perché portava via tutto, però c’era anche il proverbio dalla parte opposta che diceva" ‘Na bun-a mare ‘d famija a cumincia cun ‘na fia" (una buona madre di famiglia comincia con una figlia). I proverbi di solito li prendevano da ambo i lati ,(prima) dal lato positivo, poi ,se non andavano bene, c’era sempre un lato opposto. Quando nasceva un bambino, la mamma per tre giorni era ben trattata, anche la poveretta, le davano il brodo di gallina, era già tanto, poi doveva cominciare subito a lavorare.La biancheria non si poteva lasciar fuori di notte assolutamente perché c’era il malocchio, purtroppo la miseria portava alla superstizione, allora quindi al malocchio si credeva moltissimo. C’eran le masche, ah! le masche! Qui a Candiolo poi c’eran diverse storielline sulle masche, vivevano qua nei boschi,ci sono delle storie, le abbiamo raccontate. Ad esempio, credendo nelle masche, il servan. Le masche erano folletti diciamo anche buoni, birichini, facevano gli scherzetti, portavano via, nascondevano, però in fondo eran buoni.Penso che la masca riguardasse la donna, era un po’ come la strega, perché masca deriva già dalla parola araba che vuol dire strega, quindi era vista in senso non proprio cattivo; invece il servan doveva essere un folletto cattivo perché veniva di notte,se la biancheria del bambino era stesa fuori poteva portar le malattie, quindi niente biancheria fuori, portava maleficio al bambino, infatti non si potevano tagliare le unghie perché anche lì i bambini piccoli avevano le unghie lunghe, nere, però non bisognava tagliarle, portava male. Bisognava battezzarlo il più presto possibile,anche se era inverno.Quindi il giorno dopo (la nascita) si portava subito a battezzare proprio perché lo spirito cattivo (non agisse), anche perché si credeva che se il bambino moriva prima del battesimo andava nel limbo, adesso l’hanno eliminato quello, però allora ci credevano quindi non li mettevano neanche nei cimiteri ma in un recinto a parte. Il giorno del battesimo la mamma doveva spegnere la candela perché la mamma rimaneva in casa, non andava in chiesa, quindi il bambino lo portavano in chiesa, lo battezzavano, la stessa candela che usavano per la cerimonia doveva spegnere la mamma a casa, perché altrimenti anche lì portava maleur, facevano bene attenzione (a portarla a casa accesa) ancora ai miei tempi. Poi cantavano le cansun, le classiche nenie "Fa la nana picinin che tua mama l’è andà a Türin"(fa la nanna piccinino che tua mamma è andata a Torino).

Riguardo la storia delle masche, qui ad esempio c’è quella di Giaculin ’d la goba (Giacomino della gobba). Lui era un signore, qui lo ambientavano nel paese, era un signore di Candiolo che aveva una bella gobba e andava tutti i mercoledì al mercato di Orbassano, passava qua dalla strada dei boschi,attraversava tutti i boschi e andava al mercato. Un mercoledì passa lì dove c’erano le arbrere, i pioppi, e di solito le masche abitavano lì sopra, sugli alberi, soprattutto sui pioppi, sarà perché era un albero abbastanza diffuso nelle nostre zone, quindi passa di lì e sente le masche cantare, che cantavano "Lunes e martes, lunes e martes" ("Lunedì e martedì, lunedì e martedì"), e lui per istinto canta e dice" E mercu ancur " ("E mercoledì ancora"), "Ma chisà chi a l’è che l’ha rangiane la cansun bin parei?" (Ma chissà chi è che ci ha aggiustato la canzone bene così?"), "L’è Giaculin ed la goba, gavie la goba!"(togligli la gobba). Come premio perché aveva aggiustato bene la canzone, sparisce la gobba e lui tutto felice arriva a casa senza la gobba. Un altro signore che aveva anche lui la gobba, dice "Domani provo anch’io". Passa anche lui dalla strada dei boschi, sente le masche cantare "Lunes e martes e mercu, lunes e martes e mercu " e lui pure dice"E giobia ancur"("E giovedì ancora").Non è piaciuta, non è più piaciuta."Chi a l’è che l’ha ruinane la cansun?" ("Chi è che ci ha rovinato la canzone?") "A l’è Giaculin ’d la goba", "Bitie anche cula ‘d Giaculin"("Mettigli anche quella di Giacomino"), così aveva due gobbe invece di una.

Poi qui c’era il castello, ad esempio anche lì era il posto adatto per le masche, bisognava fare attenzione perché dicevano che per le scale del castello ci fossero anche le masche di sera che andavano e venivano, sentivano dei rumori, magari erano i topi, però subito le masche.

Il fidanzamento non era come adesso che i ragazzi uscivano, per carità, quindi il matrimonio era deciso dai genitori di entrambi i ragazzi oppure quando erano un pochettino più evoluti si andava nelle stalle a fare la veglia e si adocchiavano un pochettino e quindi c’era tutto un maneggio per avvicinare queste ragazze, ad esempio c’era quella del faudal (grembiule). Il ragazzo di solito si sedeva lì in un gruppo a parte, guardava la ragazza che filava, perché le ragazze dovevano filare, oppure cucire per preparare il corredo, allora il ragazzo cominciava a dire" Mi vureria supatè stu faudal ,e faraje bin o faraje mal?" ("Io vorrei scuotere questo grembiule, farò bene o farò male?") allora, se la ragazza ci stava, accettava la corte, rispondeva e diceva"Se ‘d mal a ve smia ‘d fè stu faudal laselu stè" ("Se vi sembra di fare male sto grembiule lasciatelo stare").Questo voleva dire"Io accetto, però tu devi comportarti bene, altrimenti non ti sposo". Allora lì era già un segnale di avvicinamento,poi magari si parlava coi genitori, il ragazzo parlava coi genitori di lei, e qui interveniva il bacialè, il sensale del matrimonio, di solito era un estraneo che faceva quello per mestiere.Si intrometteva prima nella famiglia della ragazza, vedeva cosa c’era di dote, poi andava dalla famiglia dello sposo e si cominciava a contrattare, era un mercato, si vedeva l’esse, cioè la dote e si diceva anche "puntè le busche", voleva dire cercare di tessere questo intrigo. Si faceva la cuntenta, la festa di fidanzamento ,e si mangiavano le noci, per quello che si dice "mangè le nus, mangè da spus" (mangiare le noci ,cibo da sposi"), perché le noci a quei tempi erano già una rarità.

Il giorno dell’Epifania si tentava la sorte, si buttava lo zoccolo verso l’uscio (da dentro casa), se la punta andava verso l’esterno,entro l’anno la ragazza si sposava,era un buon segno;se invece era dalla parte opposta per quell’anno lì (non si sposava). Poi c’era anche una storiella. Allora si andava molto in pellegrinaggio, a iniziare dal Medioevo, allora c’era la poesiola che diceva"Oh pellegrino che andate a S. Giacomo (di Compostella), oh pregate quel santo per me, ma pregatelo di buon cuore, che mi dia un buon marito", era una preghiera solita delle ragazze.

Se in una famiglia si sposava il più giovane dei maschi prima del più anziano, bisognava ripagare quell’offesa, si facevano un mucchio di scherzi, si diceva"Portè la ciabra"(Portare la capra), si andava con un caprone in segno di scherno per il ragazzo (più vecchio) che non si era ancora sposato.

Io sono convinta che questa povera gente fosse denutrita soprattutto, quindi aveva anche le allucinazioni, perché vedere un parroco che si trasforma in una capra mi sembra una cosa talmente ridicola...però ci credevano. Il parroco in un paese era la persona più istruita, quindi quello che faceva la fisica, quindi le masche,il servàn, il culèis.

Il culeis sarebbe il fuoco fatuo. Di solito qui, essendoci i boschi vicini, ed essendoci tanta miseria, la gente andava sempre di notte a raccogliere la legna, ed essendo di frodo, avevano paura, correvano, erano affamati, di sicuro avevano le allucinazioni, arrivavano a casa con poca legna e dicevano "Abbiamo dovuto correre perché c’era il culèis che ci correva dietro". Lo vedevano muoversi, loro uscivano dal bosco con la carretta piena di legna, dai boschi di Stupinigi, c’erano roveri, noci, pioppi,vedevano queste fiammelline saltellare ed erano convinti che li inseguissero.

Qui anticamente c’era un ospizio dei Cavalieri di S. Giovanni in via Solferino che poi era diventato un convento di frati e sicuramente questo mago, da quanto sono riuscita a sapere, era un certo frate Fiuch. Questo frate era un po’ mago, forse faceva un po’ l’erborista, il guaritore, era un gironzolone, infatti non è neanche morto poi qui. Dove abitava lo chiamavano "il Palass del Mago" per riferirsi a questo frate, aveva dei poteri un po’ da guaritore, (per guarire) sicuramente usava le erbe (medicine e medici non c’erano).

Quando la gente non stava bene, o si fidava di guaritori e meisinoire, o si curava un po’ come poteva.Mia nonna anche era una di quelli che mettevano le mani; magari tu cadevi,avevi una gamba rotta, manipolavano un po’ la gamba,e guarivi come potevi.Andavano lì (anche per altri) , allora andavano in un angolino, benedivano qualcosina ,allora andava bene così. Queste signore dicevano che erano nate di sette mesi, i settimini dicevano che avessero un dono particolare per guarire, forse non era vero, magari c’era quello un po’ più furbo che cercava di sfruttare le sue capacità per modo di dire e la gente ci credeva, era quasi tutta analfabeta, si fidavano solo del parroco,una fiducia incredibile, quello che diceva lui erano parole sante. Dicevano: "Il parroco ha i libri grossi", probabilmente pensavano "Lì troverà la formula magica per trasformarsi". Quasi sempre dicevano che si trasformava in una capra, in un caprone, o in un cane, sempre bianco però.

Dicevano "Nel castello di notte non si può entrare",forse lo facevano perché non andassero a rubare.

La sera dei Morti, il due di novembre, la gente non usciva di casa perché i morti uscivano dal cimitero in processione col lumino, allora la gente diceva il rosario presto, poi tutti a dormire; però dovevano lasciare la porta aperta e un piatto di castagne sul tavolo perché venivano i morti a mangiare le castagne. Bastava che un sacerdote o qualche personaggio dicesse "Guardate che quella sera lì i morti vanno..." e ci credevano,non tentavano neanche di accertare se era vero o meno, ma ci credevano in pieno.

I cuchet, i bachi da seta, li portavano a benedire dal prete ,e tutto benedivano, infatti in primavera c’erano persino delle processioni apposta per benedire il raccolto, bisognava tanto pregare, sia per proteggersi dalle intemperie (ma anche dagli spiriti) , il diavolo poi...ci credevano.

Di solito se c’erano delle persone un po’ strane, potevano essere un po’ fuori di testa oppure più furbi degli altri che sapevano sfruttare le loro capacità, allora quelli o erano masche o erano imparentati col diavolo. Magari c’era quello che era , non so, più bizzarro, si vestiva in modo un po’ strano, uno che voleva fare come voleva, non seguiva le regole di vita, allora quello di sicuro era da scartare, era amico del diavolo. Poi vedevano cose che non esistevano.

Quando c’era una grandinata terribile o una mezza inondazione la prima cosa che diceva il parroco in chiesa: "Vedete?,questo è il castigo, non vi siete comportati bene", (faceva) la predica in piemontese, nessuno osava protestare, erano tutti segnati a dito, quindi se sgarravi o andavi ad abitare via ... perchè non c’erano risorse.

(Le persone si definivano) anime da comunione, quindi le persone che andavano in chiesa, perché gli altri non erano contati.

Guai ad andarsi a cercare una fidanzata nel paese vicino! Allora a volte andavano anche con l’accetta, a volte ammazzavano anche, perché era un’offesa incredibile e quindi o facevano scherzi di questo genere..., qualcuno saliva uno sull’altro, sicuramente le persone alte alte erano queste, si usavano molto i trampoli, ma la maggior parte delle volte picchiavano.

C’erano sempre quelli un po’ più furbi che facevano degli scherzi poi però c’era chi lo interpretava seriamente. Qui abbiamo la cascina Motta vicino al cimitero e in quella cascina vivevano venticinque famiglie, quindi tanti bambini e adulti; di solito non si usciva di sera, però poteva succedere per una qualche necessità, qualcuno osava avventurarsi, di solito arrivava e aveva sempre qualcosa da raccontare, o lo faceva per farsi vedere..., di sicuro vedeva sempre qualche anima che vagabondava davanti al cimitero (specialmente se era morto da poco qualcuno che non andava tanto in chiesa).

Nel 1926 sono arrivati al punto di disseppellire una suora, Suor Augusta, e ci han creduto eh, tu immagina se dopo tre giorni una persona sepolta è ancora viva, eppure passavano di lì e sentivano la suora che gridava, (non lo so) cosa diceva. È bastato che uno dicesse "Ah, son passato davanti al cimitero e ho sentito Suor Augusta che si lamentava", lì la voce è passata, e allora han dovuto, dal Comune... altrimenti la gente non viveva più. L’han disseppellita e, pace all’anima sua!, era morta.

Dopo la Rivoluzione francese è arrivato Napoleone e il Re di Sardegna Carlo Emanuele IV aveva dovuto sloggiare , andare in esilio in Sardegna. Parecchia gente anche di Candiolo l’ha seguito , tanta gente di Candiolo prestava opera nel castello di Stupinigi e parecchi l’han seguito in Sardegna, sono rimasti questi quindici anni, poi parecchi sono ritornati e hanno riportato qui tradizioni e usi che abbiamo in comune, alcune storielline le abbiamo in comune.

I dì ‘d marca erano tutto l’anno,cominciando dall’ Epifania (che) tutte le feste porta via, e poi ad es. da S.Stefano, 26 dicembre, fino al giorno dell’Epifania ogni giorno, quindi 26,27,28...ogni giorno rappresenta un mese dell’anno che deve venire, quindi se il 26 fa bello vuol dire che gennaio sarà un bel mese (ecc.). Il giorno dell’Ascensione, se piove, piove per quaranta giorni.

Quando si giocava anche solo al (gioco dell’) oca o a tombola era un rito perché ogni numero era una frase, come giocare a carte, o a tarocchi, si giocava molto a tarocchi.

Un giorno mi ricordo ero piccola e c'era una famiglia che aveva due bambine, allora non c'erano medicine, quindi erano sempre malate, a un certo punto si son convinti i genitori che qualcuno faceva il malocchio e quindi una sera il papà vede un bel gattone nero che dorme ai piedi della culla della più piccola. Lui pensa subito "Questo qui é una masca", perché i gatti e le masche avevano qualcosa in comune. Allora arriva lì pian piano,prende un bastone e giù, il gatto riesce a scappare, comunque gli prende una zampa e, neanche a farlo apposta, il giorno dopo il prete aveva il braccio al collo. Quindi subito: " Il prete era lui, vedi, era lui che faceva il malocchio". Poi lo raccontavano, dicevano "Abbiamo disfatto il cuscino", usavano le piume di gallina per imbottire i cuscini, "c'era una serie di piume tutte legate una all'altra", quello era il segno del malocchio.

(Gli animali che portavano più sfortuna erano) sempre i gatti, oppure la civetta, i corvi, tutti quegli animali che avevano un modo di cantare un po' più strano, quelli erano animali da scartare, portavano maleur. Se di sera sentivi la civetta vicino a casa tua, segnava la morte, voleva dire che a giorni, o a mesi ,qualcuno della casa doveva morire, e se poi moriva per davvero, era stata la civetta che aveva segnalato tutte queste cose(di solito stavano sui pioppi).

Il gelso (non era legato alle masche) perché era un albero buono perchè creava anche un po' di profitto, quindi l'albero se aveva dei lati positivi era un albero buono.

Si chiamava Gatin, questo qui l'ho conosciuto anch'io, mi ricordo di questo signore, abitava su su, prima del semaforo, forse aveva un po' di poteri perché io l'ho visto che con un ago da balia faceva uno spessore così nel braccio, passava con l'ago, forse aveva poca sensibilità , non lo so, però era conosciuto come un fachiro, era molto rispettato perché aveva dei poteri, anche perchè non li usava male, dava spettacolo.

Virgine era il segretario comunale a fine ' 800 e , un po' per la moda del tempo, era sempre vestito con un tabarro lungo e nero, lo chiamavano l'uomo nero, una paura folle avevano i bambini perché era molto serio, molto severo, forse l'unico che sapesse scrivere, aveva dei baffoni, un cappellaccio nero, era temuto perché severo, ma non aveva la fama di essere un uomo cattivo. (Non risulta che si trasformasse).

Le meisinoire che avevano dei doni un po' da guaritrici non erano proprio masche ma... Erano brave e soprattutto conoscevano le erbe, quindi sapevano consigliare, magari c'era qualcuno che andava lì perché aveva la cistite, il mal ‘d la pera, magari i calcoli, allora lei sapeva dosare le erbe metteva un po' di malva, un po' di..., le conosceva ma a volte sbagliava anche le dosi e allora si aggravava un po' la situazione, però erano anche brave perché l'esperienza insegnava molto. Usavano il lardo per curare le ammaccature, il grasso di gallina o di oca, si pestava bene e poi si usava un’erba, l'incenso, sarebbe l'assenzio romano in erboristeria, un erba che veniva spontanea lungo i fossi, aveva un profumo fortissimo, si pestava perché produceva un liquido molto verdastro, amarognolo, quindi il liquido si beveva e poi tutta quella poltiglia si metteva assieme al lardo ben schiacciato, si faceva un bell'impacco (sulla parte) ammaccata, sembra che fosse efficace.

Queste (meisinoire) erano anche in grado di curare i vermi: andavano da queste donne dicendo che il bambino vomitava o aveva le convulsioni, e lei metteva il solito piatto, ho visto un giorno, si prendeva un piatto fondo, si riempiva d'acqua, poi si prendeva del filo, doveva essere di tela, la classica canapa, quella che si usava molto qui, tagliava dodici pezzi e poi li metteva in quel piatto e cominciava a dire delle preghiere, stranamente questi pezzi si muovevano forse per effetto dell'acqua, però dipendeva da come si muovevano questi dodici pezzettini di canapa, voleva dire se i vermi erano tanti, pochi, e, stranamente, una volta benedetti i vermi ,cessavano i disturbi.

Bisognava benedire comunque anche le cadute, le ammaccature, anche alla lontana, anche se il malato era lontano, però bisognava sempre benedire, avevano le loro preghiere in latino, anche se non lo conoscevano, le sapevano a memoria perché poi era un dono che si trasmetteva di madre in figlia, sempre una ragazza, se non si avevano figlie femmine a qualche nipote anche, a volte si saltava una generazione, ma lo si passava sempre a qualcuno della famiglia (anche se il ricevente il dono non era nato di sette mesi).

I gobbi, gli zoppi, avevano tutti qualcosa di particolare e si cercava di toccare quella gobba perché portava fortuna, e gli zoppi avevano anche loro un dono perché nella disgrazia probabilmente la Provvidenza li aveva dotati di un dono particolare, o erano in gamba a fare dei lavoretti...Si tentava anche di nascondere quando c'erano queste malformazioni, era una disgrazia incredibile che nessuno doveva sapere.

Nella settimana santa si diceva che le campane andassero a Roma, quindi tutta la settimana le campane non suonavano, si girava per il paese per ricordare che c'era la messa con le cantarane. Poi al giovedì santo bisognava visitare sette chiese, era d'obbligo perché altrimenti il perdono non arrivava. Il sabato iniziavano a suonare le campane perché prima erano andate a Roma e poi arrivavano, quindi si faceva festa (le campane suonavano come se dicessero "Chi non ne ha, chi ne ha poco, chi ne ha tanto, tanto, tanto) "Chi n'a nen, chi n'a poc,chi n'a tant,tant, tant".

La comunione si faceva un paio di volte all'anno, ma c'erano anche uomini che non ci andavano mai, quelli erano gli ostinati e gli davano tempo fino alla Pentecoste.

Quando moriva una donna non sposata si metteva una coperta bianca sopra (la bara), e gli altri tutta nera.

Chi aveva soldi aveva un funerale di 1^ categoria, poi c’era quello di 2^ categoria e poi i poveri li accompagnavano al cimitero senza canti e senza niente, a volte non andava neanche il sacerdote fino al cimitero. Anche a messa se pagavi di più mettevano tre catafalchi, se pagavi di meno solo due e chi pagava niente o poco per terra.

La luna era quella che decideva tutto, dalla semina, alle galline, al vino,anche i bambini, nove lune.

Questo qui a Candiolo non c’era molto perché riguarda già una categoria sociale molto più evoluta, c’erano a Torino, i Fra’ Masùn, le sette segrete, loro praticavano i riti magici, come fanno ancora adesso, mi sa che a Torino, in quelle gallerie nascoste, ci sono ancora queste sette segrete. Ne parlavano come di cose che non riguardavano Candiolo.

Ho trovato un appunto dove dice che nel milleduecento e qualcosa si è bruciata una strega qui in piazza a Candiolo, perché se c’era un personaggio femminile o stravagante ,o troppo bella, o troppo furba, quella lì era considerata (una strega), se poi succedeva qualche fatto strano a qualcuno quella lì era condannata.

Ai primi dell’’800 il cimitero era in piazza, (quando l’hanno trasferito) c’era un becchino donna, la Furmìa rusa (Formica rossa), perché era piccola, capelli rossi, e faceva il becchino e abitava in via Montpascal e dicono che a casa sua tutto arrivasse dal cimitero (tavoli , panche derivavano da lapidi), era un personaggio curioso, anche simpatico,ma non aveva fama cattiva anche perché il becchino era una persona abbastanza rispettata.

(Quella dell’)olio era una credenza antica, ma proprio antica antica, se si rovesciava l’olio voleva dire una sfortuna incredibile, forse (era) anche il fatto che costava caro, ce n’era poco, quindi se lo rovesciavi era una sfortuna davvero.

(Già dai tempi antichi c’era) una grande credenza nei poteri del sale, quando pioveva si buttava il sale voltando le spalle all’uscio; quando minacciava la grandine si buttava un po’ di sale e il ramo d’ulivo fuori perché si pensava che (dato che) il sale era l’elemento principale per il pane, quindi era un elemento prezioso,se si sciupava era perché doveva avere un significato molto importante.Si diceva "Fè ‘l fol per nen paghè ‘l sal"("Fare il matto per non pagare il sale") e questo si riferiva al fatto che sul sale fino a Napoleone c’era la gabella, tutti erano obbligati a comprarlo e dovevano comprarne una certa quantità per ogni componente della famiglia, l’unica persona che non lo pagava era il matto ,quindi c’era anche chi si fingeva matto, da cui il proverbio.

Il cuculo era ben visto perché quando iniziava a cantare lui voleva dire che l’inverno stava finendo.

Il Gran Chiaravalle era un personaggio, anche qui aveva un po’ a che fare col mago, che faceva le previsioni del tempo e quindi per tutto l’arco dell’anno diceva "Questo giorno dovrebbe far bello, quei giorni lì dovrebbe piovere..." , era disposto mese per mese e istruiva un pochettino anche gli agricoltori quindi chi poteva permetterselo comprava il Gran Chiaravalle, c’era anche il detto " Marca le fiere, stampa le balle".

Qui si andava molto ai santuari in pellegrinaggio e si andava tanto a S.Valeriano, è un santuario dalle parti di Piossasco.Sicuramente il fatto era questo, che questa mula, poveretta, doveva trainare questo carro con dieci, dodici persone sopra, quindi è logico che, arrivata lì dopo Orbassano ,era stanca quindi si inginocchiava, e lì sicuramente pensavano già al malocchio, non pensavano che era il troppo carico che faceva fermare questa mula.Dicevano "Ah, quella mula lì, le han fatto il malocchio,non va più, non bisogna più usarla" però non c’erano altri mezzi di trasporto; e tutti gli anni si ripeteva la stessa storia, poi andavano al santuario a far benedire anche la mula; il viaggio di ritorno era in discesa quindi andava meglio, magari si riposava un po’, ma tutti gli anni c’era lo stesso detto "La mula di Spiritin non riesce ad arrivare al santuario".Spiritino abitava qua a Candiolo, era il proprietario del carro e della mula. Ognuno pagava qualcosina e salivano tutti su quel cartun (carro), sono salita anch’io. Questa mula cominciava ad abbassare le orecchie e tutti i bambini spaventati "Vedi, vedi?, lì, gli spiriti, le masche". C’era la festa di S.Valeriano una volta all’anno in primavera. S.Valeriano era uno dei martiri, fratello di S.Chiaffredo, di S.Solutore, e la leggenda raccontava che ,piuttosto che arrendersi alle milizie romane ,si era buttato giù da questa collina, questa montagna, e si era rotto le ginocchia, quindi chi aveva avuto dei traumi, delle cadute, si rivolgeva a S.Valeriano per ottenere la grazia, la guarigione,così per ex-voto si andava in pellegrinaggio a S.Valeriano.

Quando c’era il temporale c’era già la persona apposta, andava lì (alla Madonnina) , suonava le campane e, caso strano, qui non grandinava mai, ed erano convinti che la Madonnina...I Candiolesi avevano una fede incredibile nella Madonnina; i Santi quelli potevano anche andare, ma in fatto di Maria Vergine la Madonnina ci bastava.

(La masca ) qui di solito era identificata in un gatto, una capra, e poi, anche come zone, si identificavano sempre alle Risere ,lì era la zona di passaggio, dove c’è il Centro Tumori, c’erano quei pioppi alti e sempre il solito contadino che andava al pascolo, e si ferma lì sotto questi pioppi, sente le masche da sopra, le sente cantare, alza gli occhi e una di queste gli dice: "O brav’uomo dalla vacca giaia (a chiazze), di’ così al tuo Garimbaja che Curucucù è morto" e poi si rimette a cantare; e lui dice: "Ma chissà cosa vuol dire questo?" . Comunque, quando ritorna a casa alla sera, si siede a tavola, mangia, poi si mettono vicino al fuoco come di solito, loro seduti, il gatto lì sempre ai piedi del focolare, lì tutto sonnacchioso; lui comincia a raccontare alla moglie, dice: "Ma non sai, stamattina ero sotto i pioppi lì alle Risere, sento una delle masche che mi dice: "O brav’uomo dalla vacca giaia, di’ così al tuo Garimbaja che Curucucù è morto"", e lui dice: "Ma chissà chi è Garimbaja, e chi sarà Curucucù?". Quando dice queste parole il gatto fa come un salto, e poi prende la porta e scappa. E tutti "Ma chissà come mai? Si vede che il gatto è una masca anche!" L’indomani mattina vengono a sapere che il parroco del paese vicino era morto, quindi Curucucù probabilmente era il parroco identificato con un’altra masca, e il Garimbaja era il gatto suo.

Qui descrive anche l’ambiente di una volta, sai che quando si sposavano di solito i giovani poi la ragazza andava a casa di lui, e in pratica non era considerata una serva ma quasi, non aveva nessun diritto quindi era considerata un po’ così. Di solito appena arrivava nella casa dello sposo c’era la suocera sull’uscio di casa che l’aspettava col mestolo in mano , e le offriva il mestolo come per dire: "Adesso sei te che devi dirigere", però in pratica non comandava per niente, e qui racconta di questa povera ragazza che si sposa, sì, sì, la suocera non è che la trattasse proprio male però in fondo la emarginavano un po’, quindi arrivava la sera, tutta la famiglia si riuniva nella stalla, e lei invece doveva stare vicino al fuoco, anche al freddo, a filare perché lei non aveva nessun diritto; i grandi dovevano fare i loro discorsi e lei, poveretta, doveva filare. Probabilmente era anche molto giovane, e fila, e fila, e poi aveva sonno, poi era stanca, e poi aveva anche paura perché lì sul focolare c’era sempre il solito gatto che la guardava con quei due occhi, la guardava, e una sera non ne può più e dice al marito "Guarda, io, niente da fare, io a filare non ci sto più perché c’è un gatto che mi guarda negli occhi, mi fa paura…". "Ma va, non raccontare storie!". "Sì sì, sì sì’. Allora il marito, le voleva anche bene, naturalmente, dice: "Domani sera mi metto io al tuo posto, mi metto io a filare, e vediamo se questo gatto si comporta ancora così." Allora lui si traveste da donna, si mette il grembiulone, il foulard in testa e si mette a filare, però non era capace, e pasticciava, pasticciava, era lì che faceva pasticci con questa lana, con questa rocca e il fuso, e tutto in un momento il gatto si mette a parlare, e allora dice "Ieri sera filavi, torcevi, sempre il fuso accrescevi, stasera , trosso balosso , il fuso non viene più grosso", come a dire "Stasera è inutile, sto qui a guardare, ma il fuso non aumenta", quindi voleva far capire (che la masca si era accorta) che si era travestito. (Questi gatti erano sempre) o bianchi o neri, che poi era una rarità, una volta erano tutti incroci diversi, era molto difficile trovare un gatto bianco però la tradizione, delle favole specialmente, (lo voleva o bianco o nero).

Quasi ogni famiglia la conservava, era una lettera, parlava della passione di Gesù, ogni goccia di sangue voleva dire le lacrime dell’umanità che attraverso i secoli avrebbe sofferto per le guerre; era un manoscritto, chi poteva avere questo manoscritto in casa era preservato dal malocchio.[ Allego fotocopia del testo]

La favola di "Ciavatìn ,e casco". Un ciabattino, il classico personaggio furbo che lui non aveva paura di niente, raccontavano che in alcune case c’era il mago, o chi poteva essere, che scendeva giù dal camino perché in pratica avevano nascosto un tesoro da qualche parte e lui (il mago) non voleva che si scoprisse. Allora questo ciabattino ha detto: "Vengo io, io non ho paura di niente", allora si mette lì, intanto che aggiustava le sue ciabatte vicino al fuoco, c’era il pentolone che cuoceva sul camino, e sente la voce che dice: "Ciavatìn, guarda che casco", e lui imperterrito: "Casca dove vuoi, tanto c’è la ramin-a (pentola)". "Ciavatìn, guarda che casco", e intanto giù veniva una gamba. "Fa niente, io non ho paura". "Ciavatìn, guarda che casco di nuovo", veniva giù un braccio, tutto staccato, e sangue… perché poi queste storie duravano delle serate intere, le ricamavano un po’. Fatto sta che lui non aveva paura, questo ciavatìn , e così il mago crolla tutto nel pentolone e cuoce, così lui può recuperare questo tesoro. La favola era poi quella. (Il tesoro) era in casa, solo che, niente, fin quando c’era questo mago, questo spirito, nessuno poteva recuperarlo; lui invece non aveva paura, e è stato l’unico coraggioso che l’ha affrontato.

Se tagliavano le unghie ai bambini, da grandi diventavano ladri. Non bisognava neanche lavare i capelli.

Quando la donna aspettava un bambino era proibito portare cinture, specialmente se poi c’era da fare un nodo, anche solo un fiocco, niente, perché il bambino poteva nascere con il cordone ombelicale che lo poteva soffocare , e quindi niente nodi, nessuna cintura . Non bisognava bere il vino perché poi nasceva con la voglia di vino, le fragole…; poi succedeva ugualmente, però era proibito. Poi altre cose: non bisognava attraversare i fossi, anche lì era pericoloso, sempre per il bambino , perché poteva andar male il parto.

(Ai morti nella cassa) mettevano un ago da balia per tenere assieme le due calze, è un’usanza che c’era tanti tanti anni fa, non so il significato, comunque prendevano un ago da balia e puntavano assieme la punta delle calze, dei piedi.

Si raccontava di un muratore che voleva costruirsi una casa, ha iniziato a mettere un mattone sull’altro e cominciava a girare intorno, s’è dimenticato di far la porta, quando è arrivato all’altezza del tetto s’è accorto che la porta non c’era. La raccontavano sia qui che (nel Monferrato) quindi o è una storia inventata oppure capitava davvero, nella foga di quei tempi di lavorare. Qui a Candiolo un signore aveva costruito un carro in casa, quello è vero eh, voleva farsi un carro, allora in inverno non sapeva come passare il tempo, ha racimolato un po’ di legna di qua e di là e ha detto: "Mi costruisco un carro, un cartun", e ha iniziato a costruirlo in casa. Il fatto è che poi, quando l’ha costruito, non usciva più, ha dovuto smontarlo. Questa l’hanno raccontata per parecchio (tempo).


QUAGLIOTTO GABRIELLA, anni 75

C’era il prete, che era a tempo di guerra quello eh, lasciava venire il coprifuoco, poi si vedeva quella capra bianca, ma grossa eh, e lì c’erano delle piante, c’erano i murè ( i gelsi), piante grosse, c’era come una leja (viale alberato), lunga, perché non c’erano quelle case lì, allora c’era anche una grossa pianta lì davanti, dove adesso c’è quella villa, e lì si metteva la crava bianca, aspettava la gente che arrivava, poi li accompagnava e gli faceva paura. Una sera arriva a casa mio papà in bici da Torino, però c’era già il coprifuoco, che noi eravamo in pensiero, e sentiamo battere il cancello; allora mia mamma dice: "Oh mì mì, guarda che forse è arrivato papà"; allora lui diceva: "C’è la crava bianca, la crava bianca". Era in bici, è andato per terra, perché si è spaventato, c’era questa capra bianca che voleva volargli addosso. Però, come noi siamo andati fuori, la crava bianca non c’era più, e dicevano che era il parroco del paese (che di notte diventava una capra), fisica era.

Poi un giorno, proprio lui, parlo che io avevo diciotto anni, proprio quel prete lì, alla mattina l’hanno trovato con una mano un po’ ferita. Era andato dal tabaccaio, era ora di chiusura, era d’inverno, e si faceva come un gatto e si metteva lì, così, sopra il banco, e lui (il tabaccaio) ha detto: "Se qualche sera viene di nuovo con questo piulet (ascia) qui gli do una piuletà". E quella sera lì si presenta di nuovo quel gatto, va sopra il bancone, e lui aveva il piulet sotto il banco, lo prende, pac!, e l’ha preso sulle mani no?; allora il gatto è scappato però sanguinava. Al mattino hanno visto (il prete con la mano ferita).

Poi un altro anche, al tempo della crava bianca, l’ha presa e l’ha legata, legato il collo a una pianta; ma era sempre lui, gatto e capra bianca, e allora il mattino l’han trovato fuori dalla chiesa legato. Ma era vero eh, perché mia nonna lo raccontava quello lì, perché io mi ricordo sì e no, ma io quei due o tre episodi lì… perché io avevo paura, e poi c’era il coprifuoco, e la gente non doveva uscire, invece uscivano, lì nel paese, come mio padre, era arrivato tardi… E allora (il parroco) la mattina era lì legato. (Poi) l’hanno slegato, (l’ha slegato) il sacrestano. Quello l’ha raccontato mia nonna.

I Fra’ Masùn forse c’erano, io penso di sì, perché noi qua c’era un grosso laboratorio di scarpe, qui era la casa di mio nonno prima, e allora di là c’era il laboratorio di scarpe, ma le facevano tutte a mano, e poi al mattino, era ancora buio, alle tre-quattro del mattino partivano mia mamma, che era giovane, e mio nonno, e andavano ai mercati a venderle ‘ste scarpe. Ma qui erano tutte piante, lì dove adesso c’è le ville, allora facevano quel tratto lì da Piobesi, e lì c’erano dei murè, di nuovo grossi così, e lì sopra c’erano i Fra’ Masùn, ballavano, cantavano, sarebbero come quelli che fanno la fisica, gli spiriti; e allora passava di lì, sentiva cantare, suonare, però lui aveva un po’ paura, aveva sempre il piulet vicino al cavallo, il piulet sarebbe l’ascia per la legna…quando passava lì che c’erano quei murè , lì che sentiva la musica, ridere, tutto, ma sentiva proprio no?…,e mia mamma gli diceva: "Ma va, va, non abbia paura che non fanno mica niente a noi!". Poi un giorno passa di lì e vede una scarpa, mio nonno, giù vicino al murè, la prende e la mette vicino all’ascia, e passano un po’ di giorni, perché tutte le mattine loro andavano al mercato, e si presenta una. Quando è rimasto lì gli dice: "Brav’uomo, non ha mica trovato una scarpa?"; lui le ha detto "Sì, perché?", "Perché è mia, perché io non faccio più la società insieme ai Fra’ Masùn, però mi ci vuole quella scarpa lì". Allora lui le ha dato la scarpa, e poi ha detto che quando poi passava di lì non li sentiva più, ma proprio lì, per girare in via Vinovo, per andare a Piobesi, c’erano tutti quei grossi murè, quelle piante enormi, coi buchi, erano enormi quelle piante lì, era bello, non tutte case come adesso! Va a sapere…

Dicevano che i preti facevano la fisica perché il prete la studia, però non è che ti fa del male, ti fa un po’ di paura; anche quel gatto che andava a mettersi sul bancone era solo per stare lì e fare un po’ di paura; invece quei medio lì a volte ti fanno proprio… Come una volta che se volevi sentire i morti andavi dai medium, e dice che li sentivi. Una mia amica è andata, io adesso non so se è vero perché io non ci credo mica tanto, però ha detto che ha chiamato suo padre, erano in quattro più il medium; ha chiamato suo padre e l’ha proprio sentito arrivare, perché era un po’ zoppo, e poi aveva un dito duro, si era fatto male, e ha proprio sentito battere tre colpi sul tavolo come faceva lui col dito; allora lei gli ha parlato, e adesso non ricordo neanche più cosa ha detto, so solo che lui le ha detto "Non permetterti mai più di chiamarmi, che questo dito va a finire addosso a te". Si vede che stanno male. Io non ci andrei, ho anche paura.

FRIGO GIANNINA, anni 77 (nata in provincia di PD, residente a Candiolo)

Lì c’era un veterinario al nostro paese, che ancora adesso ha la villa lì, c’è il figlio del dottore anche, a Vicenza, è ancora vivo il figlio… siccome lì c’era la cartiera le signore del direttore, dell’ingegnere… si radunavano o in casa, o al the, oppure alla sera… facevano una riunione fra di loro, e ‘sto veterinario una sera le ha fatte tremare. Ma sua moglie non sapeva che lui faceva questo a casa, non ha mai saputo niente, era un medium, veramente; e poi allora è successo ancora altre volte e lei si è accorta. "Ma come?". (Lui) non era lì, era a casa perché lui faceva il veterinario, e loro invece, fra signore, allora, a quei tempi, sai… [ GABRIELLA: lui era in casa e faceva ballare qualcosa] Però aveva la donna di servizio e la bambinaia, quelle lì le lasciava stare. E una sera (le signore del the) erano lì tranquille e tutto, e si son viste proprio il tavolo ma è verità eh, il tavolo proprio tutto andar per terra e tremare, e loro spaventate. Tutti dicevano: "Chi sarà a fare ‘sti scherzi?", a quei tempi… E’ venuto che una sera, siccome erano tanto religiose, tanto la bambinaia che la signorina che era da sposare, era più anziana… , erano tanto di religione, di chiesa, e tutte le sere, quando mettevano a letto i bambini, dicevano il rosario. Mentre che dicevano il rosario è venuto come un colpo di vento, le ha portato via il rosario dalla mano. Erano a letto eh, ma queste sono cose vere, che mio marito conosceva anche (le persone a cui succedevano). Allora sono state lì stupite: "Ma come mai?". Si è aperta la porta, il vento ha fato un colpo di vento, le ha portato via il rosario che stavano dicendo. Allora la signora (moglie del veterinario) gli ha detto: "Guarda che è successo così, e così". La signora anziana: "Io non so cosa dirle perché anche a noi succedono certe cose che… ci sarà qualcuno che ha voglia di fare gli scherzi". E poi l’ha fatto un’altra volta, che c’era solo la bambinaia. Era dietro a dirsi il suo rosario, che i bambini dormivano, e è successo proprio che il vento ha portato via il rosario. [ GABRIELLA: sì, perché non sono per la Chiesa eh] Allora ha detto ancora: "C’è qualcuno, c’è qualcosa", e hanno scoperto che era proprio il veterinario, era un medium; allora il prete l’ha detto in chiesa perché queste qua, specialmente la più vecchia, era tanto lì attaccata alla Chiesa, e l’ha detto al prete, e il prete l’ha detto in chiesa. Ha fatto il nome, il cognome, tutto. Lui non ha reagito per niente, ha accettato quello che aveva detto il prete e non l’ha più fatto. (Forse era invidioso perché le donne si riunivano, mentre lui doveva lavorare; e forse non voleva che la bambinaia e la cameriera pregassero). [ GABRIELLA: l’avrà fatto anche a altri va, perché loro (i medium) sono dalla parte del diavolo]

C’era una villa che lì nessuno stava stabile perché si sentivano sempre gli spiriti di notte, sempre giù nel Veneto, poco lontano da noi, e sentivano sempre rumori, e non è abitato da nessuno. Io non ho mai saputo di chi sia, eppure, vedessi che villa che c’è!, tutta chiusa, perché nessuno ha resistito dentro, non sanno il perché, dicono la villa degli spiriti ; invece quando (c’erano) i Tedeschi loro sono entrati, e resistevano dentro i militari!

[Continua prossimamente con altre leggende piemontesi... ]

 

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