Negli ultimi anni, specialmente ad opera
di studiosi anglosassoni, è venuto a formarsi un proficuo filone di
studi incentrati su quella che gli addetti ai lavori chiamano ‘L’Antica
Religione’, cioè un corpus di riti e scongiuri che unirebbe usanze e
superstizioni dell’Italia pre-romana , elementi mitologici e la
stregoneria delle campagne commista a tradizioni magico religiose che la
chiesa ha mal tollerato nel corso dei secoli. Questo strambo insieme
cultuale costituirebbe l’antica arte della stregheria italiana o
‘striaria’. Detto filone di studi ha trovato il suo iniziatore e
propugnatore nella ficura di Charles Geodfrey Leland, studioso di scuola
anglosassone che era affascinato dal folklore dell’Italia centrale che
egli vedeva influenzato finanche dalla vetusta e ormai dimenticata
religione etrusca.
Leland concentrò le sue ricerche in quell’area
dell’Italia che egli chiamò ‘Romagna – Toscana), cioè l’appennino tosco
romagnolo. Risultato di questo interesse fu la pubblicazione, tra gli
altri, di due importanti studi sugli argomenti appena citati: nel 1896, Aradia, or the Gospel of the witches, (Londra, D. Nutt) ed Etruscan-Roman remains in popular tradition (Londra, T. Fisher Unwin,1892),
Con l’aiuto di una strega, una certa
Maddalena, egli venne in contatto con i riti praticati nelle nostre
campagne che, d’altra parte, trovano tanti punti di contatto e
similitudini con le tradizioni agrario-pastorali di molte aree
meridionali. L’opera più importante di questo studioso, il ‘Vangelo
delle streghe’ (o di Aradia) narra di come la figlia della dea Diana,
Aradia, nata dall’incestuoso amore della madre verso suo fratello
Lucifero, fosse scesa sulla terra per donare la sua arcaica saggezza
agli umani che l’avrebbero venerata. Essa, conosciuta anche con
l’appellativo di ‘bella pellegrina’ sarebbe divenuta la madre di tutti
gli spiriti fatati della foresta e in particolare di quell’area della
‘selva italica’ che dalla bassa Romagna, attraverso l’appennino, si
estendeva sino alle contrade beneventane, nei pressi del mitico albero
delle streghe, il ‘Noce di Benevento’, così tristemente famoso nei
processi per stregoneria.
I riti, le invocazioni e gli scongiuri
delle streghe romagnole e toscane contenuti nel Vangelo delle streghe
fornirono in seguito la base per la nascita di confraternite iniziatiche
a carattere magico esoterico e negli ultimi tempi hanno avuta eco anche
tra i praticanti la Wicca. Ma tutto ciò non sarebbe stato possibile se
la Romagna non avesse mantenuto quasi inalterato nel tempo quegli
elementi fiabeschi e meravigliosi tipici del suo folklore contadino,
dalle campagne del riminese sino alla provincia toscana. Ma come ben si
sa la storia della stregoneria, anche di quella romagnola, è intrisa del
sangue delle donne che furono giustiziate, tra le quali ricordiamo una
certa ‘Vaccarina’, giustiziata nel 1587 e di Francesca Medi, una donna
di Rimini, accusata di aver compiuto un rito in seguito al quale era
apparso il demonio sotto forma di caprone, accusa per la quale fu
giudicata e giustiziata a Cesena, diciotto anni dopo il rogo di
Vaccarina.
Ma tutto l’entroterra romagnolo è
caratterizzato da una ricca tradizione fiabesco-mitologica e stregonica,
una tradizione che non smette mai di sorprenderci per la sua vitalità e
ricchezza.
© Iris Dark
Immagine: Musa della notte -Luis Ricardo Falero
Immagine: Musa della notte -Luis Ricardo Falero
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