lunedì 30 giugno 2014

Leggende e tradizioni di Villarios in Sardegna

Ci troviamo a Villarios, piccola frazione del comune di Giba, nel Sulcis iglesiente. Quella che vediamo attualmente è, in realtà, la nuova Villarios: l'antico centro abitato fu infatti abbandonato nel 1750 in seguito a cause di natura idrico-geologica. 

Della vecchia Villarios rimangono ben poche costruzioni. Tra esse spiccano la chiesa di Santa Marta (la cui festa viene celebrata, in paese, il 29 luglio) e la torre di avvistamento antibarbaresca, databile attorno al XVI secolo: quest'ultima era atta a sorvegliare le navi che si avvicinavano al Golfo di Palmas, spesso non proprio con la migliore delle intenzioni. 
Secondo la leggenda, la chiesa di Santa Marta venne fatta erigere dal capitano di una nave scampato ad un naufragio. Egli avrebbe avuto, assieme al suo carico, un'immagine della santa, e ad essa si sarebbe rivolto nel momento del pericolo, facendo voto di costruire una chiesa a lei dedicata nel posto in cui sarebbe riuscito a salpare in seguito al fortunale. 
In realtà la costruzione, in chiaro stile romanico, sarebbe stata edificata ad opera dei monaci benedditini attorno al XI secolo.
In seguito all'abbadono della "vecchia" Villarios, anche la chiesa venne lasciata al suo destino solitario. Solamnte tra il 2002 e il 2004 il comune di Giba ottenne l'approvazione del progetto di ristrutturazione.
La chiesa di Santa Marta faceva parte del vescovato del Sulcis assieme a quelle di Santa Maria di Palmas, Santa Maria di Flumentepido e San Giorgio di Tului.
Oltre alla tradizionale festa di Santa Marta, il paese celebra San Giuseppe, il 19 marzo, all'interno del nuovo borgo, nella chiesa a lui dedicata e tramite una processione in costume atraverso le vie del paese.
Villarios vanta una forte tradizione culinaria legata al folklore. Molte famiglie possiedono un forno in cui preparare i differenti tipi di pane dedicati alle varie celebrazioni dell'anno.
A fianco del Civraxiu, il pane giornaliero fatto con semola o farina integrale, troviamo, ad esempio, su Coccoi: si tratta di un pane di semola lavorato con delle punte, ed era tipico di festività come Natale, matrimoni, eccetera. Più l'occasone era importante, più il pane veniva decorato: in questo caso prendeva il nome di Coccoi Pintau.
Per Pasqua, invece, si preparava su Coccoi con s'Ou: era una bambolina di pane Coccoi, ma con un uovo in corrispondenza della pancia. Di probabile rimando pagano, indicava l'abbondanza e la fertilità.
Per il giorno dei morti, infine, si preparava su Pani de Saba (marmellata d'uva): farcito con mandorle e noci, veniva poi decorato con saba e tragera (palline di zucchero colorate). 

Monica Taddia
Foto tratta da Panoramio

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