mercoledì 1 maggio 2013

Tra tradizione e magia: il Calendimaggio in Emilia Romagna

Ben venga Maggio
e il gonfalon selvaggio!
Ma è una selva che si svelle,

la selva che da sè si schianta!
E viene, e seco ha le procelle
che l’hanno nell’inverno affranta,
e viene e canta
il gonfalon selvaggio!


" Calendimaggio "
Giovanni Pascoli

Il Calendimaggio è una festa che affonda le sue radici nelle cerimonie propiziatorie primaverili, attraverso le quali si cercava di "aggraziarsi" la natura per ottenere ottimi raccolti e, di conseguenza, scampare allo spettro della carestia.

In Emilia Romagna, in passato, il giorno del primo maggio i bambini (maschi e femmine) si recavano nei boschi, strappando dalla terra un giovanissimo albero (o anche un ramo) che sarebbe poi stato piantato in piazza o davanti alla casa della persona più importante del paese. L'alberello (o il ramo) era chiamato "maio" o "maggio". Coloro che portavano il "maio" venivano seguiti in corteo da ragazzini agghindati di fiori e foglie e con ramoscelli d'albero tra le mani.

La sera del 30 aprile  a Badi (in provincia di Bologna) i ragazzi andavano di casa in casa recando con sè rami di abete e cantando il "maggio" del buon augurio, ovvero canzoni dedicate alla buona riuscita del raccolto, alla salute dei padroni di casa eccetera. Il ramo veniva poi lasciato alle ragazze di casa e, il giorno dopo, i ragazzi tornavano a prenderlo trovandolo adornato di nastri colorati: esso veniva poi collocato sull'abete più vicino alla casa visitata.

Tutt'oggi a Riolunato (sull'appennino modenese) la sera del 30 aprile le strade del paese risuonano dei canti dei ragazzi che vanno di casa in casa a rendere il loro omaggio alle famiglie delle loro amate: questa tradizione è chiamata il Maggio delle Ragazze. Sempre durante questa notte, alcuni decidono di dichiarare il proprio amore alle ragazze inviando come messi alle loro finestre dei "maggiolanti", preposti a far "l'ambasciata" e cantare canzoni d'amore alle belle di turno.  I canti possono durare anche fino all'alba. 

In quasi tutta la regione, i ragazzi regalavano rami fioriti alle ragazze di cui erano innamorati dichiarando così i loro sentimenti. 

A Forlì e dintorni i ragazzi innamorati ornavano di fiori le finestre delle amate, vi si appostavano sotto e dedicavano loro canzoni: questa usanza veniva chiamata "majè".

Più spregiudicati erano i parmensi, che il primo di maggio andavano di casa in casa cantando il "majo": inni dedicati alla primavera ed alla bellezza delle donne. 

In alcuni paesi della parte montuosa piacentina, esiste ancora questa tradizione: alcuni giovanotti, capitanati dal Carlin 'd Magg (il capo di questo gruppo) vanno di casa in casa, nella Val di Nure, cantando:



"A l'è rivato mazo
c'al s'è partì d'april

sa n'al sì vuater donni

val son vegnut a dir"

Gli altri ragazzi rispondono cantando:
"O bello venga mazzo
o bello venga mazz"



A Bologna ed in Romagna, nelle campagne, i ragazzi piantavano un ramo di robinia fiorita davanti alla porta o alla finestra dell'amata, mentre nel reggiano gli innamorati preparavano fascioline di rametti di quercia legati con il vincastro (da qui il termine "festa dei vincigli") per suggellare l'amore o propiziarsi un buon matrimonio. 

Un po' ovunque, tra gli adolescenti, si eleggevano tra i più avvenenti la regina ed il re di maggio, che venivano poi posti in testa ad un corteo che sfilava per le strade del paese. La regina o sposa di maggio aveva spesso il compito di effettuare danze o riti propiziatori. In alcuni paesi la regina era sistemata su un rudimentale trono di legno e posta agli angoli delle strade a ricevere offerte come monete, fiori o altro. Quest'usanza è però stata contrastata dalla Chiesa che ha messo al posto delle regine di maggio delle immagini della Madonna. 

A Bologna veniva eletta la Contessa di maggio: Giulio Cesare Croce la ricordava così, accompagnandosi ad un vecchio violino scordato:


"Fate onor alla contessa

voi che andate per la via,

ch'acciò ella vista sia

qua su in alto l'abbiam messa.

Fate onor alla contessa."

Sempre a Bologna venivano donati fiori al Gonfaloniere di Giustizia, dal momento che era il giorno in cui esso entrava ufficialmente in carica. 

Nelle vallate dello Scoltenna, del Dolo e del Dragone si festeggiano tutt'ora i maggi, ovvero rappresentazioni epico teatrali all'aperto. Sul luogo teatro delle vicende viene piantato a terra un ramoscello d'albero che sta ad indicare il bosco. Questo tipo di rappresentazioni, che anni fa erano le uniche forme di divertimento presenti in paese, raccontano le storie vere (spesso romanzate) di coloro che per lavoro emigravano nelle terre di Toscana. Era una forma di teatro popolare che vedeva come attori (detti maggerini) gli abitanti del paese: un avvenimento del quale si sarebbe poi parlato con grande passione durante tutto l'anno tra massaie, nelle osterie e in piazza. 


Nel reggiano e nel modenese gli attori possiedono un costume personale che utilizzeranno ogni anno all'interno delle rappresentazioni dei maggi, dedicate a storie di scontri e duelli: si tratta di una giubba ed una mantella in velluto nero, pantaloni alla cavallerizza e gambali lunghi nello stesso materiale, su cui si trovano disegni di colore vivace e/o stemmi. Sono corredati da elmo con il pennacchio, una spada in ferro ed uno scudo. 


Nelle piazze di quasi tutta la regione, ma in particolare nel bolognese, veniva piantato il palo di maggio, solitamente un fusto di pino senza rami e  ornato in cima con nastri, bandiere colorate, foglie, fiori, frutta, uova. I paesani vi si riunivano attorno per ballare e cantare. Si trattava di un palo della cuccuagna ante-litteram.


A Cicogni (PC) si celebra la festa della Galina Grisa (gallina grigia). Un corteo con a capo una banda di musicisti passa di casa in casa: qui verranno donati cibo e bevande ma soprattutto uova con le quali, a fine corteo, verrà cucinata una frittata che verrà servita a tutti a scopo beneaugurale. Ad ogni fermata viene cantata la seguente strofa:


"E l'è arrivà il primo di maggio

con l'erba e con la foglia

E con l'erba e con la foglia

la fresca rugiada."

Seguita da altre strofe dedicate alla casa in cui si è momentaneamente stazionati. Si termina poi accomiatandosi con una strofa atta a ben augurare la ricchezza economica della famiglia:



"Campa la ciössa con tütt i so ciussein

crapa la vulp, con tütt i so vulpein"

(Campi la chioccia con tutti i suoi pulcini, crepi la volpe con tutti i suoi volpini) 
"E l'è arrivà il primo di maggio
con l'erba e con la foglia
E con l'erba e con la foglia
la fresca rugiada."



© Monica Taddia 
(articolo scritto per Symphytum

2 commenti:

  1. Su Calendimaggio:
    http://www.cavernacosmica.com/calendimaggio-fra-origini-storia-e-mito/

    RispondiElimina
  2. Grazie mille per il link che ci hai segnalato!!!

    RispondiElimina