Parina si era rifugiata in una specie di eremo, costruito con le
proprie mani, su un versante della collina che scende sulla parte
centrale del Lago di Como. Amata ed odiata dal popolo e dalla nobiltà,
poichè era per metà strega e per matà una bravissima guaritrice, era
solita confezionare corone d'iberco e rosmarino intrecciati ad altre
erbe da poter appendere alle pareti domestiche, in modo da tener lontani
gli spiriti.
Parina non lasciava mai il suo eremo, se non in alcune notti, quando
il vento trasportava fino a lei i rintocchi della campana sommersa (vedi
articolo sulla chiesa sommersa di Lenno ), poichè questo fenomeno annunciava la morte di qualcuno, giù a valle.
Un giorno, il Tribunale del Sant'Uffizio fu informato della condotta
di Parina, e iniziò a darle la caccia. Tuttavia la donna riuscì a
scappare, facendo sparire completamente le proprie tracce.
Il nome della donna resta vivo tra i ricordi e le tradizioni del
luogo, tuttavia non è stato possibile trovarne altre tracce. E' molto
probabile che il nome di questa donna derivi da quello del suo luogo
d'origine, come ai tempi era usanza, la Val Parina. E del resto, nei
luoghi della bergamasca, secondo la leggenda, le streghe erano di casa:
ne è testimone la presenza di posti come il Roccolo delle Streghe,
posizionato sopra ad Azzone.
©Monica Taddia
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