mercoledì 20 marzo 2013

Sant'Antonio Abate: le origini di un antico culto

Quello di Sant'Antonio Abate è stato per molto tempo, nella vecchia Italia rurale, uno dei momenti più importanti dell'anno. In quel giorno, colui che era usualmente preposto alla cura del bestiame veniva esonerato da tutti i suoi incarichi e sostituito da un altro componente della famiglia, mentre gli animali venivano esentati dal loro lavoro abitale e nutriti con fieno e cibi di qualità superiore.

In alcuni luoghi era usanza unire a questo pasto un pezzetto di pane benedetto oppure tre fave nere. Ma sopratutto. durante la notte, gli animali stessi acquisivano un importante dono: quello della parola. Guai però all'essere umano che avesse osato origliare o li avesse uditi per sbaglio: l'evento sarebbe stato foriero di sventura. A testimoniare l'importanza del culto appaiono sulle porte di stalle e luoghi affini immagini del Santo: a volte si tratta di formelle o mosaici, più spesso venivano utilizzati santini con la sua effige. Tutt'oggi, il 17 gennaio vengono benedetti gli animali sui sagrati delle chiese per essere preservati da malattie ed infortuni. Antonio esistì realmente e nacque in Egitto nel 251, ove trascorse una lunghissima vita. Ancora molto giovane si spogliò di tutti i suoi beni materiali, e per vent'anni visse nel deserto in qualità di asceta, raccogliendo numerosi seguaci attorno a sè. Le sue doti taumaturgiche gli valsero una fama che sopravvive tutt'ora nel culto delle sue reliquie. Il santuario in cui esse sarebbero custodite, la chiesa francese di Saint Antoine de Viennois, iniziò a registrare un'affluenza di pellegrini tale da spingere i seguaci del santo a costruire un ospedale in cui poter accogliere nel modo più efficente possibile i malati che vi si recavano. Fu così che nacque l'ordine ospedaliero degli antoniani. In modo da assicurare la sussistenza di degenti e religiosi pare venissero allevati maiali, sostenuti dalla carità del popolo e lasciati vagare in assoluta libertà per il paese. Con il tempo, però, venne sancita una legge in cui si vietò questa libera circolazione, fatta eccezione per i maiali degli antoniani che per essere riconosciuti sarebbero stati costretti a portare un campanellino al collo. E'questo uno dei motivi secondo cui il santo viene spesso raffigurato con un maialino al proprio fianco, fatto che erroneamente, in alcuni luoghi d'Italia, porta a dire che "Sant'Antonio si innamorò di un maiale": si utilizza questa espressione per indicare qualcuno che s'innamora di una persona esteticamente poco attraente. Inizialmente, in realtà, il compagno di Antonio era un cinghiale (il Pisanello li raffigura assieme nella sua opera "Madonna tra i santi Antonio Abate e Giorgio" - 1445). Questo animale era, in passato, attribuito al dio celtico Lug, colui che rappresentava l'arrivo della primavera, la fecondità e la ressurrezione dell'uomo. I druidi stessi erano indicati con l'appellativo di "grandi cinghiali bianchi". E' quindi molto probabile che gli attributi di questa divinità siano stati "tramandati" alla figura di Antonio da parte di qualche celta cristianizzato. La festa avrebbe insomma radici pagane: non è un caso che nell'antica roma proprio il 17 gennaio fosse il giorno delle Sementine, festa dedicata alla dea Cerere cui veniva dedicato il sacrificio di una scrofa gravida. Era il giorno in cui gli uomini, gli animali e la terra chiedevano la propiziazione degli dei in nome del rinnovamento: un culto, quindi, che sottolineava il concetto che ora tradurremmo con "anno nuovo vita nuova". Numerose tradizioni popolari sono sopravvissute per anni nel nostro paese: a Cicciano, in Campania, fino ad una cinquantina d'anni fa, veniva ricordata l''usanza antica comprando un maiale che sarebbe stato nutrito dalla popolazione e venduto nel giorno dedicato al santo. In Emilia Romagna, invece, si ricordano la Lotteria del Porco Grasso e le varie sagre in cui i cibi sono rigorosamente a base di prodotti suini. Altrove, invece, il santo è festeggiato con fuochi artificiali e falò: sono questi simboli di luce che ci fanno tornare alla memoria gli attributi originari della festa, gli stessi che festeggiano il passaggio dall'anno vecchio a quello nuovo, dal buio delle lunghe notti invernali alla luce che pian piano riconquista il predominio sulla primavera e la bella stagione. A questo proposito ricordiamo un vecchio detto ferrarese legato all'allungarsi delle ore di luce: "Par Nadal un pas ad gal, par la 'Vceta mez'uretta, par Sant'Antoni 'n ora bona" (per Natale un passo di gallo -un quarto d'ora-, per la Befana mezz'oretta, per Sant'Antonio un'ora intera").  

© Monica Taddia

Immagine: Sant'Antonio Abate - Moretto

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