lunedì 25 marzo 2013

La Romagna nella tradizione della ‘Antica Religione’ in Italia

Negli ultimi anni, specialmente ad opera di studiosi anglosassoni, è venuto a formarsi un proficuo filone di studi incentrati su quella che gli addetti ai lavori chiamano ‘L’Antica Religione’, cioè un corpus di riti e scongiuri che unirebbe usanze e superstizioni dell’Italia pre-romana , elementi mitologici e la stregoneria delle campagne commista a tradizioni magico religiose che la chiesa ha mal tollerato nel corso dei secoli. Questo strambo insieme cultuale costituirebbe l’antica arte della stregheria italiana o ‘striaria’. Detto filone di studi ha trovato il suo iniziatore e propugnatore nella ficura di Charles Geodfrey Leland, studioso di scuola anglosassone che era affascinato dal folklore dell’Italia centrale che egli vedeva influenzato finanche dalla vetusta e ormai dimenticata religione etrusca.
Leland concentrò le sue ricerche in quell’area dell’Italia che egli chiamò ‘Romagna – Toscana), cioè l’appennino tosco romagnolo. Risultato di questo interesse fu la pubblicazione, tra gli altri, di due importanti studi sugli argomenti appena citati: nel 1896, Aradia, or the Gospel of the witches, (Londra, D. Nutt) ed Etruscan-Roman remains in popular tradition (Londra, T. Fisher Unwin,1892),
Con l’aiuto di una strega, una certa Maddalena, egli venne in contatto con i riti praticati nelle nostre campagne che, d’altra parte, trovano tanti punti di contatto e similitudini con le tradizioni agrario-pastorali di molte aree meridionali. L’opera più importante di questo studioso, il ‘Vangelo delle streghe’ (o di Aradia) narra di come la figlia della dea Diana, Aradia, nata dall’incestuoso amore della madre verso suo fratello Lucifero, fosse scesa sulla terra per donare la sua arcaica saggezza agli umani che l’avrebbero venerata. Essa, conosciuta anche con l’appellativo di ‘bella pellegrina’ sarebbe divenuta la madre di tutti gli spiriti fatati della foresta e in particolare di quell’area della ‘selva italica’ che dalla bassa Romagna, attraverso l’appennino, si estendeva sino alle contrade beneventane, nei pressi del mitico albero delle streghe, il ‘Noce di Benevento’, così tristemente famoso nei processi per stregoneria.
I riti, le invocazioni e gli scongiuri delle streghe romagnole e toscane contenuti nel Vangelo delle streghe fornirono in seguito la base per la nascita di confraternite iniziatiche a carattere magico esoterico e negli ultimi tempi hanno avuta eco anche tra i praticanti la Wicca. Ma tutto ciò non sarebbe stato possibile se la Romagna non avesse mantenuto quasi inalterato nel tempo quegli elementi fiabeschi e meravigliosi tipici del suo folklore contadino, dalle campagne del riminese sino alla provincia toscana. Ma come ben si sa la storia della stregoneria, anche di quella romagnola, è intrisa del sangue delle donne che furono giustiziate, tra le quali ricordiamo una certa ‘Vaccarina’, giustiziata nel 1587 e di Francesca Medi, una donna di Rimini, accusata di aver compiuto un rito in seguito al quale era apparso il demonio sotto forma di caprone, accusa per la quale fu giudicata e giustiziata a Cesena, diciotto anni dopo il rogo di Vaccarina.
Ma tutto l’entroterra romagnolo è caratterizzato da una ricca tradizione fiabesco-mitologica e stregonica, una tradizione che non smette mai di sorprenderci per la sua vitalità e ricchezza.

© Iris Dark
Immagine: Musa della notte -Luis Ricardo Falero 

Nessun commento:

Posta un commento