La storia che cancella la storia

Il paradossale conflitto tra storia e Storiografia.
Chi potrebbe mai convincere un pompiere a chiudere gli occhi davanti ad un incendio? Chi potrebbe mai pretendere da un sacerdote, che non accetti l’omicidio, come peccato mortale? Credo nessuno. Ma paradossalmente, è proprio questo, che oggi la storiografia chiede ai tantissimi archeologi, disseminati come operose formiche a lavoro, nei siti di tutto il mondo.

La straordinaria e perfetta sovrapposizione della Cintura di Orione e delle Piramidi di Gizah.


Andare contro la loro innata passione di rivelare al mondo la verità sulle civiltà che, in passato, hanno calpestato la stessa terra, che oggi calpestiamo noi. In che modo?
Da che esiste, la scienza, tende a concentrarsi più sulle teorie che sui fatti, dai fatti nasce una teoria che li spiega. Fatti nuovi che potrebbero cambiare la teoria vengono invece messi da parte, e impropriamente chiamati “anomalie”, ovvero prove che non collimano.

Tali prove fioriscono innumerevoli in tutti i siti archeologici, tra i quali quello di Gizah in Egitto, oppure Tiwanaku in Bolivia, senza dimenticare Teotihuacan in Messico. Ciascuno dei precedenti casi meriterebbe un articolo a se, se si considera l’enorme quantità di materiale che oggi abbiamo a disposizione. Comune denominatore delle “anomalie” riscontrate, sembra essere l’esistenza di una civiltà arcaica, in possesso di conoscenze impensabili in tutti i campi del sapere, capace di osservare e studiare il cielo, costruire, utilizzando altissima precisione di calcolo, complesse opere architettoniche e soprattutto navigare gli oceani toccando tutte le coste emerse del pianeta. Infatti ne sono la prova innumerevoli ritrovamenti di oggetti simili in luoghi opposti del pianeta datati, però tutti nello stesso periodo storico… 300.000 anni fa.

Messico 1966 Jean Steel MackIntyre, archeologa di fama mondiale, lavorava in un progetto sul popolamento e sulla civilizzazione della terra. Dopo l’inaspettato ritrovamento di utensili in metallo ed addirittura in ceramica, ne richiese la datazione scientifica. Ne risultò che i reperti archeologici trovati in Messico, risalivano a 250.000 anni prima. In quegli anni, gli storici, avevano ufficializzato la comparsa delle prime civiltà circa 30.000 anni prima. I risultati vennero resi pubblici, ma cosa strana, il sito fu immediatamente chiuso e tutti i permessi per ulteriori indagini negati definitivamente. Anni dopo si scoprono in Siberia tracce di presenza umana risalenti a 300.000 anni fa dando credito alle parole dell’archeologa.

Eppure, non tutti sanno, che il solo elemento ricorrente in tutte le tradizioni religiose presenti e passate, è appunto, un evento catastrofico legato all’alluvione. Lo troviamo nella Bibbia come “diluvio universale”, nel Corano, nell’Islam, nelle traduzioni di testi Maya, ed addirittura in scritti del filosofo Platone. Ma c’è veramente stato qualcosa di simile ad un inondazione? E se è così c’era una civiltà madre di tutte le altre? Dico una civiltà e non Atlantide, perché ogni volta che si pronuncia la parola Atlantide ogni scienziato dice <<Oh No!>> e smette di ascoltare. Il concetto di un’alluvione universale travalica la rispettabilità intellettuale. Ma quanto è imparziale la storiografia in se? Fa davvero quel che sostiene di fare? Raccogliere elementi e fatti ed iniziare da li a tracciare la linea della Storia…

L’opera “Archeologia proibita” - di Cremo e Thompson - descrive cosa accade alle prove che infrangono la regola: nella scienza della storiografia le prove che non collimano con il paradigma accettato tendono ad essere eliminate e letteralmente riseppellite.
Non esiste una cospirazione da parte di qualsivoglia organizzazione ai fini di ingannare la gente, è semplicemente un processo automatico che si manifesta nella comunità scientifica, detto “filtro cognitivo”, che tende a non ufficializzare le prove che rientrano nella categoria delle suddette anomalie, ma in tal modo la scienza, purtroppo, non progredisce in maniera auspicabile.
In seguito a tale tendenza si sta diffondendo sempre più una nuova categoria di studiosi che analizzano e cercano di portare alla luce gli elementi che la storiografie esclude e spesso deride…gli archeologi “moderni”.

Giuseppe Di Stadio

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