venerdì 22 marzo 2013

Leggende culinarie (pt.2)

panpepatoIL PANPEPATO DI SIENA
E' un dolce di origine senese, derivante dalla tipica focaccia fatta con miele, farina e frutta fresca.
Secondo la leggenda una prima versione del pampepato moderno sarebbe stata inventata da una monaca di nome Berta: durante un assedio della città, vedendo la popolazione ridotta alla carestia, preparò x loro la focaccia di cui sopra, aggiungendo però frutta secca al posto di quella fresca), mandorle e spezie come lo zenzero, il pepe ecc.. Molto sostanzioso, insomma!


IL PANETTONE
Si narra che alla vigilia di Natale, nella corte del Duca Ludovico il Moro, Signore di Milano, si tenne un gran pranzo. Per quell’occasione il capo della cucina aveva predisposto un dolce particolare, degno di chiudere con successo il fastoso banchetto. Accortosi che il dolce era bruciato durante la cottura, il panico colse l'intera cucina. Per rimediare alla mancanza, uno sguattero della cucina, detto Toni, propose un dolce che aveva preparato per sé, usando degli ingredienti che aveva trovato a disposizione tra gli avanzi della precedente preparazione. Il capo cuoco, non avendo altro da scegliere, decise di rischiare il tutto per tutto, servendo l'unico dolce che aveva a disposizione. Un "pane dolce" inconsueto fu presentato agli invitati del Duca, profumato di frutta candita e burro, con una cupola ben brunita, fu accolto da fragorosi applausi e, in un istante, andò a ruba. Un coro di lodi si levò unanime e gli ospiti chiesero al padrone di conoscere il nome e l’autore di questo straordinario pane dolce. Toni si fece avanti dicendo di non avergli ancora dato nessun nome. Il Duca allora lo battezzò con il nome del suo creatore e da quel momento tutti mangiano e festeggiano con il "pan del Toni", ossia il panettone, famoso ormai in tutto il mondo. Molte ricette tradizionali vengono associate a storie simili, ma sicuramente questa e' la più bella.

Esiste un'altra leggenda, un po' più favoleggiata, secondo la quale il panettone nacque da una storia d'amore.
Un panettiere di nome Toni, si era perdutamente innamorato di Lucia, una ragazza contadina che ogni mattina si recava in paese x vendere le uova. Toni però era così timido che nn aveva mai avuto il coraggio di parlare alla ragazza, ogni volta che la vedeva rimaneva completamente ammutolito!
Così, un bel giorno, decise di fare un dolce di sua invenzione, x regalarlo a Lucia.. Fatto di uova, burro e frutta candita.. Ma preso dai mille pensieri
sbagliò la dose di lievito e ne mise.. fin troppo! Il dolce lievitò esageratamente..
Purtroppo Toni nn aveva tempo di ricominciare daccapo e così consegnò lo strano dolce a Lucia, un po' vergognandosi del pasticcio combinato.
In realtà la ragazza, vedendo quello spettacolo e sentendone l'odore buonissimo, lo assaggiò subito e si rese conto di quanto fosse buono..
Inutile dire che finalmente i due cominciarono a parlarsi e.. sbocciò l'amore.. E a quanto pare diventarono anche abbastanza ricchi xkè cominciarono a vendere quello strano dolce chiamandolo "pan di Toni", x l'appunto.
Un'altra leggenda, invece, non vede Toni come inventore del dolce, bensì Ughetto degli Antellari, nobile cavaliere milanese che, innamoratosi della figlia del panettiere Toni (secondo altre versioni non si trattava dela figlia ma solo della commessa del Toni), si finse garzone e andò a lavorare nel suo negozio preparando poi il famoso panettone x conquistarla.
C'è invece chi ne attribuisce la nascita a una monaca (come x il panpepato) di nome Ughetta: era cuoca in un povero convento e, x fare un dolce natalizio diverso dal solito, preparò questo dolce con i pochi ingredienti che aveva trovato in cucina.. Essa tracciò poi con il coltello una croce sulla sommità in segno di benedizione.Da notare come però il nome non solo ricordi quello del protagonista precedente, ma sia anche la traduzione in dialetto milanese della parola "uvetta"...
Dicono però che il panettone altro non fosse che una sorta di pan dolce casalingo, fatto sotto la supervisione del capo famiglia il quale prima della cottura incideva una croce sulla sommità come segno beneaugurale (le donne la incidevano utilizzando la fede nuziale. ). <<il dolce doveva essere consumato durante la cerimonia detta del ceppo o del ciocco, durante la quale si accendeva un grosso ceppo di quercia, posato nel camino, sopra un letto di ginepro. Il capo famiglia doveva poi versarsi del vino, berne un sorso e, dopo aver versato un po' di quello stesso vino sul ceppo acceso, far passare il bicchiere a tutti i membri della famiglia che dovevano berne a loro volta. Il capo famiglia gettava allora una moneta tra le fiamme e poi distribuiva una moneta ad ogni famigliare. Al termine di questo rito gli venivano portati tre panettoni (in antichità erano tre pani di frumento e, con ogni probabilità, la ricetta del panettone deriva da una modifica di quella per fare il pane per la cerimonia del ciocco). Con un grosso coltello il capo famiglia tagliava un pezzo di uno dei panettoni che doveva essere conservato fino al Natale successivo; sembra che il pezzo avesse forti poteri taumaturgici e dovesse assolutamente essere conservato, pena un anno di sfortuna. La credenza è tipicamente pagana, ma stranamente si trova in mezzo ad una cerimonia imbevuta di una potente simbologia cristiana, come ad esempio il ceppo che simboleggia l'albero del bene e del male, il fuoco che rappresenta l'opera di redenzione di Cristo, mentre i tre panettoni il mistero della Trinità. Peccato che oggi non ne resti più traccia.>> (www.vivimilano.it)
In realtà prove storiche certe nn esistono. <<invece l'etimologia è - sia pure da segnalare, come scriveva il grande gastronomo Guarnaschelli Gotti nel campo degli "etimi d'avventura" - legata a un "pan grande medievale" o forse ancora si basava (da un libro di Giorgio Mauri sulle leggende milanesi del 2005) sul termine panett de butter, che voleva dire in dialetto piccola confezione di burro, detta anche panatel. Dunque il contrario di panatel - piccolo pane - non poteva che essere panetun, grande pane.>> (www.lastampa.it)

IL PANDORO
Diverse sono le credenze circa la nascita del Pandoro, il dolce veronese che con il panettone si contende il titolo di dolce natalizio per antonomasia.
Il nome pandoro descrive alla perfezione il colore della pasta, il giallo oro, conferitogli dalle uova. Leggero e soffice, come la pasta brioche, ha un sapore delicato e leggermente profumato di vaniglia.

Qualcuno ne fa risalire la nascita nella Repubblica Veneta del '500, quando si servivano, nelle ricche tavole, dolci di forma conica, ricoperti da foglie d'oro, chiamati appunto "Pan de Oro".
Secondo altri l’origine deriva da un antico dolce, a forma di stella, che i veronesi consumavano a Natale: il “nadalin”.
D'altra parte le caratteristiche che accomunano il pandoro e la "brioche" francese fanno pensare ad origini ben più lontane: la fonte più antica risale addirittura al primo secolo dopo Cristo, ai tempi di Plinio quando si cita un pane preparato con fiori di farina, burro e olio.
La versione più recente sull'origine del pandoro lo lega invece alla Casa Reale degli Asburgo, sicuramente fin dal '700-'800 erano note le due tecniche del croissant e del "Pane di Vienna" che sono rimaste alla base della preparazione del pandoro.
In particolare la lavorazione della "brioche" francese consisteva nell'alternare due o tre fasi d'impasto con pause di lievitazione, mentre quella del "Pane di Vienna" prevedeva di completare l'impasto aggiungendo una maggiore dose di burro con il sistema della pasta sfoglia, dove diversi strati di pasta vengono alternati a strati di burro, con il risultato che durante la cottura il dolce acquista volume.

IL TORRONE
Pare che la nascita del torrone sia databile 1441 quando i pasticceri cremonesi decisero di onorare le nozze di Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti (tenutesi, appunto, a Cremona).
Il dolce riproduceva il Torrazzo, cioè il campanile della cattedrale: da qui il caratteristico nome del dolce.

Secondo un'altra tradizione furono gli antichi Romani a tramandarcene la ricetta: nel 116 circa a.C., Marco Terenzio Marrone il Reatino parlava del gustoso Cuppedo: ed infatti, in molte zone dell'Italia meridionale, il torrone è chiamato proprio cupeto.

Buon appetito!!!

Monica Taddia

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