tag:blogger.com,1999:blog-13961271776451649452024-03-19T13:43:31.386+01:00Italia ParallelaMisteri, leggende, storia e folklore in ItaliaDark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.comBlogger225125tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-14756508661353785662023-08-11T16:23:00.003+02:002023-08-11T16:23:51.648+02:00I misteri del castello di Torre Alfina<p style="text-align: justify;">Agosto è per molti sinonimo di vacanze: c'è chi ama la montagna, chi ama il mare, chi decide di trascorrere il suo tempo libero in campagna o al lago... E poi c'è chi preferisce un fresco brivido di mistero!</p><p style="text-align: justify;">Se siete a caccia di alberghi infestati non potete assolutamente perdervi il castello di Torre Alfina, frazione del borgo di Acquapendente, in provincia di Viterbo. I posti sono limitati e, solitamente, riservati ad eventi speciali (matrimoni, eventi culturali, ecc.) quindi scegliete la giusta occasione!</p><p style="text-align: justify;">Costruito nel VIII secolo dai Longobardi, vanta tra i suoi illustri proprietari i Monaldeschi di Orvieto, il Marchese Bourbon del Monte e i Cahen del Belgio, questi ultimi fautori della completa ristrutturazione della dimora così come la vediamo ai giorni nostri.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhVaBCwlNXGKsJjUIk-FHwJge986n4JcbSjmiH6ETO98lgqMYTfrKPqD4Ot3EKSPYIrgAqJ6jXIjQu5kMn2Sx242Ljbm3iND0D1ULbIkR9MH3MT0xgdWW_MThuvpHHr-h4H2MHT4XIcD6BDMpTNxE3ulP44YXtt18JZK3GVRmeCKQeRTR8ZQ3Pp9OFsy7eE/s1280/castello.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="850" data-original-width="1280" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhVaBCwlNXGKsJjUIk-FHwJge986n4JcbSjmiH6ETO98lgqMYTfrKPqD4Ot3EKSPYIrgAqJ6jXIjQu5kMn2Sx242Ljbm3iND0D1ULbIkR9MH3MT0xgdWW_MThuvpHHr-h4H2MHT4XIcD6BDMpTNxE3ulP44YXtt18JZK3GVRmeCKQeRTR8ZQ3Pp9OFsy7eE/s320/castello.jpg" width="320" /></a></div><p style="text-align: justify;">Impreziosito da sale riccamente decorate, circondato da uno splendido prato all'inglese e a pochi passi dal Bosco del Sasseto, pare proprio uscito da una fiaba! Cosa potrebbe mai andare storto in un luogo simile? I medesimi pensieri se li sarà fatti anche quella copia di giovani sposi che, non troppo tempo fa, è stata testimone di un fatto curioso. "Proprio mentre un membro dello staff si accingeva ad aprire la porta della stanza a loro destinata, un presepe con una pesantissima campana in vetro sopra si è mosso di circa 20 centimetri cadendo rovinosamente a terra." (La Repubblica, 23-05-2022)</p><p style="text-align: justify;">Non si tratta di un evento isolato: già da tempo si parla di due presenze che di umano hanno solamente le forme: una dama misteriosa, avvistata sulla scalinata principale e nei pressi di una statua posta al pian terreno, ed un certo Generoso, considerato l'attrazione principale del brogo sebbene nessuno lo abbia mai effettivamente visto in volto... O quel che ne rimane, insomma.</p><p style="text-align: justify;">In paese lo chiamano anche Castello delle Streghe: come per magia, infatti, da qualsiasi puinto del borgo lo si voglia guardare, la torre resta sempre ben visibile. </p><p style="text-align: justify;">I misteri, però, non finiscono qui. Una mattina dell'autunno del 2021 sono state rinvenute orme sconosciute a partire dall'esterno del prato fino al raggiungemnto della parte centrale dello stesso. Per ben sette mesi in quei punti non è cresciuto nulla, e solo in un secondo momento ha iniziato ad apparire del muschio. </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg60irTFT-bt5BBSJDx77-HSn4F8eKgYtkjWoIKOEEvOn1Tn77jOdXXcPF8qadKELzpTDHAzOhx5tH_n2IvivwAd6Lvi10hi3dCKIhrQLN2iOzQzJekpY7pl4TMKkKSHxERbYkKp2bG5X80iXO7df4cYlDxusfu3q0szvOJJMllcrL6g8nIYfAaiZiT-FEK/s843/orme.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="843" data-original-width="843" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg60irTFT-bt5BBSJDx77-HSn4F8eKgYtkjWoIKOEEvOn1Tn77jOdXXcPF8qadKELzpTDHAzOhx5tH_n2IvivwAd6Lvi10hi3dCKIhrQLN2iOzQzJekpY7pl4TMKkKSHxERbYkKp2bG5X80iXO7df4cYlDxusfu3q0szvOJJMllcrL6g8nIYfAaiZiT-FEK/s320/orme.jpg" width="320" /></a></div><br /><p style="text-align: justify;">Sale grosso, pesticidi, candeggina: di ipotesi ne son state fatte a bizzeffe ed è stato "scomodato" addirittura un gruppo di ghost hunters di Roma che non è venuto a capo del mistero ma ha scoperto qualcos'altro di molto interessante: grazie ad una termocamera è stata fotografata un'alterazione termica su un'antica sedia, come se qualcuno vi fosse stato seduto sopra di recente. Appurato che non è il materiale ad emettere calore e che nessuno si era ancora avvicinato allo scranno, l'anomalia è decisamente curiosa. </p><p style="text-align: justify;">Non mancano le storie legate al circostante <a href="https://www.youtube.com/watch?v=2eWjqS-Hwr0" target="_blank">Bosco del Sasseto</a>. Le leggende locali narrano di un licantropo che vi si rifugiava nottetempo per abbeverarsi alla sorgente. Approfittando dell'aspetto fiabesco del bosco, il regista Matteo Garrone ha girato proprio al suo interno parte del film "Il racconto dei racconti", ispirato al celebre "Lo cunto de li cunti" di Basile. </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjcwW9ZavAFRjpmSPHGrsj32Y36daCZqwrfblOBjsj8sMJ1z3L3o_G0fFYNs2RHcGh__UfHKo8NUZPTwT_PpGMjzLzeZsrocLu_84GaG3l4_qOTS8XeaKKnAnq8LJXsL4Cz-vA3XwHPSwtBsNO81-ukRuIZVllxNgk8KVDazBdm0mOJhJ7SN7k09zK7Seb_/s843/bosco.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="843" data-original-width="843" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjcwW9ZavAFRjpmSPHGrsj32Y36daCZqwrfblOBjsj8sMJ1z3L3o_G0fFYNs2RHcGh__UfHKo8NUZPTwT_PpGMjzLzeZsrocLu_84GaG3l4_qOTS8XeaKKnAnq8LJXsL4Cz-vA3XwHPSwtBsNO81-ukRuIZVllxNgk8KVDazBdm0mOJhJ7SN7k09zK7Seb_/s320/bosco.jpg" width="320" /></a></div><p style="text-align: justify;">Questa particolare formazione del bosco è dovuta alla presenza di rocce vulcaniche ricoperte da muschi centenari e a varie specie di piante che, solitamente, hanno dimora in luoghi e climi differenti come ad esempio il carpino nero e il leccio.</p><p style="text-align: justify;">Il Marchese Edoardo Cahen scelse il bosco come sua ultima dimora: fece infatti costruire al suo interno un mausoleo nel quale ebbe il desiderio di far seppellire le sue spoglie. Il suo riposo venne purtroppo disturbato nel 2011 quando il sarcofago fu depredato. Qualcuno dice che sulla famiglia Cahen gravi una maledizione e che tale episodio ne sia una triste parte. </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjJZrPyq-oAr5hfb_jhxG3z-g3sfqiPuNrj4S3uZpo76q6EUtm705DrDy-vPlkS0Bz-se_aaMbjvRvVI1ao-dvp9HTsV6Cmm2Qhk_jZk0a_gB3NmCZF3TN_NSeBR4Rz0aWAixitXOgcduAkry9stK5bsqp8ekLXlyLfkCMiSR4iphhZ7uFzINBz9Wa3QeIB/s1280/mausoleo.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="893" data-original-width="1280" height="223" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjJZrPyq-oAr5hfb_jhxG3z-g3sfqiPuNrj4S3uZpo76q6EUtm705DrDy-vPlkS0Bz-se_aaMbjvRvVI1ao-dvp9HTsV6Cmm2Qhk_jZk0a_gB3NmCZF3TN_NSeBR4Rz0aWAixitXOgcduAkry9stK5bsqp8ekLXlyLfkCMiSR4iphhZ7uFzINBz9Wa3QeIB/s320/mausoleo.jpg" width="320" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><b style="text-align: justify;"><br /></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><b style="text-align: justify;">© Monica Taddia</b></div><p style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-small;"><i>Tutte le fotografie sono state tratte dalla pagina Facebook e dal sito <a href="https://www.castellotorrealfina.it/">https://www.castellotorrealfina.it/</a></i></span></p>Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com14tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-84125837876677495752023-03-14T10:00:00.001+01:002023-03-14T10:00:16.408+01:00Nel Canale d'Incarojo<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCKR09fcZ-Jtg8gB7VlU4FL2HuFHEbM5IO0rOs59gPMsxHzGjlDLXMFpU9VCIiiKO6j1dfRknX2-jgc-xDVnWdLmxmoGx--tTgFFvFy6M1ov8d9NOmdpoE5GiPLMn4AXpITkvuyrLrLNx_JKMc6zs26nTyaTb5lclYPAy00eznhIKXRpmYQx3X7BEbwQ/s400/324.png" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="224" data-original-width="400" height="179" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCKR09fcZ-Jtg8gB7VlU4FL2HuFHEbM5IO0rOs59gPMsxHzGjlDLXMFpU9VCIiiKO6j1dfRknX2-jgc-xDVnWdLmxmoGx--tTgFFvFy6M1ov8d9NOmdpoE5GiPLMn4AXpITkvuyrLrLNx_JKMc6zs26nTyaTb5lclYPAy00eznhIKXRpmYQx3X7BEbwQ/s320/324.png" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: x-small;"><i>foto tratta da https://www.turismofvg.it/</i></span></td></tr></tbody></table><p style="text-align: justify;"><i>Piccola premessa; la Val d'Incarojo, detta anche Canal d'Icarojo si trova in Friuli e, più precisamente, in Carnia. Questo brano, tratto da "Pagine friulane" n. 6 del 1893, testimonia la presenza già da allora di alcune leggende locali. </i></p><p></p><p style="text-align: justify;">1. Pochissime sono le gesta dei Nani che si raccontano; e quelle poche suonano così: </p><p style="text-align: justify;">Uomini e donne della nostra razza, li rubavano, e li custodivano in casa sotto una gerla, e quando i Nani vedevano qualche lavoro fatto dai nostri, come, per esempio, accendere il fuoco nel forno per cuocere il pane, esclamavano: <i>Soi von e bisavon, att e bisalt, e mai no hai viodùd un tal att.</i> </p><p style="text-align: justify;">2. Li rubavano talvolta anche per metterlì entro una piccola fossa nel terreno, e poi li coprivano con piccole pietre maneggiabili da una sola nostra mano, ed i Nani si chiamavano tutti per alzare la pietra e porre in libertà i loro compadri; ma tante volte, ad onta d’essersi chiamati in massa, non ci riuscivano, e per conseguenza, quelli nel fosso dovevano morire. </p><p style="text-align: justify;">3. Si racconta esservi stati dei possidenti di vacche, che non potevano mai fare il burro quantunque avessero sbattuto la panna per più ore, e questo inconveniente si attribuiva a streghe. Si presentò persona durante questo sbattimento, ed ordinato da essa che si sbattesse di nuovo, il burro venne subito, coll’applicare soltanto un bollo a fuoco nel fondo del martello colle iniziali I H N.</p><p style="text-align: justify;">4. Si racconta che una donna volle scommettere di far una visita a mezzanotte al cimitero di Paularo e per far credere che ci andava, promise di porre sulla tomba d'un tizio un fûs <span style="font-size: x-small;"><i>(fuso ndr)</i></span>: ma, nel mentre lo impiantava nella terra, vi restò preso anche il grembiale. Veduta e sentita la resistenza che le faceva il grembiale, ella si sforzò di liberarsene; ma non fu caso, per cui nell’indomani la trovarono morta. Dicono che non si deve mai scommettere per visitare que’ luoghi di notte.</p><p style="text-align: justify;">5. Quando una vacca non ha latte, oppure le manca tutto ad un tratto, arguiscono a stregamenti, ancora al giorno d'oggi; e nella speranza che giovi, fanno andare un prete due o tre volte a benedire la mucca.</p><p style="text-align: justify;">6. Una puerpera non la si lasciava uscire di casa fino a tanto che non fosse stata a ricevere una benedizione in chiesa, per paura di streghe; e quando andava per la prima volta in chiesa, non si permetteva che andasse sola, ma doveva essere accompagnata da una donna, e questa per consuetudine era la mammana<i>*</i>. </p><p style="text-align: justify;">7. Quando un individuo si perdeva di strada in luoghi che conosceva benissimo, doveva essere stato il demonio che gli aveva tolto il senno e la mente, e che cercava in questo modo di far perire lo smarrito in qualche abisso per averne l’anima.</p><p style="text-align: justify;">8. Si racconta essere stato un cacciatore a Salino che, quando voleva uccidere un camoscio, si metteva in una posizione di fronte al Serniò e lì, fischiando in un modo suo particolare, venivano i camosci in frotte, a tiro di fucile.</p><p style="text-align: justify;">9. Viene detto anche che il sopracitato cacciatore, quando arrivava a prendere in mano un fucile di un altro cacciatore. anche suo compagno, mai più con quel fucile si poteva uccidere selvaggina, senza che il primo avesse di nuovo preso in mano l’arme o ne avesse distrutto lo stregamento fatto.</p><p style="text-align: justify;">10. Si racconta che la sera dei Santi per andare al giorno dei defunti, tutti i morti di questo paese vanno in processione alla Pieve di S. Floriano, perchè anticamente colà si sotterravano i morti del Canal d'Incarojo. Molti vecchi raccontano d'incontri fatti con la rocessione dei trapassati, e di persone morte di spavento in seguito a tale incontro.</p><p style="text-align: justify;">11, Venne constatato che in una Malga dominava un’epizozia e per liberarsene, suggerito, che il primo animale da introdurre nella Malga fosse un asino; se questo moriva sì poteva benissimo far ingresso con gli animali bovini, essendo con la morte del somaro cessato ogni dubbio di epizoozia.</p><p style="text-align: justify;">12. A proposito di peste bovina, venne anche detto che in questa Malga, la sera prima che morisse una vacca, i cani latravano per un'ora circa e stavano sempre vicini alla cascina, per difenderla dalle streghe, o dai demonj. Per l’abbajare dei cani quindi i pastori preconizzavano, che una o più vacche nel domani si sarebbero trovate morte.</p><p style="text-align: justify;">13. Si racconta che anticamente nessuno passava di notte per certe contrade strette del paese, perchè in queste era la riunione delle streghe, e che individui azzardosi vollero far la prova di passare: senonchè, poi, tutta la notte dovettero girare il paese in preda a spasimi, senza mai poter trovare la propria abitazione, e venuto il giorno dovette accorrere il prete, per liberare que’ malcapitati da continue convulsioni che li portavano fuori dei sensi. Liberati, non si ricordavano nemmeno più di essere stati tormentati.</p><p style="text-align: justify;">Vi sono poi a centinaja di quelli che narrano aver veduti i morti tanto di notte che di giorno, e tanto entro che fuori dalle proprie dimore.</p><p style="text-align: justify;"><i><span style="font-size: x-small;">(*) Qualcosa di simile perdura a Udine, città. Le puerpere vanno sempre alla prima messa dopo il parto accompagnate — da una parente, per solito — e questa deve attingere per esse l'acqua santa e da' l'aghe alla fortunata ch'é da poro divenuta madre, Certo, la costumanza riannodasi a funzioni religiose antichissime. Anche.a Udine, la prima volta che una puerpera esce di casa, sì è per recarsì alla messa.</span></i></p><p><br /></p>Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com15tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-12069445503115760322022-01-10T02:29:00.000+01:002022-01-10T02:29:11.847+01:00Il ghiacciaio del Felik - leggenda valdostana <p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://sp-images.summitpost.org/394132.jpg?auto=format&fit=max&h=800&ixlib=php-2.1.1&q=35&s=07041807d40b2d7c7b2ea6058293b6c8" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="528" data-original-width="800" height="211" src="https://sp-images.summitpost.org/394132.jpg?auto=format&fit=max&h=800&ixlib=php-2.1.1&q=35&s=07041807d40b2d7c7b2ea6058293b6c8" width="320" /></a></div>C'è stato un tempo, tanti e tanti anni fa, in cui nel mondo tutti facevano a gara a essere buoni: i bambini ubbidivano sempre ai loro genitori; i papà e le mamme volevano sempre molto bene ai propri figli. Non c'erano né ricchi né poveri, né belli né brutti e ognuno viveva felice e contento. Era sempre estate, la gente non sapeva cosa fosse il freddo e il gelo. Allora, sul Monte Rosa, c'era un grazioso villaggio, Felik, dove chi vi abitava non soltanto era buono ma non invecchiava mai. E lo sapete il perchè?<p></p><p style="text-align: justify;">Tutto era cominciato molto tempo prima. Un giorno, infatti, gli abitanti di Felik avevano scoperto una bambina sul fondo di un crepaccio del Monte Rosa. Era ferita e svenuta. "Poverina!", avevano esclamato e non avevano esitato un attimo a calarsi nello stretto e profondo crepaccio e, dopo tanti tentativi, riuscirono a salvarla. Per giorni e giorni, tutta la gente di Felik l'aveva curata con grande affetto e quando, finalmente, la bambina tornò a sorridere fecero una grande festa. </p><p style="text-align: justify;">"Come ti chiami? Dove vive la tua mamma?" erano state le domande che le avevano fatto appena lei aveva riaperto i bellissimi occhi scuri. Ed era stato così che tutti, con grande meraviglia, avevano scoperto di trovarsi di fronte a una fata.</p><p style="text-align: justify;">Già, Bianca - questo era il suo nome - era proprio una fata. Si era trasformata in bambina, si era fatta trovare svenuta e ferita in fondo al crepaccio per mettere alla prova gli abitanti di Felik, il villaggio sul Monte Rosa. E, dopo aver scoperto quanto fosse buona quella gente, aveva voluto fare a tutti un regalo. </p><p style="text-align: justify;">"Voi vivrete in eterno", aveva detto Bianca alzando una mano al cielo, "non invecchierete mai. Questo è il mio premio, ve lo siete meritato... ma, attenti, vi pongo una condizione: dovete sempre essere buoni come ora. Altrimenti, tutto finirà e si abbatterà su di voi un terribile flagello".</p><p style="text-align: justify;">A tutto ci si abitua. Anche agli incantesimi delle fate. Era così accaduto che, dopo tanti e tanti anni da quando Bianca aveva pronunciato quelle parole, gli abitanti di Felik avevano cominciato a cambiare. Era accaduto che erano diventati un po' sospettosi, egoisti, invidiosi gli uni degli altri. Insomma, nel villaggio non c'era più l'atmosfera gioiosa di un tempo e ogni giorno ciascuno si scopriva meno buono di quello precedente. </p><p style="text-align: justify;">Bianca decise allora di mettere ancora alla prova gli abitanti di Felik. Trasformatasi in un vecchietto stanco e affamato, la fata tornò al villaggio. Per un giorno intero bussò alla porta di tutte le case chiedendo un po' di cibo e un letto per riposare. Ma tutti la respinsero. Nessuno le dette aiuto. E quando la gente di Felik scoprì che il vecchietto era la fata era ormai troppo tardi. </p><p style="text-align: justify;">"Ve l'avevo detto", tuonò Bianca. "Non avete mantenuto la promessa. Subirete il mio castigo". </p><p style="text-align: justify;">Aveva appena pronunciato queste parole che dal cielo cominciò a cadere la neve. Nevicò per giorni e giorni e, alla fine, del villaggio non c'era più traccia. Al suo posto, c'era ormai soltanto il manto gelido e lucente di un grande ghiacciaio: il ghiacciaio del Felik sul Monte Rosa. </p><p style="text-align: justify;">E gli abitanti del villaggio? Sono tutti vivi, là sotto. Narra la leggenda che soltanto quando i loro cuori torneranno a essere riscaldati dalla bontà il ghiacciaio del Felik tornerà a essere un ridente villaggio d'alta montagna.</p><p style="text-align: justify;"><i>Luciano Simonelli (Corriere dei Piccoli n.34 - 1981)</i></p>Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com22tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-39317964357545291362022-01-06T22:09:00.001+01:002022-01-06T22:09:27.807+01:00Intervista a Bellard Richmont<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEitoE0H8ODumTwsZO9e9Ktw3vni0Mg6WBUkLIV3x0mZRTsY7P-q_3Fd6vTLIY178hmXMSDcDYL5aiIbOvWMs2FSLMaOdODDf3Papa47RzDiRfMTP48cGvSJCFr02wvPm5GQtpnsF8WQsxzX38X4YX8rPWEuE8As5ExV3ndJeyxaVzw2kZSqkauyTWrsZA=s1587" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1587" data-original-width="1078" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEitoE0H8ODumTwsZO9e9Ktw3vni0Mg6WBUkLIV3x0mZRTsY7P-q_3Fd6vTLIY178hmXMSDcDYL5aiIbOvWMs2FSLMaOdODDf3Papa47RzDiRfMTP48cGvSJCFr02wvPm5GQtpnsF8WQsxzX38X4YX8rPWEuE8As5ExV3ndJeyxaVzw2kZSqkauyTWrsZA=s320" width="217" /></a></div><b>Bellard Richmont</b><b> è una delle "nuove leve" della letteratura fantasy italiana. Autore di racconti e romanzi tra le cui pagine spiccano il suo lato dark ed una profonda curiosità verso tutto ciò che è misterioso, si è prestato volentieri (<span style="font-size: xx-small;">sotto minaccia della sottoscritta</span>) all'intervista inaugurale del 2022. E sono certa che gli porterà anche fortuna.</b></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div><div style="text-align: justify;"><b>1) Che rapporto hai con il lato "misterioso" delle cose? Credi in fantasmi, fate, folletti, vampiri, pomodori assassini?</b></div><div><div style="text-align: justify;">Il mistero e il paranormale sono sempre presenti nelle mie storie, perché ne sono affascinato. Sono di natura, però, molto scettico; sento ci sia "qualcosa" che per noi sarà sempre incomprensibile. Qualcosa oltre, perciò sì... e no.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>2) Raccontaci una leggenda legata al luogo in cui vivi.</b></div><div style="text-align: justify;">- Sono di Garbagnate Milanese, lì vicino c'è un luogo antico: villa Arconati, e pare ci viva un elfo. Almeno le voci del passato raccontano la storia di una creatura che nel parco della villa si mostri a chi ha bisogno per realizzare i desideri.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>3) Hai mai avuto a che fare con esperienze inspiegabili? Avvistamenti UFO, fantasmi...?</b></div><div style="text-align: justify;">- Se le paralisi notturne, in cui figure oscure mi osservavano, valgono, allora ne ho avute molte.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>4) Ma secondo te gli alieni esistono o sono solo una trovata pubblicitaria per vendere più gadget dell'Area 51?</b></div><div style="text-align: justify;">- Credo che ritenerci unici in un universo così vasto sia da stupidi. Ma non credo a nulla che non sia mia testimonianza diretta in questi ambiti.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>5) Per il nostro blog "<a href="https://thelastwave.altervista.org/rita-la-janara/" target="_blank">The Last Wave</a>" avevi scritto un racconto in cui accenni alla figura delle Janare. Pensi di aver mai incontrato una vera strega? (Allusioni alle ex morose non sono ammesse NdR)</b></div><div style="text-align: justify;">- Purtroppo non ho mai incontrato streghe o stregoni, mi spiace. In più hai escluso le mie ex, quindi non mi resta che dirti di no.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>6) Letture e audio letture: preferisci leggere, ascoltare o entrambi? Non pensi che il grande successo degli audiolibri possa essere dovuto in parte anche al ricordo che abbiamo dei nostri cari che, quando eravamo piccoli, ci leggevano i nostri racconti preferiti? O forse, meno prosaicamente, è che la gente ha sempre meno tempo da dedicare alla lettura?</b></div><div style="text-align: justify;">- Non ho mai ascoltato un libro e nessuno da piccolo mi ha mai raccontato o letto storie, però sono curioso. Non credo sia una questione di tempo o di impegni, penso invece si tratti di un'alternativa meno impegnativa a livello mentale, e il XXI Secolo è l'era delle comodità. Ben venga se tutto ciò genera nuovi lettori.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>7) Un'ultima domanda prima di salutarci. Quale libro fantasy avresti voluto e potuto scrivere tu?</b></div><div style="text-align: justify;">- Avrei voluto scrivere Le cronache del Ghiaccio e del Fuoco. Avrei potuto scriverlo io? Sì, ma sarebbe stato ancora più disilluso e violento, probabilmente.</div></div></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b>Ringraziando Bellard per la sua disponibilità, vi ricordo che a breve uscirà il suo nuovo racconto "Il cavaliere senza Corpo". Trovate tutti gli aggiornamenti sulla sua pagina Instagram <a href="https://www.instagram.com/bellard_richmont_scrive_cose/" target="_blank">@bellard_richmont-scrive-cose</a>.</b></div>Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-87852736628069342922021-11-18T21:03:00.005+01:002021-11-18T21:39:21.095+01:00Una chiacchierata sugli alberghi infestati di Firenze<p style="text-align: justify;"> E' giunto il momento di riprendere a rimpolpare un pochino il blog!</p><p style="text-align: justify;">Quale occasione migliore se non questa? Ieri sera il mio fratellone Tommy (in arte Nector!) è stato intervistato dalla bravissima e simpaticissima Rosy del canale "Chiacchiere ed audiolibri di Rosanna Lia" per raccontare qualche aneddoto sugli alberghi infestati di Firenze... Oltre che a qualche curiosità riguardante la Firenze misteriosa. </p><p style="text-align: justify;">Anche io sono stata testimone di alcuni accadimenti misteriosi legati ad una delle strutture alberghiere di cui parla Tommy all'interno di questa chiacchierata. Più precisamente ho trascorso una nottata a dormire nella hall del suddetto albergo con la speranza di vedere o sentire qualcosa... Durante la serata ho scattato alcunee fotografie all'interno della struttura (si tratta di un luogo di notevole importanza artistica e storica) e, a una certa ora, munita di piumone gentilmente offerto dal fratellone, mi sono addormentata su uno dei divani della sala. Ironia della sorte vuole che quella notte sia scoppiato un fortissimo temporale: qualsiasi rumore avessi sentito avrei potuto imputarlo al maltempo. Mi sono svegliata alcune volte nel corso della nottata - mi capita spesso quando non dormo nel mio letto! - e tendevo l'orecchio sperando di sentire qualche cosa di interessante ma... Niente. Solo un cane che abbaiava. Il mattino dopo ho scoperto che nessuno degli ospiti aveva con sé un cane.. Oltretutto trattandosi di un posto nel bel mezzo delle montagne era molto difficile che vi fosse qualcuno che passeggiasse con il cane lì davanti (avrebbe dovuto scavalcare un cancello), specialmente con un tempo del genere. </p><p style="text-align: justify;">Ma la cosa che più mi ha sconvolta è stata quando mi sono messa a sistemare sul cellulare le fotografie fatte nella hall... E un volto di donna è apparso proprio lì davanti, in bella posa. Posso assicurare che non era nè la faccia di un cliente (ero sola), nè la mia nè quella di Tommy che, in quel momento, si trovava altrove.</p><p style="text-align: justify;">Vi lascio di seguito il link alla puntata completa, ne sentirete davvero delle belle:</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/Pj1A7MNRgvY" width="320" youtube-src-id="Pj1A7MNRgvY"></iframe></div><br /><p>Per chi fosse interessato ad un tour sulla Firenze misteriosa ed esoterica, può contattare Tommy sul suo account <a href="https://www.instagram.com/tcarediotourguide/" target="_blank">Instagram</a>! </p>Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-5680436002508138102021-01-20T01:08:00.002+01:002021-01-20T01:08:22.123+01:00La leggenda di Re Bove<p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgz-0_icHI7QC1sowKiQCYSHE976j6zgoA6GZJGnjG0aPlPd6NGH4A30oeAb6boIi-jqj_RTZE3VPRgnp1uSG5qR5YL8r3_mmIw-JxktrY7ntrPEVz2UHl170xZSwSAyxsACLCsvxP88Is/s196/bove+matr.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="196" data-original-width="155" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgz-0_icHI7QC1sowKiQCYSHE976j6zgoA6GZJGnjG0aPlPd6NGH4A30oeAb6boIi-jqj_RTZE3VPRgnp1uSG5qR5YL8r3_mmIw-JxktrY7ntrPEVz2UHl170xZSwSAyxsACLCsvxP88Is/s0/bove+matr.jpg" /></a></div>La figura del Re Bove è parte integrante della storia sannita: ne è testimonianza la leggenda narrante la fondazione di Bojano, il cui nome deriva da "Bovianum". Durante il <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Primavera_sacra" target="_blank">Ver Sacrum</a>, infatti, alcuni giovani sabelli giunsero nell'attuale Bojano guidati da un bove. L'animale si fermò presso le sorgenti del Biferno per rifocillarsi e i ragazzi, credendo questo un segno del divino, decisero di stabilirsi in quel luogo dando così origine alla prima colonia sannita. <p></p><p style="text-align: justify;">Ed ecco, quindi, che il bue diviene protagonista di leggende, tradizioni, rappresentazioni scultoree ed effigi monetarie, oltre che ad essere ricordato nei cognomi locali (come, ad esempio, Bove e Vacca) e nei nomi di alcuni paesi (Torella del Sannio e Toro).</p><p style="text-align: justify;">Tra le leggende non possiamo non citare una delle più famose, quella del Re Bove. Questi s'era innamorato perdutamente di una sua congiunta (c'è chi parla di una sorella e chi, invece, di una figlia) e, per poterla sposare, scomodò nientemeno che il Papa ed il demonio in persona! </p><p style="text-align: justify;">In "Notizie historiche della terra di Ferrazzano" di Francesco De Sanctis (1699) leggiamo che:</p><p style="text-align: justify;"><i>[...] da vecchi Cittadini, così di Ferrazzano, come di altre convicine Terre è percorsa sempre voce, che un certo Re Bove avesse edificato sette Chiese nella nostra Provincia, e che una riguardasse l'altra, e tutte dedicate alla Gran Madre di Dio; la prima sarebbe quella nel Feudo di Monteverde della giurisdizione della Terra di Mirabello, la seconda la nostra di Ferrazzano, la terza la Collegiata di S. Lonardo in Campobasso, la quarta Santa Maria della Terra di Cercemagiore, la quinta Santa Maria detta della strada della Terra dell'Amadrice, la sesta il Duomo della Catedrale della Volturara, e della settima non hò notizia; e tutte sono di una medesima costruttura, cioè le mura esteriori con pietre lavorate a scalpello: nella cima, ed in altri luoghi rilevano alcune teste di Bue, da cui è nata la mentovata tradizione, che il Re Bove me sia stato il fondatore ingiontole per penitenza spirituale dal Papa per la dispenza ottenuta di potersi sposare una congiunta in moglie.[...]</i></p><p style="text-align: justify;">Il Papa avrebbe pertanto chiesto al Re di edificare sette chiese in una sola notte: solo allora gli avrebbe accordato il matrimonio tanto desiderato. Il monarca, disposto a tutto pur di raggiungere il proprio obiettivo, chiese quindi l'aiuto del diavolo promettendogli la propria anima in cambio. L'uomo e l'essere infernale trascorsero l'intera notte edificando chiese con i massi che il demonio gli trasportava direttamente dai monti circostanti e, al sopraggiungere dell'alba, prima ancora di aver ultimato la chiesa di Santa Maria della Strada, il Re Bove iniziò a pentirsi del patto sacrilego e chiese a Dio il perdono e la grazia. Si può immaginare la reazione del diavolo: accecato dall'ira scagliò un grosso masso contro il campanile della chiesa nel tentativo di distruggerla. Miracolosamente la roccia cambiò traiettoria e cadde conficcandosi nel terreno antistante il piazzale. Ed è ancora lì, dopo tutti questi secoli: la gente del posto lo chiama "il masso del diavolo".</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvX9UFe9t7m6HJcWeKlI2_R_TdF2fzbjPTrex34BggLfufzZPhdopCiXRh9-JerPG39gMAwbWkicjVr2LYgljwI3L_Vq-SLmmAPPVFi2miOFm6KHo2GskCwGic0ubb7CE4UZVjQTd9QBki/s475/s.-maria-della-strada-32.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="376" data-original-width="475" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvX9UFe9t7m6HJcWeKlI2_R_TdF2fzbjPTrex34BggLfufzZPhdopCiXRh9-JerPG39gMAwbWkicjVr2LYgljwI3L_Vq-SLmmAPPVFi2miOFm6KHo2GskCwGic0ubb7CE4UZVjQTd9QBki/s320/s.-maria-della-strada-32.jpg" width="320" /></a></div><p style="text-align: justify;">Come il sopra citato De Sanctis afferma, però, non vi sono prove certe in relazione a questa leggenda:</p><p style="text-align: justify;"><i>[...] Però di consimil nome nè dentro, nè fuori d'Italia si legge nell'Istorie esservi giammai stato Regnante, che appellassesi Re Bove, se non se il favoloso Bove d'Antona nei Romanzi di Francia. Onde per accertarne il vero fondatore è d'uopo riunire tutte quelle notizie più veridiche che vi siano per render vera la Tradizione. Ed in primo luogo scorgesi allato del soprarco della porta maggiore della nostra Chiesa vers'occidente una pietra, in cui vi è scolpito l'anno 1005., e nell'Architrave di pietra vi è una iscrizione, di cui appena ne rilevano alcune lettere mentre da mano maligna, ed invidiosa furtivamente di notte fu fatta scancellare, come si è in altro luogo riferito.[...]</i></p><p style="text-align: justify;"><i>[...] Dal Rever. D. Lonardo Faicchia Arciprete della Volturara nell'anno 1695. vennemi similmente avvisato, esservi la medesima Tradizione in essa Città, che 'l fondatore del Duomo di quella Catedrale ne fosse stato il Re Bove, e che nel frontespizio di esso verso l'occaso, dove sta la porta maggiore vi sia una testa di Bue, e nel muro verso levante dentro la porta del Cimitero in mezzo di esso, vi sia una pietra che poco differisca dal marmo in cui vi siano scolpite queste Note con lettere maiuscole Consalvo. E che costui fosse Capitano del mentovato Re Bove, essendo così la commune tradizione di quei Cittadini. [...]</i></p><p style="text-align: justify;"><a href="https://vimeo.com/27811607" target="_blank">Franco Valente</a>, architetto ed autore di diversi articoli e volumi di stampo storico ed artistico, racconta che, alla fine del Seicento, un canonico di Ferrazzano recatosi a Santa Maria della Strada (nell'attuale Matrice in provincia di Campobasso) fu particolarmente colpito dall'epitaffio scolpito in lettere gotiche su una tomba. Oggi sappiamo che tale epitaffio inizia con la parola "HOC" ma il canonico la tradusse come "BOA", dando così vita alla leggenda del Re Bove così come oggi la conosciamo.</p><p style="text-align: justify;">Di particolare interesse a Santa Maria della Strada sono la facciata della chiesa, sulla quale sono ripetute più volte immagini bovine - quasi si trattasse di una "firma" del suo costruttore - ed un capitello collocato a destra del pulpito, sul quale sono rappresentate quattro misteriose figure. Una di queste rappresenta un basilisco, la cui lunga coda s'attorciglia ad un uomo il quale cerca di liberarsene aiutandosi con una roncola (strumento che rimanda all'economia contadina del luogo). Dobbiamo ricordare che nella tradizione iconografica cristiana il basilisco rappresenta il demonio, pertanto ci troviamo di fronte alla sintesi della lotta tra il bene ed il male. Nelle altre tre facce del capitello notiamo inoltre un re, una giovane donna ed uno strano cammello. Se è quasi scontato dare un significato alle due figure umane, a che cosa si riferirà invece quella animale? Nei libri profetici della Bibbia, i cammelli vengono menzionati nelle descrizioni delle città abbandonate da Dio. Dal IV secolo in poi, inoltre, il cammello veniva inoltre utilizzato per rappresentare la corruzione e la ricchezza, come indica Maria Raffaella Menna in "Magi e cammelli a Bisanzio". Alla luce di queste considerazioni ipotizzo (e lungi da me la pretesa d'averci visto giusto) che il capitello possa rappresentare il movente della nostra leggenda: il Re Bove, la fanciulla di cui s'era innamorato, l'abbandono alla corruzione (e, quindi, l'allontanamento dalla "retta via") e lo scontro finale tra il bene ed il male. </p><p style="text-align: justify;">Per un maggiore approfondimento su Santa Maria della Strada vi rimando a <a href="https://www.francovalente.it/2008/11/05/1180/" target="_blank">questa pagina</a> perchè le curiosità iconografiche non finiscono qui, anzi... </p><p style="text-align: justify;"><b>© Monica Taddia</b></p><p style="text-align: justify;"><i>Foto tratte da www.centrostoricocb.it - www.francovalente.it</i></p><p style="text-align: justify;"><br /></p><p><br /></p>Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-21087650627734941052020-12-13T23:47:00.000+01:002020-12-13T23:47:05.755+01:00Il mistero della Marmacula<p style="text-align: justify;">Il Natale è alle porte, il freddo si fa sentire e le serate sotto al plaid assieme ad una bella tazza di tisana calda hanno rimesso in moto la voglia di scrivere. </p><p style="text-align: justify;">Il nostro viaggio di oggi ci porta verso terre di confine tra Emilia e Veneto, precisamente a Mezzogoro - frazione di Codigoro - in provincia di Ferrara. Da queste parti, quando si ha a che fare con qualcuno di credulone, sarà facile sentir dire che "l'è una marmacula".</p><p style="text-align: justify;">Ma da cosa deriva questo termine e che cos'è esattamente la maramacula?</p><p style="text-align: justify;">Pare che l'etimologia derivi da documenti medievali che indicavano le lagune e le valli contraddistinte da zone d'acqua ed avvallamenti detritici con il termine "mare a macula". Si fa anche riferimento ad "amara macula", una scritta stinta dall'acqua presente su una mappa o un itinerario.</p><p style="text-align: justify;">Qualcuno dice che si tratti di un insetto, altri di un pesce dalle scaglie dorate e dalla pinna caudale color arcobaleno, ma l'ipotesi più plausibile è che sia, invece, un mammifero dall'aspetto mostruoso. Tutti sono concordi nell'affermare che la creatura viva nei canali dal basso fondale presenti nella zona e che sia d'indole notturna. Ad avvalorare la tesi del mammifero vi sono voci che vorrebbero la pelliccia dell'animale una delle più pregiate al mondo: chiunque riuscisse ad impossessarsene e venderla ne ricaverebbe cifre da capogiro!</p><p style="text-align: justify;">La leggenda però pare avere radici molto meno fantasiose. Tutto sarebbe nato dallo scherzo di alcuni ragazzi che, stanchi delle continue "prodezze" narrate da un loro coetaneo, lo convinsero a dare la caccia alla maramacula, un animale notturno molto pericoloso che infestava le acque dei canali del paese. E così, una notte di luna piena, questi si mise sulla sponda di un canale, con un sacco tra le mani, in pieno appostamento. Inutile dire che passò ore ed ore all'addiaccio senza concluder nulla. </p><p style="text-align: justify;">Si racconta anche di qualcuno che, convinto d'aver visto la marmacula all'interno di un pozzo, si sporse troppo e ci cadde dentro come un allocco per poi rendersi conto di esser stato semplicemente attratto dai riflessi della luna sull'acqua.</p><p style="text-align: justify;">Gli abitanti del paese sono talmente affezionati alla maramacula da averne fatto una vera e propria mascotte, indicendo in suo onore una sagra che si svolge ogni anno nel mese di Giugno.</p><p style="text-align: justify;">Nel 2016 lo scultore Enrico Menegatti ha donato al comune di Mezzogoro la sua personale rappresentazione di questa creatura leggendaria: la foto è tratta dalla <a href="https://www.facebook.com/Natedalmare-Sculture-di-Enrico-Menegatti-482279265314287/?ref=page_internal">pagina Facebook dell'artista</a>.</p><p><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3DZkHXqJa63AT5PAoTk7OqOr999wBfcNlIFS7Uoq25XeQej8gkOvgFxjg16-RijxgbBhfBcq9izBvmnzJrpF7xxorRDsVThs4ITmOSzumjV2vZAryrkwmv7miuyozN1E9UULAjTHNo389/s960/maramacula.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="716" data-original-width="960" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3DZkHXqJa63AT5PAoTk7OqOr999wBfcNlIFS7Uoq25XeQej8gkOvgFxjg16-RijxgbBhfBcq9izBvmnzJrpF7xxorRDsVThs4ITmOSzumjV2vZAryrkwmv7miuyozN1E9UULAjTHNo389/s320/maramacula.jpg" width="320" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><i><b>© Monica Taddia</b></i></div>Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-81468556426262305102020-03-12T00:04:00.000+01:002020-03-12T00:04:50.171+01:00L'anello di San Marco<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgaOmQFeRNlVK_Uicn7Z8s87-CslXlAlZlGnkxegiACwUFbEhg9wQ7iRlGuh1EUzVD7_4j4LkjMTBkYjArDHXiJFzmxKUQ8yZAZeEIn9V5J44wV2IXhDME9aZ5vQ-1hmxMXo7CwPo7Nlho-/s1600/800px-Accademia_-_Presentazione_dell%2527anello_al_doge_di_Paris_Bordone.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="989" data-original-width="800" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgaOmQFeRNlVK_Uicn7Z8s87-CslXlAlZlGnkxegiACwUFbEhg9wQ7iRlGuh1EUzVD7_4j4LkjMTBkYjArDHXiJFzmxKUQ8yZAZeEIn9V5J44wV2IXhDME9aZ5vQ-1hmxMXo7CwPo7Nlho-/s320/800px-Accademia_-_Presentazione_dell%2527anello_al_doge_di_Paris_Bordone.jpg" width="258" /></a></div>
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Venezia, 25 febbraio 1342. Era una notte buia, fredda, di burrasca. "L'acqua cressie zerca cinque pie, plui major che se arichordasse guastando pozzi infiniti et molti restono anegati ne le case, o morti dal fresco": questo è il ricordo che ce ne viene trasmesso dai cronisti dell'epoca. </div>
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Proprio quella notte, sulla Riva degli Schiavoni, un pescatore stava legando la propria barca ad una briccola, onde far ritorno alla propria dimora. All'improvviso un uomo in età avanzata gli si avvicinò chiedendogli urgentemente un passaggio verso l'Isola di San Giorgio. </div>
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"Si tratta di una questione di vita o di morte" spiegò.</div>
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Il pescatore, pur stupito, decise di accettare l'incarico. E nonostante il tempo stesse notevolmente peggiorando, facendosi forza, giunse all'isola. Qui lo sconosciuto scese dalla barca e dopo aver chiesto al suo traghettatore d'attenderlo, si recò all'interno della chiesa di San Giorgio Maggiore, dalla quale uscì poco dopo assieme ad un giovane che aveva tutta l'aria d'essere un guerriero. </div>
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Entrambi chiesero al pescatore di accompagnarli al Lido e, di nuovo, questi accettò, probabilmente ancor più sbalordito di prima. </div>
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Ed ecco che al Lido, sotto violenti scrosci di pioggia, i due sconosciuti entrarono a San Nicolò, per poi uscirne con una terza persona e chiedere al pescatore di accompagnarli in mare aperto.</div>
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Ormai quest'ultimo era preso da una specie di euforia, quasi ad esser ben deciso di arrivar dritto in fondo alla faccenda. </div>
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Non appena i tre uomini montarono in barca, improvvisamente, la pioggia cessò, il mare si calmò, la laguna divenne silenziosa. Nella notte illuminata dalle saette, ben presto si ritrovarono al largo. </div>
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Di colpo un lampo illuminò qualcosa di spettrale: un galeone infuocato e carico di diavoli neri come la pece. Le onde divennero altissime.</div>
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Allora l'uomo più anziano si pose a prua, mentre la barca del pescatore si fermava sulla cima dell'onda più alta, e con un segno della croce ordinò agli spiriti maligni di andarsene. </div>
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Presto una voragine si aprì proprio in mezzo al mare, inghiottendo al suo interno il galeone e i suoi malefici passeggeri. E quando tutto fu nuovamente calmo, avvicinandosi al pescatore, l'anziano rivelò la sua identità: egli altri non era che San Marco, mentre i suoi compagni erano San Giorgio e San Nicolò. I tre protettori di Venezia s'erano riuniti mossi a pietà dalle continue preghiere dei veneziani, onde salvarli da un maremoto provocato dalla maledizione di un misterioso Maestro di Scuola appartenente ad una delle più potenti Confraternite veneziane. </div>
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Secondo alcuni cronisti dell'epoca- tra cui Sabellico - si scoprì nel giro di poche ore che tal maestro, l'alchimista Messer Simonetto, era di San Felice e quella stessa notte "sia sta trovado apichado per la gola con una centura".</div>
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A seguito delle proprie spiegazioni, San Marco donò un anello al pescatore, chiedendogli di consegnarlo al Doge e promettendo che, assieme ai suoi due compagni, avrebbero protetto Venezia da ogni avversità futura. </div>
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Non fu facile per il pescatore farsi ricevere dal Doge, ma quando riuscì nella propria impresa, Bartolomeo Gardenigo riconobbe il prezioso anello di San Marco, del quale era stata denunciata la scomparsa dalla Basilica proprio alcuni giorni addietro.</div>
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Il pescatore venne ricompensato con una ricca pensione e per tutta la vita non potè fare a meno di pensare a quella notte di tempesta in cui anche grazie a lui la città di Venezia fu salvata dalle forze del male.</div>
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Di questa leggenda esistono diverse varianti: alcuni l'ambientano due anni prima, altri concordano sul fatto che il terzo santo non fosse Nicolò bensì Teodoro. Di essa si celebra però il ricordo anche attraverso l'arte. Nel Cinquecento, il pittore veneziano Paris Bodoni dipinse "Consegna dell'anello al Doge", ora conservato alle Gallerie dell'Accademia di Venezia, mentre all'interno della Basilica di San Marco è conservato un arazzo del fiammingo Jan Rost dedicato alle storie del santo.</div>
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<i>Immagine: Consegna dell'anello al Doge, Paris Bordon, 1534</i><br />
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<i>© Monica Taddia</i><br />
<br />Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-30409105180936530022018-09-10T15:29:00.000+02:002018-09-10T15:29:02.189+02:00La Vecia Barbantana <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjy9K9FW-SIdLESrLj1qzNPGCm0tDai3uDBRw2HMuzjHAAj5FxEqqXvTgJyM7XkNt4eZ_IK9nCIRCmKcvHsZ1aII6DyzJGaxjjGiFDvaz_kMYK7AEEXJaKJc13OvSgWGYDBBtuObD1TIz6W/s1600/old_witch_by_dina_tukhvatulina-d8lyvlx.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="894" data-original-width="894" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjy9K9FW-SIdLESrLj1qzNPGCm0tDai3uDBRw2HMuzjHAAj5FxEqqXvTgJyM7XkNt4eZ_IK9nCIRCmKcvHsZ1aII6DyzJGaxjjGiFDvaz_kMYK7AEEXJaKJc13OvSgWGYDBBtuObD1TIz6W/s200/old_witch_by_dina_tukhvatulina-d8lyvlx.png" width="200" /></a></div>
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La Vecia Barbantana è conosciuta in Veneto come una strega molto cattiva, molto brutta e con una discreta gobba sul groppone. Vestita costantemente di nero, s'aggirerebbe di paese in paese alla ricerca di bambini incustoditi al fine di catturarli e mangiarseli. Che ci riesca o meno, una cosa è certa: non sempre pecca di furbizia. Di seguito trovate una favola molto conosciuta sia in Veneto che in Emilia Romagna (in questa seconda regione con alcune varianti: la Vecia è una strega senza nome e il protagonista si chiama Pirinpinpin.) </div>
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<i><br /></i></div>
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<i><b>Pieréto e la Vecia Barbantana</b></i></div>
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<i>C’era una volta un bambino di nome Pieréto. Un giorno durante una passeggiata vide un bel pero carico di frutti maturi, e pensò tra se: "Adesso mi arrampico sull'albero e mi faccio una scorpacciata di pere", e così fece.</i></div>
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<i>In quel mentre passava di là una vecchia di brutto aspetto: era la Vecia Barbantàna, una strega cattiva che rapiva i bimbi, li metteva nel sacco e poi se lì mangiava.</i></div>
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<i>La strega si fermò proprio sotto l'albero e chiese a Pieréto di buttargli giù una pera.</i></div>
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<i>Ma Pieréto, che aveva sentito parlare di questa vecchia, le rispose: "No, perché tu sei la Vècia Barbantàna e mi metterai nel sacco". Siccome la vecchia insisteva, Pieréto cedette e le buttò giù un peréto. Ma non appena si mosse, perse I'equilibrio, scivolò e cadde giù dall'albero.</i></div>
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<i>Povero Pieréto! La vecchia non esitò: lo prese e lo ficcò subito dentro al suo sacco per mangiarselo a casa in tutta calma.</i></div>
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<i>Cammina, cammina, quando fu a metà strada, la strega avvertì un certo mal di pancia, così appoggiò il sacco ad una siepe e se ne andò nel campo di granoturco a fare i suoi bisogni.</i></div>
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<i>Pieréto, che si rese conto dell'occasione, preso il coltello dalla tasca, tagliò un po' il sacco da un lato e si liberò. Poi lesto lesto andò a cercare alcune grosse pietre e le infilò dentro al sacco, affinché la vecchia non si accorgesse di nulla. Appena tornata, la strega raccolse il sacco e proseguì per la sua strada, senza notare la differenza.</i></div>
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<i>Raggiunta la sua casa, accese subito un fuoco e preparò un bel pentolone grande pieno di acqua, perché aveva un certo languorino e voleva mangiarsi Pieréto.</i></div>
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<i>Quando l'acqua fu bollente, prese il sacco e lo svuotò dentro la pentola. Così le pietre, cadendo di peso dentro l'acqua, schizzarono gocce bollenti sulla strega, scottandola tutta.</i></div>
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<i>Nel frattempo Pieréto era scappato a casa e aveva raccontato l'accaduto. E quando arrivò la notizia che la strega era morta, tutti si misero a fare festa.</i></div>
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<i>(www.scuolafaunistica.it)</i></div>
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<br /></div>
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Per saperne di più su di lei, però, occorre cercare nel libro «Fole Lilole»: qui lo scrittore Dino Coltro racconta che a Roverchiara (VR) molti anni fa, per evitare che i bambini si avvicinassero troppo alle rive delle fiume, si usasse dir loro che in quei luoghi, per la precisione in una tana nascosta sotto l'argine Roverchiaretta, vivesse la Vecia Barbantana, conosciuta anche con il nome di "Dona Selvatica" o, addirittura "Bestia" poichè, oltre a gridare costantemente ed emettere suoni nient'affatto gradevoli, pareva esser per metà donna e per metà serpente. Custode, quindi, delle acque, come le sue "colleghe" anguane, non amava esser distrubata e, quando ciò accadeva, non si faceva scrupoli a divorare le proprie vittime. Di esse manteneva solamente le ossa che soleva poi piantare nel terreno: da esse nascevano gli arbusti di sanguinello.</div>
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<br /></div>
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Questo discorso sulle ossa, sulle urla e sul luogo in cui vivrebbe la Vecia mi hanno immediatamente portato alla mente la figura della Loba descritta da Clarissa Pinkola Estés:</div>
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<br /></div>
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<i>"C'è una vecchia che vive in un luogo nascosto che tutti conoscono ma pochi hanno visto. Come nelle favole dell'Europa Orientale, pare in attesa di chi si è perduto, di vagabondi e cercatori. </i></div>
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<i>E' circospetta, spesso pelosa, sempre grassa, e desidera evitare la compagnia. Emette suoni più animaleschi che umani. </i></div>
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<i>Dicono che viva tra putride scarpate di granito nel territorio indiano di Tarahumara. Dicono sia sepolta alla periferia di Phoenix, vicino a un pozzo. Dicono che è stata vista in viaggio verso il Monte Alban su un carro bruciato, con il finestrino posteriore aperto. Sta accanto alla strada poco distante da El Paso, dicono; cavalca impugnando un fucile da caccia insieme ai coltivatori verso Morelia, Messico; l'hanno vista avviarsi al mercato di Oaxaca con strane fascine sulle spalle. Ha molti nomi: La Huersera, La Donna delle Ossa; La Trapera, La Raccoglitrice, La Loba, La Lupa. </i></div>
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<i>L'unica occupazione della Lupa è la raccolta delle ossa. Notoriamente raccoglie e conserva in particolare quelle che corrono il pericolo di andare perdute per il mondo."</i></div>
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<i>(Da "Donne che corrono coi lupi", Clarissa Pinkola Estés)</i></div>
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La Vecia Barbantana, pertanto, altro non sarebbe che il retaggio nostrano di quella Donna Selvaggia che cerca di salvare tutti coloro che si perdono, al fine di donar loro nuova vita. </div>
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Nelle zone montane e pedemontane del Veneto, sempre con il nome di Vecia Barbantana, si indica un'altro tipo di figura femminile, conosciuta anche come Redosega (da Erodiade, dea lunare), Vecia Marantega (da Mater Antiqua), Vecia Cuca o Donaza. Protettrice delle filatrici, la si poteva incotrare sempre con un fuso tra le mani, quello sul quale soleva avvolgere il filo delle vite atrui, esattamente come la Parca Lachesi. In quanto connessa alla divinità femminile lunare (motivo per cui le sue vesti sono nere), si dice che fosse proprio durante le notti del periodo natalizio che solesse scendere giù per i caminetti in modo da raggiunger le case altrui, recando "in dono" carbone, cenere e ossa.</div>
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Per evitare di ricevere una sua poco gradita visita gli abitanti della casa bagnavano la catena del focolare con dell'acqua benedetta.</div>
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Nel libro "Revine Lago, misteri, storie e leggende" di Lucio Tarzariol leggiamo inoltre che, nel trevigiano, la Redosega era solita passare dinnanzi alle case altrui, dopo il tramonto del 5 gennaio, per vedere se vi fosse qualche donna intenta ai lavori quali cucito, maglia, uncinetto o semplice filatura della lana: non voleva, in alcun modo, che questo accadesse! Proprio per questo motivo, se una malcapitata veniva sorpresa in simili lavori, nottetempo la Vecia avrebbe provveduto a tagliarle tutti i capelli.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIGvXiHvu92v8eoPsuy5zDkBUnLHkI3SMkKJwIu0o3VNydGTRsbU4rgbTeko5YS10gdW_UAAxDDDCQVzKDRitToHCzcMaUOLs9N3Znnt-sgw87K-W1gTeicT_to3czV0IU7tOzhxVlwQci/s1600/adige-roverchiaretta-bonavigo-2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="399" data-original-width="1000" height="127" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIGvXiHvu92v8eoPsuy5zDkBUnLHkI3SMkKJwIu0o3VNydGTRsbU4rgbTeko5YS10gdW_UAAxDDDCQVzKDRitToHCzcMaUOLs9N3Znnt-sgw87K-W1gTeicT_to3czV0IU7tOzhxVlwQci/s320/adige-roverchiaretta-bonavigo-2.jpg" width="320" /></a></div>
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<i>Argine della Roverchiaretta, foto Gmaps</i>. </div>
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<i><br /></i></div>
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<u>NdA: Ho scritto questa ricerca sulla Vecia Barbantana in esclusiva per il forum "L'Isola Incantata delle Figlie della Luna", sul quale potrete eventualmente trovare la versione "allungata". </u></div>
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<i><u><br /></u></i></div>
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<i>Immagine: Old Witch, Dina Tukhvatulina</i></div>
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<i><b><br /></b></i></div>
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<i><b>© Monica Taddia</b></i></div>
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<br />Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-67004402407580530602018-09-08T15:10:00.002+02:002018-09-08T15:10:55.820+02:00Stay tuned, sono di ritorno!<div style="text-align: justify;">
Ciao amici!</div>
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Ahimè, il mio ultimo post risale circa ad un anno fa...</div>
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In questo periodo di tempo sono successe parecchie cose, non tutte particolarmente piacevoli, anzi. Solo negli ultimi giorni sono riuscita a ritrovare un poco di stabilità emotiva, o per lo meno ci sto provando. Sono mortificata: non aggiorno questo blog da molto, molto tempo nonostante io abbia un sacco di materiale su cui lavorare. Scrivere un articolo completo è molto più complesso rispetto allo scrivere un post personale. Inoltre ho notato che molte immagini correlate agli articoli sono sparite. Cercherò di metterci mano al più presto e, se qualcuno fosse interessato a collaborare con articoli scritti di proprio pugno (e senza scopiazzamenti dal web!) beh... Mi contatti pure senza problemi :D</div>
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Sono arrivata nel frattempo a quota tre blog ora e, prima di riprendere il ritmo, vado a delinearveli.<br />
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<a href="https://italiaparallela.blogspot.com/" target="_blank">Italia Parallela</a>: il mio blog storico inerente a miti, leggende, tradizioni e fatti misteriosi in Italia.</div>
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<u><span style="color: blue;"><a href="https://directlyfrom80s.blogspot.com/" target="_blank">Directly from 80's</a></span></u>: un po' blog un po' diario. Qui parlerò di cose molto più terra terra: libri, creatività, stupidaggini, cucina alternativa, corrispondenza, musica e chi più ne ha più ne metta :D </div>
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<a href="https://avalonluna.blogspot.com/" target="_blank">Figlia di Avalon, figlia della Luna</a>: questo blog, nato ieri sera dopo averci a lungo pensato, è la mia parte più profonda e personale. Qui scriverò tutto ciò che ha a che fare con il mio percorso spirituale (se non lo sapeste: sono pagana).<br />
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Potete decidere di seguirli tutti e tre, oppure seguire solamente quello/i che preferite, cliccando sulla sezione "Segui" presente all'interno di ogni blog! </div>
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A prestissimo e grazie di cuore per l'appoggio, le visite, i commenti... Tutto!<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIHHKSNOjsC2eZWoBoqMAOqGU3ArjY8slSL0Qq-jIidl4NsTqrFeejbnr8GYG_mtWCx9MJu74MGHDBk_-K8VvXXXKWK9MTPePu4DqUg5cCPMuf-AdNiQoaIZ7m3m1qg5i6Af9Oy13zZPhA/s1600/gufo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="624" data-original-width="564" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIHHKSNOjsC2eZWoBoqMAOqGU3ArjY8slSL0Qq-jIidl4NsTqrFeejbnr8GYG_mtWCx9MJu74MGHDBk_-K8VvXXXKWK9MTPePu4DqUg5cCPMuf-AdNiQoaIZ7m3m1qg5i6Af9Oy13zZPhA/s320/gufo.jpg" width="289" /></a></div>
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Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-89861532738897397922017-10-23T22:56:00.003+02:002017-10-24T07:52:09.373+02:00Teresa di Pesco Sannita<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEju4a1liYXMF9qbNOHZWtvJx8RU1X5tZqUZ8S7t6nQojaGLCZSeV1_z-7xB7Uo2JaR9CiIBpJh5PHQh60nw6rM4RVCIUBeSqJACeWT_zP9qg5Da58o8YibYW1SakmJZiVzyTuTpoffM6ibg/s1600/la_strega_annigoni.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="230" data-original-width="160" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEju4a1liYXMF9qbNOHZWtvJx8RU1X5tZqUZ8S7t6nQojaGLCZSeV1_z-7xB7Uo2JaR9CiIBpJh5PHQh60nw6rM4RVCIUBeSqJACeWT_zP9qg5Da58o8YibYW1SakmJZiVzyTuTpoffM6ibg/s1600/la_strega_annigoni.jpg" /></a></div>
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<i>E' trascorso un anno dall'ultimo articolo scritto sul blog di Italia Parallela. Un anno nel quale gli imprevisti hanno avuto la meglio, impedendomi di trovare tempo e modo di scrivere. Sono successe molte cose da allora, e fortunatamente posso dire che la mia vita sia cambiata in meglio. Ora ho un lavoro, una casa, un meraviglioso fidanzato che mi sorregge in qualsiasi momento, amici stupendi e pile su pile di libri. </i></div>
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<i>Voglio ringraziare tutti coloro che hanno continuato a spulciare questo blog sperando di rileggermi: siete in tanti e vi ringrazio dal profondo del cuore uno per uno! </i></div>
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<i>Ho in mente moltissime novità e migliorie da apportare a questo blog ma per ora ci tengo a iniziare con un articolo al quale già da tempo stavo lavorando. La storia di Teresa. </i><br />
<i><br /></i></div>
<a name='more'></a><div style="text-align: justify;">
La nostra storia ha inizio nei primi anni del '400 a Pesco Sannita, un borgo situato a pochi chilometri da Benevento ed appollaiato in cima ad un colle dal quale si gode un bellissimo panorama sulla vallata circostante. A voler avere un'idea di come fosse questo luogo ai tempi in cui visse Teresa, basterebbe visitare il centro storico, rimasto quasi del tutto come allora (e vi consiglio di dare un'occhiata <a href="http://www.pescosannitaturismo.it/bambini/index.php?tip=2&it=6" target="_blank">qui</a> !)</div>
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Quel che sappiamo di Teresa viene per lo più da testimonianze dei paesani e dai processi tanto in voga nel periodo della caccia alle streghe; è pertanto impossibile definire quanto ci fosse di vero e quanto, invece, fosse solo frutto di una fervida (ed ignorante) fantasia.</div>
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<br /></div>
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Tra i testimoni della sua devozione a Lucibello, il demonio sotto forma di caprone che la trasportava sulla sua groppa fino al noce di Benevento, vi era pure suo marito.<br />
Alla faccia della fiducia e dell'amore coniugale, insospettito ed incuriosito dagli spostamenti notturni della consorte, tanto disse e tanto fece che la convinse ad accompagnarla al primo Sabba utile. Teresa gli fece però promettere di non pronunciare mai, per nessun motivo, il nome di Dio e di Gesù durante la cerimonia.</div>
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<i>Ma il marito, giunto al noce, chiese un po’ di sale da mettere sul cibo. Le Janare non usano il sale, e poiché il sale tardava ad arrivare, quando finalmente gli fu portato, il marito esclamò: "Sia lodato Gesù…ecco il sale!". All’improvviso la scena del Sabba, intorno a lui, scomparve, e lui rimase solo, impaurito e tremante dal freddo.</i> (da <a href="http://www.beneventogiornale.com/">www.beneventogiornale.com</a>)</div>
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<br /></div>
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Che fine abbia fatto il marito, invece, non ci è dato saperlo ma ulteriori testimonianze raccontano di chi, dopo aver scoperto il segreto di Teresa, non abbia fatto una bellissima fine.</div>
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Una notte il Sabba si prolungò oltre i consueti orari e Teresa venne colta dalle prime luci dell'alba sulla via del ritorno. Lucibello scappò di gran carriera lasciandola sola ed agonizzante nel bel mezzo d'un sentiero, più morta che viva. Un contadino che passava da quelle parti, trovandola in siffatto stato, se ne prese immediatamente cura raccogliendola e portandola presso la propria abitazione. Dopo due giorni la donna si ridestò; il suo soccorritore le fece numerose domande per sapere chi ella fosse e che cosa le fosse successo, ma ogni volta Teresa cercava di cambiare discorso. Gli era grata, non voleva che gli succedesse nulla di malvagio.</div>
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L'uomo fu vittima della propria curiosità e, scoperto il segreto della donna, di lui rimase ben poco: soltanto i vestiti sul bordo di un sentiero accanto al cimitero. Colpa di Teresa? Colpa di Lucibello?</div>
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<br /></div>
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Teresa non si faceva scrupoli nè in merito ai vivi nè in merito ai morti: una notte si recò nella casa di una vecchia vedova alla quale il marito era morto da poco tempo. Disse alla donna d'esser lì per far visita al defunto e questa, mestamente, la fece entrare in casa, accompagnandola al capezzale e lasciandola sola con la salma. Ed essa, assicuratasi di non aver alcuno nelle vicinanze, si diede il suo bel da fare per asportare con minuzia il ventre dell'uomo (questo conteneva infatti il grasso atto a preparare i suoi unguenti e malefici). Sparì, quindi, senza essere vista.</div>
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<br /></div>
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La gente si rivolgeva spesso a Teresa per le sue arti magiche. Era conosciutissima per la potenza delle sue fatture che operava anche su commissione, nel segreto della sua umile dimora e protetta dalla coltre oscura della notte. Procurandosi, ad esempio, capelli e peli delle vittime, li impastava con cera o con altri elementi creando figure simboleggianti le persone da affatturare. Queste venivano poi bruciate o trafitte. Il danno era assicurato.</div>
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<br /></div>
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Ma la gente si rivolgeva a Teresa anche per far del bene: la donna conosceva diverse formule capaci anche di sanare ogni male come, ad esempio, questa (riportata in uno dei verbali del processo): <i>Omne male percusiccio/ omne male stravalcaticcio/ omne male fantasmaticcio/ d’eco el toglia/ et la terra l’arecoglia/ et non noccia ad cristiano.</i></div>
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<br /></div>
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I documenti dell'epoca ci rivelano che, nella primavera del 1430, venne bruciata sul rogo una certa Teresa di Pesco Sannita con l'accusa di omicidio, infanticidio, devozione al demonio e negromanzia.</div>
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Una storia dal triste epilogo e che ricorda quella di Matteuccia di Ripabianca: di lei prometto di parlare molto, molto presto.</div>
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<br /></div>
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<b>© Monica Taddia</b></div>
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<i>Immagine: La Strega - Pietro Annigoni</i></div>
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<br /></div>
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Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-44354037167775185262016-08-24T20:24:00.001+02:002016-08-24T21:25:22.344+02:00Un pensiero per la popolazione colpita dal sisma <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnBN1ATqYEiCk96xRDmXUo0Qd0FSgaeRms-w3R7Q9adh9H3Y9afQ3ESuppeGblROaAoolmtwi_HKqyC0KmKIiN8z9emVPpNpHjoXNmJOJAUG5X9HVh377wal7tCu1bUHAOB71yoMltxruC/s1600/bandiera_italia_lutto-2-1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgnBN1ATqYEiCk96xRDmXUo0Qd0FSgaeRms-w3R7Q9adh9H3Y9afQ3ESuppeGblROaAoolmtwi_HKqyC0KmKIiN8z9emVPpNpHjoXNmJOJAUG5X9HVh377wal7tCu1bUHAOB71yoMltxruC/s320/bandiera_italia_lutto-2-1.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Lo staff di Italia Parallela si stringe con cordoglio attorno agli abitanti delle zone colpite dal sisma di stanotte, in particolare di Accumoli e Amatrice.</div>
<div style="text-align: justify;">
L'Italia perde un importante pezzetto di sè.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Un pensiero va alle persone che hanno perso la vita ed ai sopravissuti. </div>
<div style="text-align: justify;">
C'è bisogno di un aiuto concreto!</div>
<div style="text-align: justify;">
Seguite le indicazioni della protezione civile attraverso l'account Twitter, Facebook ed al Contact Center 800 840 840.</div>
<div style="text-align: justify;">
L'Avis vi invita a donare il sangue: informatevi presso la vostra sede più vicina. </div>
<div style="text-align: justify;">
Non siamo italiani solo quando c'è la partita di calcio o quando veniamo rappresentati alle Olimpiadi... Lo siamo sempre. Specie in questi casi.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Un abbraccio virtuale e solidale. #coraggio</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>La memoria è necessaria, dobbiamo ricordare perchè le cose che si dimenticano possono ritornare: è il testamento che ci ha lasciato Primo Levi. (Mario Rigoni Stern)</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: justify;">
<b>Monica, Iole, Federica, Marisa, Adalgisa</b></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-10948675946784288832016-06-27T11:53:00.000+02:002016-06-27T11:53:01.282+02:00La tormentata storia del castello di Buttrio<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIkC8aLAvg78QLYA7lIsENUVSaQjh0fLTaPgtcXQjt2cmMKWe64lhNuRLUG2h-SYxPia3arRFyIhuS-YHPZH98BfmC_I536lt80OsIccBuocSv9AQHeKopfPxRmghgUlvIlWky6ThBwyXJ/s1600/PicsArt_06-22-01.48.54.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="179" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhIkC8aLAvg78QLYA7lIsENUVSaQjh0fLTaPgtcXQjt2cmMKWe64lhNuRLUG2h-SYxPia3arRFyIhuS-YHPZH98BfmC_I536lt80OsIccBuocSv9AQHeKopfPxRmghgUlvIlWky6ThBwyXJ/s320/PicsArt_06-22-01.48.54.jpg" width="320" /></a></div>
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Non molto lontano dal fiume Natisone e a soli 12 km da Cividale del Friuli sorge, sulla Pampinutta, tra i Colli Orientali, il Castello di Buttrio. Già il nome della collina dal quale domina monti e pianure rivela la presenza delle preziose viti (il cui pampino è, appunto, la foglia) che fanno da cornice all'incantevole luogo, tutelato dal Ministero dei Beni Culturali e sede attuale di una struttura ricettiva alberghiera ed un'azienda vinicola.</div>
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Situato a 140 metri sopra il livello del mare, il castello offre un panorama mozzafiato che va dalle colline di Buttrio al Golfo di Trieste quando il cielo è particolarmente terso. </div>
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Incamminiamoci allora sulla strada che, dal centro del paese, porta dritta in cima al colle, suggestiva come se il tempo si fosse fermato cent'anni fa - non fosse per le macchine che l'attraversano e ci ricordano che, invece, siamo nel XXI secolo - tra aziende agricole e panorami di delicata bellezza: dopo un paio di chilometri, sulla nostra sinistra, un cancello dei primi del novecento su cui troneggia lo stemma con le iniziali del Barone Elio Morpurgo s'apre sul viale d'entrata del castello che ora reca il nome della nobile casata.</div>
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Probabilmente costruito nell'XI secolo sulle fondamenta di una vedetta romana esistita in epoca precedente, viene per la prima volta nominato in un documento ufficiale del 1139, anno in cui Ulrico, marchese di Toscana, ne diviene legittimo proprietario tramite cerimonia d'investitura. Inizialmente si presenta come una fortificazione, pensata più come luogo di difesa che non di delizia, caratteristica che mantiene con l'acquisizione da parte dei Signori di Buttrio nel XII secolo. Nel 1219 i feudatari liberi - a cui i Signori di Buttrio appartengono - danno il via ad una guerra contro il Patriarca di Gorizia culminante nel 1306, anno in cui il castello, caduto nelle mani del conte di Gorizia, viene raso al suolo in seguito ad un terribile assedio guidato dalle truppe patriarcali.</div>
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La prima ricostruzione avviene tre anni più tardi, nel 1309, ad opera dei Signori di Buttrio: nuovamente ci troviamo di fronte ad una costruzione di stampo militare comprendente un'alta torre, una grande porta di ingresso e mura fortificate. Il suo destino, però, non è proprio roseo: dopo nemmeno sessant'anni, il castello - di nuovo caduto in mani goriziane - viene distrutto da udinesi, cividalesi e gemonesi ribellatisi alla politica espansionistica del conte di Gorizia. </div>
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Il 1383 viene messa in atto la ricostruzione dei bastioni del castello ma, in seguito ad un ennesimo attacco dei cividalesi, sono destinati alla devastazione.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiBwYYvF54yBbELE_eYnAnJNMrDNyGY5E02tXdHsY-14K0LEaeKdKzvM8MvqRBM1Qgj_Hu8K-Fr337Brjq9ZHPJbcACiJ0CFcYtbohN8ev92m1DAJ_tFfyn33bWHx0Rv5PmduE7LIzSH1k8/s1600/davebeltra_87-20160622-0002.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiBwYYvF54yBbELE_eYnAnJNMrDNyGY5E02tXdHsY-14K0LEaeKdKzvM8MvqRBM1Qgj_Hu8K-Fr337Brjq9ZHPJbcACiJ0CFcYtbohN8ev92m1DAJ_tFfyn33bWHx0Rv5PmduE7LIzSH1k8/s320/davebeltra_87-20160622-0002.jpg" width="320" /></a>Per due secoli questo luogo viene distrutto e ricostruito e quando, nel 1415, i Signori di Buttrio vengono spodestati, ciò che rimane del castello è abbandonato a sè stesso: una rovina - o poco più - adagiata, finalmente in pace, su quel tanto sfortunato colle. </div>
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Nel Seicento, però, la famiglia dei de Portis decide di acquistarlo per trasformarlo nella propria residenza. Una villa prestigiosa, circondata da un parco in cui troneggiano pini marittimi, magnolie, cedri del Libano ed altri alberi: da teatro di tragedie armate, il parco diviene ora luogo di lettura, lavori femminili, partite a scacchi, conversazioni, mentre il castello incomincia a definirsi come residenza lussuosa e confortevole.</div>
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Tra il XVII e il XVIII secolo vengono effettuate le migliorie e ristrutturazioni che portano alla struttura oggi conosciuta, con due alte torri (quella a sud est è l'originale del XVII secolo) circondate da edifici rurali di stampo novecentesco e in puro stile liberty. Il tutto, successivamente, viene migliorato ed impreziosito dalla famiglia dei Morpurgo che apporta qualche elemento d'originalità come il terrazzo veneziano e la scala di legno che si trova nell'attuale reception dell'albergo: nientemeno che la scala di una nave da crociera triestina dei primi del Novecento, un tocco di sontuosità che non stona ed impreziosisce la stanza conferendole importanza e suscitando meraviglia agli occhi di chi vi si trova di fronte. </div>
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Anche le sale interne, attualmente, mantengono lo stile liberty: gli stucchi, le porte, i preziosi e ricercati tessuti delle tappezzerie contribuiscono ad immergere il visitatore in un'atmosfera che nulla ha a che vedere con il crudele destino che, nei secoli scorsi, s'accanì sull'antica struttura. Di quell'epoca, databile tra il Duecento ed il Trecento, resta solo la chiesetta dei SS. Gervasio e Protasio, situata di fianco al castello e tutt'ora utilizzata in particolare nella celebrazione di matrimoni.</div>
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© Monica Taddia<br />
Foto © <a href="http://www.instagram.com/davebeltra_87" target="_blank">davebeltra_87</a><br />
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<br />Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-6324523781969370862016-06-22T01:18:00.001+02:002016-06-22T01:37:09.780+02:00Una nuova ipotesi sui misteriosi graffiti della Grotta dell'Addaura<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinvjqAqJf9l7fOEmPlV6YoCQ5IV2R_7sNT0wx20IOsB008V2qqA3QmwcE5nWCVpYVByjtgQ9HNRUP2n2Xrmyk9TXwsAJadbLAQEuX7RBA3h8itUdwBjyzknjXPdXObqV_15Xi21PCxdfu4/s1600/320px-Palermo-Museo-Archeologico-bjs-11.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinvjqAqJf9l7fOEmPlV6YoCQ5IV2R_7sNT0wx20IOsB008V2qqA3QmwcE5nWCVpYVByjtgQ9HNRUP2n2Xrmyk9TXwsAJadbLAQEuX7RBA3h8itUdwBjyzknjXPdXObqV_15Xi21PCxdfu4/s320/320px-Palermo-Museo-Archeologico-bjs-11.jpg" width="213" /></a></div>
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Siamo in Sicilia, nel Golfo di Mondello, a pochi kilometri da Palermo. Sul Monte Pellegrino, in uno scenario mozzafiato dove la terra incontra il mare, una delle antiche grotte ivi presenti cela un insoluto mistero. </div>
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Stiamo parlando del complesso composto dalle tre Grotte dell'Addaura all'interno delle quali si trova un graffito la cui interpretazione fa ancora discutere storici e appassionati di archeologia. </div>
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Tramite il materiale che mi è stato fornito da Giovanni Surdi, geologo e Dottore di ricerca in paleontologia che ho avuto la grande fortuna di conoscere grazie alla mia collaborazione col gruppo di Volgo Italia, ho provato anche io a dare una mia personale interpretazione in merito ai graffiti dell'Addaura. Si tratta, ovviamente, di ipotesi basate sui miei studi da autodidatta e che, quindi, sono da leggersi come tali. Se qualcuno volesse aggiungere pensieri od obiezioni in merito, si senta liberissimo di farlo!</div>
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Secondo le ipotesi che sono state fino ad ora avvallate, pare che si tratti della rappresentazione di un rituale religioso. La presenza di figure animali, oltre che umane, potrebbe in principio far pensare ad una scena di caccia, se non fosse che, al centro del graffito, si trova una stranissima figura. Che cosa sta succedendo esattamente? L'ipotesi più accreditata vi vede due figure maschili "incaprettate", questo perchè probabilmente stanno per essere uccise a seguito di un sacrificio umano (a tal proposito sono fatte notare le eventuali corde che legano il collo e le gambe delle due figure. In questo modo avverrebbe la morte per autostrangolamento). Altri, invece, vi vedono due figure di acrobati o danzatori, forse intenti ad intrattenere gli astanti ad una festa o prima di un rituale preciso. Altri ancora vi vedono un rapporto omosessuale. E non manca chi ha ipotizzato la presenza di elementi extraterrestri. </div>
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Ciò che, comunque, rende unico questo graffito collocabile nell'era dell'Epigravettiano (tra il 10000 e il 7000 a.C.), è la presenza di figure umane così ben rifinite, tanto che alcuni studiosi sono giunti a chiedersi se non si trattasse di un falso storico. </div>
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E se, invece, la risposta, fosse un'altra?</div>
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Ci troviamo, come detto poc'anzi, in una zona geografica molto particolare: un territorio non totalmente pianeggiante con montagne attualmente quasi a picco sul mare. Anche qualora all'epoca la porzione di spiaggia o terra di fronte alla grotta fosse stata più o meno vasta, chi ha vissuto in queste zone avrà sicuramente avuto tutte le caratteristiche delle popolazioni legate ad un ambiente marittimo.</div>
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Considerato ciò, la popolazione si trovava ad essere, a maggior ragione, legata indissolubilmente ai quattro elementi:</div>
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- terra (ovviamente la terra circostante)</div>
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- aria (la montagna)</div>
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- acqua (il mare)</div>
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- fuoco (non soltanto dal fuoco in sé ma anche dal sole che, in un'isola, come qual'è la Sicilia, riflettendo i propri raggi sul mare circostante, ha un effetto ottico maggiore oltre che ovvie conseguenze sulla temperatura)</div>
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Questo tipo di popolazione, perciò, a differenza di altre stanziate in territori di tipo pianeggiante e/o lontane dal mare godeva di una particolare fortuna: non solo conosceva l'asprezza del territorio montano, ma aveva anche a che fare con le alture e gli animali, specie rapaci, che popolano determinati luoghi: conseguentemente ne derivavano ammirazione, stupore, emulazione, ricerca della vicinanza al cielo come territorio "magico" che solo le creature alate possono dominare. </div>
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La creatura alata andava quindi ammirata e rispettata oltre che temuta. Occorreva cercarne le grazie, assomigliarle per comunicare meglio con lei.</div>
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E quale modo migliore del comunicarvi se non utilizzando delle maschere provviste di becco? Ecco perchè, tra le varie figure presenti nel graffito, ne troviamo alcune che indossano questo tipo di travestimento.</div>
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Per sopravvivere, la popolazione non si occupava solo della caccia, ma anche della pesca: il mare offre preziosissimo nutrimento quale pesci (dalle piccole alle grandi dimensioni), crostacei, bivalvi...</div>
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Cacciare era meno semplice: creature come ad esempio gli alci (presenti nel graffito) si arrampicavano facilmente su per le montagne, riuscendo a trovare maggior riparo in caso di pericolo. Da qui sarà certo nata la necessità di creare un rapporto con gli animali che potesse essere quasi benevolo: un addomesticamento ante-litteram? Del resto pare che si inizi a parlare di addomesticamento animale più o meno in questo periodo.</div>
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La caccia inoltre, va ricordato, veniva svolta quasi prevalentemente in gruppo.</div>
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Nel Paleolitico e nel Mesolitico (che sono il nostro periodo di interesse relativo alla datazione dei graffiti) le principali strutture della società erano il clan e la comunità (quest'ultima è il clan allargato ovvero comprendente tutti i parenti delle persone con cui ci si andava a congiungere).</div>
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Probabilmente non vi era una gran differenza tra uomini e donne a livello di importanza/potere, tuttavia, come emerso anche da ricerche svolte da Maria Gimbutas, pare che l'area europea fosse basata su una religione di tipo MATRIARCALE che, quindi, venerava una DEA MADRE (a tal proposito si ricordino i vari manufatti ritrovati in quasi tutta l'area europea e databili anche circa 15mila anni fa, raffiguranti personaggi dalle forme femminili rotondeggianti e voluminose, rappresentanti la fertilità)</div>
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La Dea, come sappiamo grazie a questi ritrovamenti, veniva adorata già durante l'era paleolitica,dal 50.000 all'8.000 avanti Cristo.</div>
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Numerosi sono i simboli all'interno di questo graffito che ci riportano al culto del divino femminile. Verranno spiegati in seguito.</div>
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Partiamo invece da quelle che è la parte "bassa" del graffito dove i protagonisti principali sono gli ANIMALI. Guardando dal basso verso l'alto notiamo alcune figure che possono essere interpretate senza troppi fraintendimenti come bovini ed equini (una potrebbe essere una pecora o comunque un ovino) </div>
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Proseguendo abbiamo tre figure maschili (riconoscibili per il fallo o, forse, astuccio fallico), ed una femminile col ventre prominente.</div>
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Una delle figure maschili (quella più a sinistra)sta rincorrendo un bovide per cacciarlo.</div>
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Un'altra tiene qualcosa di lungo nella mano destra: a logica uno strumento di caccia, visto che sta prendendo la stessa direzione del personaggio di cui sopra. Notiamo,però, che mentre quello di cui sopra NON ha maschere addosso, questo pare proprio avere la maschera con tanto di becco che caratterizza i personaggi che incontreremo nella parte alta del graffito. E se fosse invece una specie di strumento musicale, magari costruito con lunghe canne o con rami/tronchi cavi? Ad avvalorare l'ipotesi, vi è il fatto che il volto di costui non sia rivolto verso il compagno cacciatore ed il bovino ma su quella che potrebbe essere l'impugnatura o l'imboccatura dello strumento stesso.</div>
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Una terza figura maschile (quella più a destra) porta qualcosa "alla cintura". Una sacca? E se invece fosse un tamburo? Questi prende una direzione completamente diversa, sta recandosi verso il fulcro della cerimonia. </div>
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Vi è infine una figura femminile con un ventre enorme, quindi gravida. Di fianco a lei, un animale con le CORNA la cui forma ricorda la MEZZALUNA. Questo è, a mio avviso, uno dei punti chiave dell'intera vicenda.</div>
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Infatti con la figura femminile affiancata all'animale inizia a delinearsi un cammino a SPIRALE che, dall'esterno, si sviluppa verso l'interno, con moto ANTIORARIO.</div>
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Sappiamo che nell'arte rupestre paleolitica la spirale viene associata a immagini di falci di luna o ANIMALI le cui corna hanno la forma della FALCE di luna. </div>
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La spirale è sinonimo di CICLO DELLA VITA oltre che della CREAZIONE, simboleggia fecondità ma anche il LUNARE e l'ACQUATICO</div>
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La danza a spirale, che è già prerogativa di questo periodo storico, aiuta l'uomo a raggiungere uno stato di "estasi" che l'aiuta in un qualche modo ad avvicinarsi il più possibile alle divinità.(Consiglio di confrontare con <a href="http://www.ilcerchiodellaluna.it/central_Simboli_danzaspirale.htm">http://www.ilcerchiodellaluna.it/central_Simboli_danzaspirale.htm</a> )</div>
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Il senso antiorario della spirale simboleggia l'ACQUA e l'allontanamento del CALORE, quindi del sole. Presumibilmente, quindi, questo rituale è stato effettuato in autunno se non addirittura in inverno, quando le ore di luce iniziano a diminuire; poichè la spirale viene spesso accomunata al solstizio, è più facile pensare che il rituale sia avvenuto durante il solstizio autunnale o quello invernale.</div>
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Il senso centripeto solitamente tende ad essere il movimento inverso alla creazione, quindi il riassorbimento, il ritorno, in alcuni casi la morte.</div>
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TUTTAVIA essendo il CENTRO considerato il CANALE DELLA VITA, in questo caso potrebbe non essere prevista la morte degli individui al centro della scena.</div>
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Ricordiamo infatti che nella DANZA A SPIRALE il danzatore cerca di entrare in connessione con il ciclo della vita. </div>
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Osserviamo ora le figure che si trovano lungo la spirale. </div>
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Si tratta per lo più di figure maschili che indossano un copricapo (potrebbe non essere un copricapo rituale ma semplicemente un segno di riconoscimento del clan) e quella che con tutta probabilità è una maschera a forma di BECCO.</div>
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Poichè l'autore del graffito non ha indicato la presenza di un apparato genitale maschile in tutti i personaggi, si presuppone che alcuni siano donne, forse vi è anche una bambina/ragazzina dal momento che una delle presunte donne è stata ritratta con minore statura. </div>
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Sulla destra, inoltre, notiamo proprio "in fila" nella spirale, una testa di alce/daino (ritroviamo l'indicazione delle corna a forma di falce).</div>
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I movimenti in cui i personaggi sono immortalati sono tipici di una danza e ne rappresentano le varie fasi. Sono movimenti che vanno quasi a toccare il suolo con le braccia per poi innalzarle verso l'alto. Una connessione, quindi, tra terra e cielo.</div>
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Le due figure centrali restano l'enigma principale del graffito. </div>
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Partiamo da quella superiore. Una figura maschile (il fallo è ben visibile, addirittura più pronunciato rispetto a quello degli altri), anch'esso con una maschera a becco, pare essere privo del copricapo. </div>
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Vi sono delle linee rette che paiono quasi essere un imbracatura che circonda il torso dell'uomo, viene fatta passare per la schiena e forse va a legarsi ai piedi. E', questo, ciò ha fatto pensare che si trattasse di una forma di incaprettamento che costringesse l'uomo ad essere vittima sacrificale assieme al compagno di cui sotto.</div>
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Quest'ultimo è anche esso raffigurato con un fallo pronunciato. Potrebbe essere visto con la testa rivolta verso sinistra, il copricapo, la maschera a becco, la schiena arcuata,le gambe coperte dalla figura di quello sopra di lui. E anch'egli incaprettato all'incirca come il suo "compagno"</div>
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Ma se le figure in realtà fossero TRE? Ipotesi azzardata, forse una forzatura. Eppure non per questo meno logica rispetto alle altre. </div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghQyNFg-6wreohto7d4uWUupj3VoEoeeBUP3xdHvRJPFDTEm-kxcshb3htGHacYK7MN34Hfsd68F6oXlegfVhVlW94M4ATNdyXSNbisy0hGHo6oiFPzdowtNy-McmmoTUZvgxg_SqJYrLg/s1600/addaura+colorato.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="218" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghQyNFg-6wreohto7d4uWUupj3VoEoeeBUP3xdHvRJPFDTEm-kxcshb3htGHacYK7MN34Hfsd68F6oXlegfVhVlW94M4ATNdyXSNbisy0hGHo6oiFPzdowtNy-McmmoTUZvgxg_SqJYrLg/s320/addaura+colorato.jpg" width="320" /></a></div>
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Secondo questa mia interpretazione si tratterebbe di due uomini (in azzurro e giallo) e una donna (in verde) </div>
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L'uomo in azzurro ha il pene che, in questo caso, tende sia verso la vagina della donna che verso l'ano dell'altro uomo, il quale è sdraiato a pancia in giù, forse dopo aver a sua volta avuto un rapporto rituale con la donna. </div>
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La donna, rappresentata con la parte che va dal bacino alle ginocchia più lunga del normale, pare quasi una figura "sireniforme". Questa potrebbe essere non tanto una rappresentazione del vero quanto una scelta artistica atta a sottolineare il ruolo di "divinità marina" che la donna svolge all'interno del rituale.</div>
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In questo caso, le linee che io ho evidenziato in rosso equivarrebbero all'energia che già proviene dall'utero della donna (già stata fecondata da un altro) mentre quelle che ho marcato in bianco sarebbero non un imbracatura da incaprettamento bensì </div>
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- il movimento/lo sforzo compiuto oppure</div>
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- una specie di vestiario rituale </div>
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Non essendo visibile per intero la terza figura non sappiamo se anche essa possieda questo capo di vestiario e quindi si trovi allo stesso "rango". Anche perchè il personaggio in azzurro pare effettivamente non essere in possesso del copricapo. (L'altro invece ha un becco più grosso e il copricapo quasi come se fosse scomposto, forse un ulteriore segno dello sforzo sessuale compiuto)</div>
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<br /></div>
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Inoltre si può pensare che il rituale fosse atto a richiedere la benevolenza del mare poichè con gli animali già esisteva un rapporto di cooperazione: si trovano tutti al di sotto del disegno, e alcuni di essi sono all'interno del cerchio come ad indicare il loro ruolo di esseri subordinati all'uomo oltre che ad avere la funzione di simboleggiare la Dea Madre. </div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Alla luce di tutte queste affermazioni quel che si puo' dedurre, in sommi capi, è questo.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
- Si trattava di un rito propiziatorio compiuto il giorno del solstizio di autunno o di inverno.</div>
<div style="text-align: justify;">
- Il rito si svolgeva tramite danza a spirale con movimenti dall'alto verso il basso per richiamare le forze del cielo e della terra</div>
<div style="text-align: justify;">
- La danza a spirale di per sè rappresentava il ciclo della vita e aiuta a sentirsi in comunione con la divinità</div>
<div style="text-align: justify;">
- Gli astanti indossavano maschere dal becco d'uccello per sentirsi più vicini ai rapaci e, di conseguenza, alla loro forza ed al cielo</div>
<div style="text-align: justify;">
- Il rito era probabilmente accompagnato da musica (un uomo con un tamburo e due con delle canne/flauto ?)</div>
<div style="text-align: justify;">
- Il rito era dedicato alla Dea Madre (figura della donna incinta e del cervo)</div>
<div style="text-align: justify;">
- Il rito era atto a propiziarsi anche la fertilità della pesca (spirale= acqua e vita) nel momento più buio dell'anno (e quindi con meno ore disponibili a cacciare mentre la pesca può fondamentalmente avvenire anche al buio)</div>
<div style="text-align: justify;">
- Il rito era atto a ingraziarsi la benevolenza del mare: la donna al centro ha il corpo che ricorda quello di una donna/pesce </div>
<div style="text-align: justify;">
- Nel rito due uomini fecondavano la donna/pesce affinchè una doppia fecondazione possa essere più produttiva (più pesci nel mare)</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Il fatto che il senso centripeto possa essere sinonimo di morte ci potrebbe far intuire questa donna non verrà effettivamente fecondata: potrebbe essere una bambina oppure una donna incapace di avere figli. Oppure che il nascituro verrà in seguito sacrificato al mare. O, ancora, che uno, due o tutti e tre i personaggi troveranno la morte alla fine del rituale. </div>
<div style="text-align: justify;">
Trovo però improbabile la prima e l'ultima ipotesi dal momento che la scelta artistica dell'autore si è concentrata moltissimo sul centro della spirale, e questa quantità di particolari (compreso il tratto più marcato dell'incisione) ci fa pensare che in realtà si tenda esclusivamente alla procreazione. Del resto al principio della spirale appare una donna incinta. Quindi si giunge esattamente al punto di origine, l'atto sessuale che dovrebbe dare origine ad una nuova vita. Che, probabilmente, in un qualche modo, placherà le richieste del mare tramite sacrificio ad esso.</div>
<br />
© Monica Taddia<br />
<i>Foto tratta da Wikipedia </i>Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-51560798996015905972016-06-21T23:54:00.001+02:002016-06-22T00:00:16.376+02:00Il manicomio di Mombello a Limbiate <a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhj61c2_NbVSR5OmY4hJzcJxnGb6KmgTAOek-bXlMtJbgq0Poq-chX5VVqXqbDDOZdRdeW5NLfcYS8kQV0lhXQR1Fa29IELUFIcm5RSCr86yaDQNHFQxtSYWSrqVLfbvG6oU3-TGIoJsNI2/s1600/darkmiryam-20160621-0001.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhj61c2_NbVSR5OmY4hJzcJxnGb6KmgTAOek-bXlMtJbgq0Poq-chX5VVqXqbDDOZdRdeW5NLfcYS8kQV0lhXQR1Fa29IELUFIcm5RSCr86yaDQNHFQxtSYWSrqVLfbvG6oU3-TGIoJsNI2/s200/darkmiryam-20160621-0001.jpg" width="160" /></a><span style="text-align: justify;">Conosciuto come "il manicomio di Mombello", l'ex Istituto di Cura Antonini è un reperto archeologico moderno a cielo aperto. Giungere dinnanzi all'entrata e trovarsi di fronte a una guardiola abbandonata in evidente stato di degrado e vandalismo è un chiaro biglietto da visita rispetto a ciò che troveremo all'interno di questa struttura. Eppure, quel che fino a una trentina d'anni fa era uno dei poli ospedalieri più conosciuti e rinomati d'Italia, in parte sopravvive. Alcuni dei vecchi padiglioni sono stati, infatti, riqualificati: ne è un esempio lampante la villa Arconati-Crivelli in cui, ora, ha sede l'Istituto Agrario. Anche il giardino e l'oratorio di San Francesco (ove si sposarono Elisa e Paolina, celebri sorelle di Napoleone Bonaparte) sono stati recentemente riavviati verso gli illustri splendori. </span><br />
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Non è difficile immaginare il motivo per cui la collina di Mombello sia stata così soprannominata (il toponimo è un'abbreviazione di Monte Bello):dal retro di Villa Arconati-Crivelli si ha una splendida panoramica del paesaggio circostante. </div>
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<a name='more'></a><br />
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Ma quel che attira è la parte più "oscura" di Mombello. Quella rinchiusa all'interno di edifici le cui porte sono state lasciate aperte e che, nonostante i vari segnali di pericolo di crollo e fasciature edili, in un modo o nell'altro continua a respirare. Morbosamente. Di giorno, per lo più, grazie ad appassionati di urbex, semplici curiosi o writers alla ricerca di un nuovo muro su cui esprimere la propria arte. Di notte diviene, invece, il regno di senzatetto, tossicodipendenti e prostitute.</div>
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L'ospedale psichiatrico prese il nome da Giuseppe Antonini, direttore dal 1911 al 1931, un vero e proprio innovatore nella cura delle malattie mentali. Fu infatti lui a sperimentare percorsi riabilitativi comprendenti l'ausilio della musica, dell'arte e dell'attività fisica, volti principalmente alla reintegrazione societaria e a uno stile di vita più consono per coloro che soggiornavano all'interno di queste mura. </div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh7h-Q2kZB-D61ykZ57cNRgCwbMQJsaKvqyKjHOWyGLTsf93f_95O9V8vFoWshqT66VuC8XI5JwVAO9PK-X88BXTsHpQE2xuJxhG3pHJ_OMy2_uyqD-W93ew8TMdri40_EGxboxCZWLovx4/s1600/darkmiryam-20160621-0003.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="239" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh7h-Q2kZB-D61ykZ57cNRgCwbMQJsaKvqyKjHOWyGLTsf93f_95O9V8vFoWshqT66VuC8XI5JwVAO9PK-X88BXTsHpQE2xuJxhG3pHJ_OMy2_uyqD-W93ew8TMdri40_EGxboxCZWLovx4/s320/darkmiryam-20160621-0003.jpg" width="320" /></a>La storia dell'istituto però risale all'agosto del 1865 quando, a causa del sovraffollamento della Senavra (il manicomio di Milano) e di uno scoppio epidemico di colera, una sessantina di malati venne trasferita all'interno Villa Pusterla-Crivelli. Vennero, quindi, iniziati lavori di adeguazione e ristrutturazione, compiutisi del tutto solo un paio di anni più tardi, nell'ottobre del 1867. A tale data gli ospiti erano 300: 150 uomini e 150 donne debitamente divisi. Pian piano quello racchiuso all'interno del parco divenne un vero e proprio villaggio grazie alla costruzione di nuovi padiglioni, ognuno con una differente funzione. Non solo meri ospedali, quindi, ma anche laboratori scientifici, cucine, una sartoria, una tipografia e molto altro ancora. Tutto ciò rese Mombello unico nel suo genere. </div>
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All'epoca i degenti non erano suddivisi in base al tipo di patologia, bensì per comportamento: "tranquilli", "agitati", "sudici", "lavoratori" erano solo alcune di queste categorie, ognuna delle quali aveva un padiglione o un reparto dedicato. Gli "agitati", però, erano internati al "Campo della Palma": di questo non rimangono altro che un campo ed un cancello laddove si trovava una struttura ormai non più esistente. </div>
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I degenti più "tranquilli" potevano godere di una specie di libertà "vigiliata" e, a volte, venivano portati a passeggio fuori dalle mura delle strutture. Allora gli abitanti del paese, per impaurire i bambini, additavano quelle file di uomini e donne vestiti con tristi casacche grigie, intimando loro: "Se non ti comporti bene ti mando dai matti di Mombello!".</div>
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<br /></div>
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Nel 1978, a seguito della Legge Basaglia, a poco a poco tutti i manicomi italiani iniziarono a chiudere. Quello di Mombello venne prima riconvertito e, infine, chiuso del tutto nel 1999. </div>
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<br /></div>
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Purtroppo cio' che rimane ora delle strutture "visitabili" di Mombello è stato quasi del tutto distrutto a causa di un vandalismo massiccio e controproducente: se, da una parte, il fascino di una natura che si sta riappropriando dei suoi spazi da luogo a scene mozzafiato, dall'altra diventa quasi impossibile muoversi con sicurezza tra un corridoio e l'altro a causa dello strato di vetri infranti che ricopre i pavimenti. </div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjKXJUX6mSVKWkELVCIYv9NUmb6PK9N9B_1ySAcfC3_vEi14wrftHn1VGKMWulfCwDxeq7-OZyG5GLuGRdRToN4Oyio5xAf_cl0xUmGZEWUXZK-Mtk5WbRZEv5TzVRJywOmZiyUM9FtSK1A/s1600/darkmiryam-20160621-0002.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjKXJUX6mSVKWkELVCIYv9NUmb6PK9N9B_1ySAcfC3_vEi14wrftHn1VGKMWulfCwDxeq7-OZyG5GLuGRdRToN4Oyio5xAf_cl0xUmGZEWUXZK-Mtk5WbRZEv5TzVRJywOmZiyUM9FtSK1A/s320/darkmiryam-20160621-0002.jpg" width="255" /></a></div>
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Impossibile dire se questo sia un luogo di "fantasmi". Sicuramente è stato un luogo di profonda sofferenza, tutt'ora percepibile con una lieve sensazione di angoscia o tristezza. Tante sono le leggende legate a questo posto, seppur non abbiano ritrovato riscontro storico. C'è chi dice che di notte vi siano presenze inquietanti, chi dice di essersi sentito "gli occhi puntati addosso" durante la visita di alcune ali degli edifici, ma considerato che - come detto poc'anzi - questa è divenuta dimora di nomadi e senzatetto, il tutto può essere facilmente interpretabile con coerenza.</div>
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<br /></div>
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Storicamente provato, invece, che tra queste mura sia stato ospite anche Benito Albino Dalser, il figlio nato da una relazione tra Benito Mussolini ed Ida Irene Dalser. Secondo la versione ufficiale, questi morì di consunzione nel 1942; ciò non toglie che la prematura scomparsa abbia fatto circolar voci secondo le quali si sia, piuttosto, trattato di un vero e proprio "delitto di regime". Tuttavia, la storia di Benito Albino merita un capitolo a parte che verrà sicuramente ripreso prossimamente. </div>
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<br /></div>
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Rispetto a qualche anno fa non rimane molto, eppure è ancora possibile trovare, nelle stanze più o meno in penombra dei singoli padiglioni, mobili, sanitari, qualche letto, strumenti ospedalieri, materassi, sedie, mentre sulle pareti troneggiano graffiti (alcuni di ottima fattura), scarabocchi, frasi ad effetto e bestemmie. Numerosi documenti clinici sono sparpagliati per tutto l'edificio: con un po' di pazienza è possibile trovarne qualcuno ben dettagliato in cui la storia del paziente può essere debitamente ricostruita.</div>
<div style="text-align: justify;">
Quando, poi, entrando in una delle stanze del piano di sopra di uno di questi edifici, troviamo adesivi con i nomi dei pazienti appiccicati sulle ante degli armadi, ci rendiamo conto che i "matti di Mombello" non se ne sono mai andati del tutto, sono ancora lì, custodi di una memoria che non vuole essere dimenticata. </div>
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<br /></div>
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Per una storia più approfondita del manicomio di Mombello, vi suggerisco di dare un'occhiata al sito dell'Aspi (Archivio storico della psicologia italiana), dal quale ho anche estratto alcune informazioni utlizzate in questo articolo. </div>
<div style="text-align: justify;">
<a href="http://www.aspi.unimib.it/collections/entity/detail/216/">http://www.aspi.unimib.it/collections/entity/detail/216/</a></div>
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© Monica Taddia (foto ed articolo)<br />
Grazie alle mie compagne d'avventura Chiara e Sara!<br />
<br />
<br />Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-17756566247721783162016-05-10T00:21:00.000+02:002017-10-23T23:08:26.125+02:00Il fantasma di Maria d'Avalos<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div style="text-align: right;">
<i>Piangete, o Grazie, e voi piangete, o Amori,</i></div>
<div style="text-align: right;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgG5h3N1_5YvNsEfTkj0rJTt3WLXb7TQXgfNurHvyxq6_06vtFeC2KTeYjZ3FTILTeYgYBhHrQxANioCEt7h5u1rQRbGV11AEVEheFYviEqItUjl6TLW7pzCgeBLaZTMj8LrSrmrLaa0aa1/s1600/Perdono_di_carlo_gesualdo_1609.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1161" data-original-width="769" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgG5h3N1_5YvNsEfTkj0rJTt3WLXb7TQXgfNurHvyxq6_06vtFeC2KTeYjZ3FTILTeYgYBhHrQxANioCEt7h5u1rQRbGV11AEVEheFYviEqItUjl6TLW7pzCgeBLaZTMj8LrSrmrLaa0aa1/s320/Perdono_di_carlo_gesualdo_1609.jpg" width="211" /></a><i> Feri trofei di morte, e fere spoglie</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i> Di bella coppia, cui n’ invidia e toglie,</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i> E negre pompe e tenebrosi orrori.</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i>Piangete, o Ninfe, e ‘n lei versate i fiori,</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i> Pinti d’antichi lai l’umide foglie;</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i> E tutte voi, che le pietose doglie</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i> Stillate a prova, e i lacrimosi odori.</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i> Piangete, Erato, e Clio, l’orribil caso;</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i> E sparga in flebil suono amaro pianto,</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i> In vece d’acque dolci, omai Parnaso.</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i> Piangi, Napoli mesta, in bruno manto,</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i>Di beltà, di virtù l’oscuro caso;</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i>E 'n lutto l'armonia rivolga il canto.</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i></i></div>
<a name='more'></a><br />
<div style="text-align: right;">
<i>Alme leggiadre a maraviglia, e belle,</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i>Che soffriste morendo aspro martiro,</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i>Se morte, amor, fortuna, il Ciel v’uniro,</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i>Nulla più vi divide, e più vi svelle;</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i>Ma, quai raggi congiunti, o pur facelle </i></div>
<div style="text-align: right;">
<i> D'immortale splendor nel terzo giro,</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i> Già fiammeggiate; e del gentil desiro</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i>Son più lucenti le serene stelle.</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i>Anzi è di vostra colpa il Cielo adorno,</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i> ( Se pur è colpa in duo cortesi amanti )</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i>Fatto più bello all'amoroso scorno.</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i>Chi biasma il vostro error ne' tristi pianti,</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i> Incolpi il Sol, che ne condusse il giorno,</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i> Ch'in tal guisa fallir le stelle erranti.</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><b>In morte di due nobilissimi amanti - Torquato Tasso</b></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La triste storia di Maria d'Avalos mosse a compassione addirittura Torquato Tasso, il quale ne immortalò per sempre il ricordo attraverso il sonetto "In morte di due nobilissimi amanti".</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Ella non ebbe molta fortuna nonostante fosse conosciuta come "la donna più bella di Napoli". Dopo due matrimoni finiti, venne data in sposa al cugino Carlo Gesualdo, principe di Venosa, in modo che il patrimonio familiare non andasse disperso. L'ennesimo matrimonio combinato per interesse e che solo grazie ad un permesso ottenuto tramite apposita bolla papale potè essere celebrato.</div>
<div style="text-align: justify;">
Carlo Gesualdo, più giovane di lei di cinque anni, era un compositore di madrigali, innamorato della musica e dalla mente geniale. Uomo brillante, insomma, ma estremamente geloso ed ossessivo e, a quanto si dice, nemmeno molto attraente. </div>
<div style="text-align: justify;">
Con simili presupposti, che Maria d'Avalos finisse per invaghirsi di un altro fu pressoché inevitabile e, ben presto, sia la nobiltà sia gran parte del popolo iniziarono a commentare questo chiacchierata nuova storia d'amore tra la bella Maria e Fabrizio Carafa, duca d'Andria e conte di Ruvo. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
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In principio Carlo Gesualdo non badò troppo alle malelingue ma dovette ricredersi quando queste iniziarono ad essere sempre più insistenti e uno dei suoi più fidati servi gli riferì che la moglie non era quella santa che pareva voler essere. </div>
<div style="text-align: justify;">
Roso dal tarlo della gelosia e del sospetto, il principe di Venosa annunciò alla d'Avalos che si sarebbe recato ad una battuta di caccia e che sarebbe rimasto fuori zona per diverso tempo: in realtà la battuta durò una sola giornata ed egli rientrò la notte stessa, con la speranza di cogliere in fragrante la fedifraga moglie. </div>
<div>
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Fu così che la notte del 17 ottobre 1590 all'interno di Palazzo Sangro,dimora di Carlo Gesualdo e Maria, i due amanti, colti in atto di adulterio, vennero uccisi a pugnalate: non è dato sapere se sia stato l'uomo tradito o, come altri dicono, alcuni scagnozzi da lui assoldati. Quello che sappiam per certo, grazie ad un documento redatto dall'ambasciatore veneto ed inviato al senato il 19 ottobre 1590, è che il primo ad essere stato ucciso sia stato Fabrizio Carafa.</div>
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<br /></div>
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Solamente il figlioletto Emanuele venne risparmiato da questa follia, nonostante in molti ritenessero assomigliasse più a Carafa che non al principe di Venosa. Emanuele, dopo molti anni, riuscirà a perdonare il tremendo gesto del padre: questo fatto verrà ricordato in un quadro di Giovanni Balducci del 1609 intitolato "Il perdono di Carlo Gesualdo" e si trova, ora, nella chiesa di Santa Maria delle Grazie. </div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Carlo Gesualdo decise di andarsene da Napoli, non tanto per timore dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria quanto per evitare ritorsioni causate dal risentimento della famiglia. Interruppe inoltre bruscamente la propria amicizia con il poeta Torquato Tasso, avendo saputo che anch'egli conosceva il segreto della moglie. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Si narra che il corpo di Maria d'Avalos non sia stato rispettato nemmeno dopo la morte: esposto nella chiesa di San Domenico Maggiore, prima d'esser sepolto assieme a quello dell'amante in un'arca monumentale, venne preso di mira da un domenicano che ne abusò senza ritegno alcuno. Ma sono voci. Le stesse voci che, probabilmente, affermarono di aver visto vagare nei pressi del palazzo, nelle notti seguenti, il fantasma di una donna le cui urla agghiaccianti erano ben udibili fino a non molti decenni fa a chi abitava nei pressi del palazzo o anche solo vi si avvicinava. Quando nel 1889 crollò l'ala del palazzo in cui venne commesso l'omicidio, la maledizione che da sette generazioni gravava sulla famiglia di Carlo e Maria, pare essersi spezzata. </div>
<div style="text-align: justify;">
Dopo il crollo, il fantasma di Maria è stato visto di nuovo: si aggira nei pressi del portale del palazzo di Sangro o in quelli dell'Obelisco di San Domenico Maggiore. Continua ad urlare e piangere, senza pace. Ma chi è riuscito a vederla dice che è ancora una donna bellissima.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Quando negli anni Novanta l'Università di Pisa ricevette l'incarico di scoperchiare le arche in cui vennero sepolti i due amanti si trovò di fronte ad un caso curioso: del corpo della bella Maria non era rimasta alcuna traccia. </div>
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<br /></div>
<b>© Monica Taddia</b><br />
<i>Immagine: Il perdono di Carlo Gesualdo, Giovanni Bladucci</i>Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-44398577485813005072016-03-28T01:11:00.002+02:002016-03-28T01:11:31.776+02:00Conchiglie e campane mute nella tradizione piemontese <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgPc5AcuSm7Wqg3ZrO0zPeNkhZmhh__tI5XwNvmyNuglNimUqdYxGofzC3hmgH3mvNt7l6UTBao_RfcP-PUXjZ4seqbgxA3wPyQdk56EDlW_eM6UfcHWYxlc21Ag6_olCZci0QljT5xS4TZ/s1600/photo_2016-03-27_00-51-46.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgPc5AcuSm7Wqg3ZrO0zPeNkhZmhh__tI5XwNvmyNuglNimUqdYxGofzC3hmgH3mvNt7l6UTBao_RfcP-PUXjZ4seqbgxA3wPyQdk56EDlW_eM6UfcHWYxlc21Ag6_olCZci0QljT5xS4TZ/s320/photo_2016-03-27_00-51-46.jpg" width="256" /></a></div>
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Antichi riti pagani primaverili si fondono con la liturgia pasquale cristiana. Questo è quanto accade in gran parte del Piemonte ed in alcune zone della Liguria e della Francia in occasione della Settimana Santa.<br />
<br />
Nelle Langhe il periodo che va dal Mercoledì al Venerdì Santo viene chiamato "Le Tenebre". Sono i giorni in cui non si deve cantare, ballare o far schiamazzi, cupo momento in cui si rammenta la morte del Cristo e le campane, in segno di lutto, vengono lasciate mute - così come i campanelli durante la messa - ed ogni tipo di paramento religioso viene coperto da drappi viola.<br />
<a name='more'></a><br /><br />
In alcune zone del cuneese, come Cortemilia e Santo Stefano di Roero, e nel vercellese (ad esempio a Crescentino) era usanza, per i giovani del luogo, girovagare per il paese suonando all'interno di grosse conchiglie per annunciare il mezzogiorno.<br />
Tutt'ora a Castagnito (Cn), il mezzogiorno del Sabato Santo, suonatori di conchiglie e raganelle si riuniscono sul belvedere di Castelverde per eseguire l'antico rituale: otterranno risposta dagli abitanti di Castellinaldo e Guarene.<br />
<br />
Di queste conchiglie se ne possedeva una per ogni casa ed erano tramandate di padre in figlio, per generazioni. Utilizzate esclusivamente nel periodo della Settimana Santa o in occasione di disgrazie, vengono chiamate col nome patois di <i>lumàssess.</i> Pare che le prime siano arrivate nientemeno che dalla Savoia attraverso le vie del sale provenzali. In italiano sono indicate coi nomi di <i>buccina</i>,<i> tromba marina </i>e<i> tritone </i>ma sono scientificamente conosciute come <i>Charonia Lampas</i> e <i>Charonia Tritonis</i>: per utilizzarle ne viene rotta la punta in modo da potervi soffiar dentro e produrre il tipico suono dalle lugubri sfumature.<br />
Tali conchiglie si ritrovano anche nel folklore della Lunigiana, associate non alla liturgia pasquale bensì alle celebrazioni dei matrimoni di vedovi o persone anziane.<br />
<br />
Sino a non molti anni fa a Balme (To) la sera del Giovedì Santo aveva luogo la Festa dìi Djudè (Festa dei Giudei), ribattezzata in tempi più recenti "Alà a sounaìia".<br />
Si trattava di una chiassosa processione durante la quale i vicoli del paese venivano letteralmente invasi da uomini "armati" di conchiglie, corna di caprone e campanacci. Questo frastuono voleva essere l'opposto della musicalità divina e, quindi, rappresentazione sonora delle potenze diaboliche trionfanti per la morte del Figlio di Dio.<br />
Fino a metà degli anni Trenta del secolo scorso la processione giungeva fino all'interno della chiesa ove, al momento della lettura evangelica relativa alla Passione di Cristo del Giovedì Santo, venivano suonate le conchiglie. Rito che venne proibito quando il sacerdote si accorse che suddette conchiglie venivano riempite di vino e magistralmente svuotate durante la messa.<br />
<br />
Anche a Sinio (Cn) i suonatori di conchiglie e raganelle avevano l'accesso alla chiesa, ma solo al termine della messa serale del Venerdì Santo. Un gruppo di giovani rimaneva in attesa sul sagrato fin quando il sacerdote, dopo aver spento tutte le candele, usciva a chiamarli. Ecco che, allora, i ragazzi entravano e, per una decina di minuti, compivano il loro angosciante concerto. Anche questa usanza, purtroppo, è andata perduta.<br />
<br />
E se nel duomo di Chieri (To), durante la Settimana Santa il richiamo delle campane è stato per lungo tempo sostituito con quello di una grande conchiglia, nelle Langhe la benedizione dell'ostia era accompagnata dal suono di bàttole e raganelle.<br />
I suonatori di conchiglie facevano la loro apparizione il Sabato Santo quando, a mezzogiorno, partendo dalle chiese costeggianti il crinale delle Langhe, giungevano sino al punto più alto del paese annunciando così che il momento della resurrezione era vicino.<br />
<br />
In tutta Europa le conchiglie sono state utilizzate per lunghissimo tempo all'interno di riti pagani, in special modo cerimonie legati a fertilità, nascita e rinascita. Suonare, quindi, la conchiglia in una simile occasione non è soltanto simbolo di cupezza e dolore ma è anche un modo per ricordare - seppur attraverso retaggi ancestrali - la rinascita del Cristo Salvatore, l'inizio di nuova vita ed una delle tappe più importanti della ruota dell'anno: il ritorno della primavera.<br />
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<a href="https://www.instagram.com/laura.cerruti/" target="_blank"><br /></a></div>
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© Monica Taddia </div>
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Foto di <a href="https://www.instagram.com/laura.cerruti/" target="_blank">Laura Cerruti</a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-18211441588812141622016-01-10T22:51:00.000+01:002016-01-10T22:51:30.615+01:00Proverbi palermitani <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQK_0qUbPtfhf-OzDEGO1pm7-1yB2g6QNjo1eozNahYhB2H6wY19-VF8k12effnz2_YdbfzZ_7p6BGg0qgiunt3GqXxFNg2tMFxR9dteRUKwtsBHln689_ydyR3h3MxpJ8VtEAtcpRBYj_/s1600/palermocattedrale.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQK_0qUbPtfhf-OzDEGO1pm7-1yB2g6QNjo1eozNahYhB2H6wY19-VF8k12effnz2_YdbfzZ_7p6BGg0qgiunt3GqXxFNg2tMFxR9dteRUKwtsBHln689_ydyR3h3MxpJ8VtEAtcpRBYj_/s320/palermocattedrale.png" width="256" /></a></div>
<div style="text-align: right;">
<b>U immurutu nmienzu a via lu so immu un si talia</b></div>
<div style="text-align: right;">
Il gobbo che va per la via la sua gobba non si guarda</div>
<div style="text-align: right;">
<br /></div>
<div style="text-align: right;">
<b>Chiù scuru i menzanuotte un pò fari</b></div>
<div style="text-align: right;">
Più buio di mezzanotte non può fare</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: right;">
<b>Cu pratica u zoppu all’anno zuppichìa</b></div>
<br />
<div style="text-align: right;">
Chi va con lo zoppo impara a zoppicare</div>
<a name='more'></a><br />
<div style="text-align: right;">
<b>I parenti sunnu comu e scarpi, chiù sunnu strippi chiù astruppinunu</b></div>
<div style="text-align: right;">
I parenti sono come le scarpe, più sono stretti più fanno male</div>
<div style="text-align: right;">
<br /></div>
<div style="text-align: right;">
<b>Megghiu u tintu canusciutu ca u tintu a canusciri</b></div>
<div style="text-align: right;">
Meglio il furbo conosciuto che il furbo ancora da conoscere</div>
<div style="text-align: right;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: right;">
<b>U cani muzzica sempre u cchiù spaiddatu</b></div>
<div style="text-align: right;">
Il cane morde sempre il più straccione</div>
<div style="text-align: right;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: right;">
<b>U picca abbasta e l’assai assuviecchia</b></div>
<div style="text-align: right;">
Il poco basta e il troppo rimane</div>
<div style="text-align: right;">
<b><br /></b></div>
<div style="text-align: right;">
<b>Ti manciasti u sceccu e ti confunnisti pa cura</b></div>
<div style="text-align: right;">
Ti sei mangiato l’asino e ti confondi per la coda</div>
<div style="text-align: right;">
<b><br /></b></div>
<div>
<div style="text-align: right;">
<b>Si comu u rui ri renari quannu a briscula è a mazzi</b></div>
<div style="text-align: right;">
Sei come il due di denari quando la briscola è a mazze</div>
</div>
<div style="text-align: right;">
<br /></div>
<div style="text-align: right;">
<br /></div>
<div style="text-align: right;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
© Giovanni Surdi</div>
<div style="text-align: left;">
<i>Foto: Cattedrale di Palermo - <a href="https://www.instagram.com/gshark80/" target="_blank">Giovanni Surdi</a></i></div>
Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-10845364118755412442016-01-09T03:40:00.002+01:002017-10-23T23:10:24.339+02:00La Strega Enormissima di Bologna <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQNTHgqqBpaiTjtAWa5MNg1jr2A0-7TMJ_5NVqiSBMxP0npGAWYkj9S6pnmgWFtuVStd1PbOmKFhWEmfg4N-FwUvTlvLoxPDMUXMQo_YFCrFnZZtMddEXk1YOh9t-yU2fYAh90hGPr43LO/s1600/strega_80x80.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="602" height="198" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQNTHgqqBpaiTjtAWa5MNg1jr2A0-7TMJ_5NVqiSBMxP0npGAWYkj9S6pnmgWFtuVStd1PbOmKFhWEmfg4N-FwUvTlvLoxPDMUXMQo_YFCrFnZZtMddEXk1YOh9t-yU2fYAh90hGPr43LO/s200/strega_80x80.jpg" width="200" /></a></div>
Quando si parla di "luoghi delle streghe" italiani, i primi nomi che saltano alla mente sono Benevento, Triora, Villacidro. </div>
<div style="text-align: justify;">
Questa volta, però, voglio accompagnarvi tra le strade di Bologna, la città dotta, durante la seconda metà del Quattrocento. Qui, proprio nella seconda cerchia di mura di fortificazione cittadina, all'interno del torresotto di Porta Nuova, viveva uno dei più importanti notai del luogo, Alessandro Cimiero Cimieri, assieme alla propria sposa, Gentile di Nicolò Budrioli.</div>
<a name='more'></a><br />
<div style="text-align: justify;">
Gentile era una donna molto intelligente e curiosa: tali virtù la spinsero ad interessarsi non solo all'ambiente culturale custodito dall'ambiente ecclesiastico (in questo caso fu importante l'amicizia con Fra Silvestro della chiesa di San Francesco, che divenne suo maestro nell'arte erboristica) ma anche a quello universitario. La si poteva incontrare spesso alle lezioni del professor Scipione Manfredi, insegnante di astrologia, disciplina che all'epoca era ritenuta di grande pregio.</div>
<div style="text-align: justify;">
Insomma, una donna all'avanguardia rispetto ai tempi, forse troppo emancipata: il marito non vedeva di buon occhio questa sua continua sete di istruzione tanto che cercò di impedirle, senza riuscirvi, di portare avanti gli studi.</div>
<div style="text-align: justify;">
Le conoscenze relative all'erboristeria vennero ben presto messe in pratica: la donna era molto abile non solo a curare i dolori del corpo ma anche quelli della mente, questo grazie anche alla profonda empatia che la caratterizzava.</div>
<div style="text-align: justify;">
Non mancò molto che Gentile iniziò ad interessarsi di esoterismo: una passione che condivideva, senza ancora saperlo, con Ginevra Sforza, moglie di Giovanni II Bentivoglio. </div>
<div style="text-align: justify;">
Ben presto, infatti, la fama di Gentile giunse anche all'orecchio di Ginevra che volle conoscerla: tra le due nacque un'amicizia molto forte. Gentile giunse a divenire non solo la confidente ma anche la consigliera della sposa dello Sforza: che queste fossero solo dicerie o meno, però, non è dato saperlo. Quello che, invece, si sa per certo è che il legame tra le due iniziava ad esser visto con sospetto.</div>
<div style="text-align: justify;">
I cortigiani cominciarono a metter la pulce nell'orecchio al Bentivoglio: quella donna era strana, aveva una pessima influenza sulla moglie, era dedita alle arti magiche e se lo avesse saputo il Papa sarebbero stati guai. Insomma, bisognava assolutamente coglierla in flagrante. Forse non avevano nemmeno tutti i torti: c'è chi dice che Gentile in realtà fosse in combutta con i Malvezzi per rovesciare la signoria dei Bentivoglio: le accuse di stregoneria altro non sarebbero state che un modo semplice per liberarsi di una temibile nemica politica.</div>
<div style="text-align: justify;">
Un giorno uno dei figli di Giovanni II venne colto da tremenda malattia e Gentile ebbe l'incarico di guarirlo attraverso le sue abili conoscenze mediche. Le cure furono però vane, il ragazzino morì e la donna venne accusata d'averlo "stregato" ed ucciso. A nulla valsero le proteste della donna e i tentativi d'aiuto da parte di Ginevra: la strega venne portata e rinchiusa nel carcere dell'inquisizione in attesa della condanna al rogo.</div>
<div style="text-align: justify;">
Quando la casa del Cimieri venne perquisita vennero trovati numerosi oggetti testimonianti la dedizione all'arte magica di Gentile: ossa, ampolle, un altare e addirittura "un diavolo di piombo". </div>
<div style="text-align: justify;">
Il 14 luglio del 1498 venne messa al rogo in Piazza San Domenico con l'accusa di essere "Strega Enormissima" in quanto la più potente di Bologna: per rendere la sua fine ancor più teatrale il boia sparse polvere da sparo sulle ceneri. Coloro che erano accorsi a godersi lo spettacolo fuggirono impressionati ed impauriti, convinti che il diavolo in persona fosse giunto a recuperare le spoglie mortali della sua adepta, mentre Ginevra piangeva amaramente l'amica, appoggiandosi mesta al muro del torresotto di Porta Nuova.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>© Monica Taddia</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Immagine: Strega - Cinzia Morini</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-28832956798809540602015-11-17T19:00:00.000+01:002015-11-17T19:00:03.708+01:00Proverbi invernali - Ferrara e provincia <div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://www.giulianaliguori.it/opere/quadro010.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://www.giulianaliguori.it/opere/quadro010.jpg" height="227" width="320" /></a></div>
Se prima ad Nadàl a ghè la brìna, impinìsi la madia ad farina.</div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Se prima di Natale c'è brina, riempi la madia di farina.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Prima ad Nàdal, al frèdd a-n fa màl. Da Nàdal in là, al frèdd al s'in và. </div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Prima di Natale, il freddo non fa male. Da Natale in poi, il freddo se ne va.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Par Sant'Andrè ciapa al busgat par al piè. Se t'an al vò ciapar, lasàl andar fin a Nàdal.</div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Per
il giorno di Sant'Andrea (30 novembre), prendi il maiale per il piede.
Se non lo vuoi prendere, lascialo andare fino a Natale.</i></div>
<a name='more'></a><br />
<div style="text-align: justify;">
Se fà bel a San Gal, a fà bel infin a Nàdal.</div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Se è bel tempo a San Gallo (16 ottobre), sarà bel tempo fino a Natale.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Par Sant'Agnès, il jusèrt il zira pr'al paés.</div>
<div style="text-align: justify;">
<i>A
Sant'Agnese (21 gennaio), le lucertole girano per il paese (indica il
fatto che durante questa giornata le temperature dovrebbero essere più
calde rispetto le solite, rigide, invernali).</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
S'a piòv par Santa Bibiàna, a piòv quarànta dì o 'na smana.</div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Se piove il giorno di Santa Bibiana (2 dicembre), pioverà per quaranta giorni o per una settimana.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Par Nàdal un pas ad gàl, par la vcèta mez'ureta, par Sant'Antoni n'ora bona.<br />
<div style="text-align: justify;">
<i>Per
Natale un passo di gallo, per la Befana mezz'oretta, per Sant'Antonio
un'ora piena. Si riferisce all'allungarsi delle ore di luce durante la
buia stagione invernale.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Par Sànta Lùzia un cul ad gucia.</div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Per
Santa Lucia, una capocchia d'ago. Riferito al fatto che, dopo la notte
di Santa Lucia, che è la più buia dell'anno, piano piano inizeranno ad
aumentare i minuti di luce.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Par la Candelora, quaranta dì e dl'inveràn a sen fora.</div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Per la Candelora, quaranta giorni e siamo fuori dall'inverno.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i><br /></i></div>
<div style="text-align: justify;">
Al dì ad Santa Catarina, o vent, o goza o pàciarìna.</div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Il giorno di Santa Caterina (25 novembre), o vento, o gocce (di pioggia) o pozzanghera.</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<i><br /></i></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Immagine: Inverno - Giuliana Liguori</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-63507532402371328482015-09-29T00:41:00.000+02:002015-09-29T00:41:49.484+02:00Viaggio ad Acqui Terme, terra di streghe<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidh7lu-O7b-Ccwve3X7i41AicGJ7WeCFHnZ2QV0Qvzqhlzaxuqfqo-RGweXbz2OggR7gf79Mly4vLziAk8rr8ajVAFFp2GpVXtH2KQMXvxQyRKFG8a7Nke5q2mwo7asFyIvL6Ippxfe0LT/s1600/la+strega+agostino+veneziano.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidh7lu-O7b-Ccwve3X7i41AicGJ7WeCFHnZ2QV0Qvzqhlzaxuqfqo-RGweXbz2OggR7gf79Mly4vLziAk8rr8ajVAFFp2GpVXtH2KQMXvxQyRKFG8a7Nke5q2mwo7asFyIvL6Ippxfe0LT/s320/la+strega+agostino+veneziano.jpg" width="229" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Situata al confine tra Piemonte e Lombardia, circondata da un suggestivo corollario collinare, Acqui Terme si sviluppa attorno all'antico Borgo Pisterna, attuale centro del paese. Collocata nella zona sudorientale dell'alto Monferrato, è principalmente ricordata per le sue sorgenti termali: se ne hanno notizie già dai tempi di Gaio Plinio Secondo che, assieme alle terme di Pozzuoli ed Aix-en-Provence, l'annoverava tra le più importanti del mondo romano. </div>
<a name='more'></a><br />
<div style="text-align: justify;">
In passato conosciuta come Aquae Statiellae, nome che i Romani attribuirono in memoria dei Liguri Statielli (probabilmente i primi ad insediarsi stanzialmente in questo luogo), basa le sue fondamenta su antichi siti paleocristiani: la basilica di San Pietro, ad esempio, venne costruita nel IV secolo proprio all'interno del recinto di un cimitero risalente agli albori del cristianesimo. Corre inoltre voce che, per non intaccare le fondamenta degli edifici più antichi di Acqui Terme, un discreto numero di scheletri non sia mai stato rimosso da là sotto, continuandovi a giacere silente ed imperturbato. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Una simile premessa non può far altro che contribuire ad alimentare la leggenda, tanto che Acqui Terme viene considerata come uno dei luoghi esoterici più potenti d'Italia. E', questa, una terra di streghe, guaritori, veggenti, rabdomanti. Ancora oggi i più anziani del paese sono soliti leggere il futuro nelle carte e difficilmente ricorrono alle cure mediche in caso di malattia, preferendo la sapienza delle guaritrici, donne le cui conoscenze relative alle erbe mediche - connesse a rituali oscillanti tra il pagano ed il cristiano - vengono tramandate sul letto di morte di generazione in generazione. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Pare che fino a pochi anni fa qui vivesse l'ultima delle masche: così sono chiamate, infatti, le streghe piemontesi. Su richiesta d'importanti somme da migliaia e migliaia di lire, la donna preparava intrugli, fatture e medicamenti ricorrendo ad elementi della tradizione cristiana (come, ad esempio, l'invocazione dei santi) associati a riti di chiare radici celtiche o romane. </div>
<div style="text-align: justify;">
E, come tutte le streghe, si dice che partecipasse alla celebrazione dei sabba assieme ad altre compagne sul Monte Stregone, una collina sulla quale nessun tipo di vigna attecchisce perchè, lo dicono tutti, "le strie non lo permettono".</div>
<div style="text-align: justify;">
Ai piedi del monte accade un fatto curioso: la terra ribolle costantemente. Colpa delle masche? In realtà la spiegazione è molto meno poetica: qui passa un corso d'acqua sotterraneo che va ad alimentare la sorgente sulfurea di Piazza della Bollente. Eppure è facile cedere alla tentazione di credere che ciò sia imputabile alle streghe, se non addirittura al Borvo, il protettore celtico delle fonti gorgoglianti che vivrebbe in una caverna non esattamente identificata proprio in queste zone. Con le sue mani è lui che, forse per non farsi trovare, spande nebbia e vapore tra le colline circostanti.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Altro luogo di ritrovo delle streghe, posizionato su uno dei colli di fronte a Monte Stregone, è il Castello di Moncrescente, conosciuto anche come La Tinazza a causa della forma di tino rovesciato. Trattasi di una misteriosa fortificazione di tipo militare di pianta ottagonale, elemento tipico delle costruzioni attribuite ai Templari. Non sono giunti sino a noi documenti relativi all'edificazione che, però, risulta databile tra il XII e il XIV secolo: molto probabilmente essa controllava, con la sua posizione strategica, le strade del commercio medievale. </div>
<div style="text-align: justify;">
Simile luogo non è esente da origini leggendarie. Si narra che molto tempo fa gli abitanti del luogo vollero costruire un enorme tino per riempirlo con più vino possibile. Il diavolo, al quale la cosa non andò decisamente a genio, una notte decise di rovesciarlo e renderlo così inutilizzabile. Gli abitanti di Acqui Terme, più scaltri di lui, convennero nel trasformarlo in un castello per potersi difendere da eventuali attacchi nemici. Così fu, fin quando l'edificio non iniziò progressivamente ad essere abbandonato e cadere in rovina: fu allora che le masche della zona ne presero possesso e ne fecero la sede dei loro ritrovi notturni. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
© Monica Taddia </div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Immagine: La strega - Agostino Veneziano</i></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-53678415912852240722015-09-28T11:30:00.004+02:002015-09-28T11:30:41.761+02:00Il monte della Crocetta <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://i58.tinypic.com/esrqk3.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://i58.tinypic.com/esrqk3.jpg" height="320" width="190" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
Una tradizione popolare (che corre tutt'ora sulla bocca dei vecchi) narra che il diavolo abitasse un tempo sulla vetta di questo monte. Egli, di tanto in tanto, si compiaceva d'affacciarsi ai massi di granito per guardare con occhio di fuoco il sottostante villaggio. </div>
<div style="text-align: justify;">
In quei giorni nefasti sentivasi soffiare un vento gagliardo, che, pur venendo da levante, recava dal Limbara ricoperto di neve il suo alito glaciale. E mentre gli abitanti d'Aggius si sentivano il corpo intirizzito, il diavolo alla sua volta soffiava sulle anime loro, suscitandovi pensieri d'odio, di vendetta e di sangue. </div>
<a name='more'></a><br />
<div style="text-align: justify;">
Si diceva che gli aggesi fossero in origine d'indole serena e tranquilla e che lo spirito infernale, volendo dannare le loro anime, avesse preso stanza nella reggia di granito, ch'era in cima del monte; e si compiacesse, nelle notti insonni, di tribolare quei poveretti. </div>
<div style="text-align: justify;">
Le vecchie tremavano di paura nel loro letto, e recitavano il rosario sotto le coltri, mentre il vento furioso urlava dalle fessure delle imposte. Il figlio dell'inferno, non potendo chiuder occhio, si divertiva a turbare il sonno dei figli della terra. </div>
<div style="text-align: justify;">
Ogni tanto il diavolo - a quanto asseriscono i vecchi - si affacciava alla rupe; e dopo aver annunziata la sua presenza con un rullo sordo e prolungato, gridava per tre volte rivolto al villaggio. </div>
<div style="text-align: justify;">
<i>"Aggius meu, Aggius meu; e candu sarà la dì chi ti zz'aggiu a pultà in buleu?"</i></div>
<div style="text-align: justify;">
La minaccia diabolica era il pronostico della distruzione del paese, e il rullo prolungato che la precedeva significava che un uomo era designato a morire di morte violenta. Così almeno diceva la tradizione. </div>
<div style="text-align: justify;">
Figuratevi lo sgomento della popolazione! Si ricorse al parrocco; si chiamarono a consulto i <i>ragionanti</i> del paese; ma sempre invano. Il diavolo non se ne dava per inteso, e continuava a tormentarli.</div>
<div style="text-align: justify;">
Verso la metà del secolo XVIII, ad un zelante missionario capitato ad Aggius, venne l'ispirazione di piantare una croce di ferro sul monte, per far fuggire il demonio.</div>
<div style="text-align: justify;">
Narra la leggenda popolare, che in quella notte spirò un vento così gagliardo che sradicò molte quercie secolari e fece precipitare giù da i monti più d'un masso di granito. Tutte le case tremarono dalle fondamenta, ma la croce stette salda sulla punta del monte. </div>
<div style="text-align: justify;">
Udendo quel baccano infernale i popolani corsero al Rettore; il quale li rimandò a casa tranquilli dicendo loro:</div>
<div style="text-align: justify;">
- Non temete, è il diavolo che prepara le valigie per tornarsene all'inferno. Non verrà più a tormentarci.</div>
<div style="text-align: justify;">
Pare però che il diavolo non volesse rinunziare alle due mila e più anime, di cui aveva giurata la perdizione. Aveva bensì abbandonato il monte della Crocetta, ma forse per ricoverarsi sul monte Fraìle, o sul monte Pinna, donde, come per il passato, continuò a soffiare il suo livore sulle anime dei buoni aggesi; i quali, alla loro volta continuarono a dilaniarsi l'un l'altro, spargendo il terrore nella Gallura.</div>
<br />
Enrico Costa - Il muto di Gallura<br />
<i>Immagine: Diavolo, Codex Gigas - autore sconosciuto</i><br />
<br />Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-55363000168951766162015-09-21T23:56:00.002+02:002015-09-21T23:56:34.901+02:00Le dimore infestate di Pomarance<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://www.bethelux.it/kubin/kubin.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://www.bethelux.it/kubin/kubin.jpg" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
E' ormai giunto l'autunno: l'aria che si respira è mite e frizzante, la natura inizia a regalarci colori caldi che spaziano tra le sfumature del marrone e del giallo ed il violaceo dell'uva. Quale posto migliore della Toscana per poter godere al meglio di questa atmosfera? </div>
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Il nostro primo viaggio autunnale ha come meta Pomarance, in provincia di Pisa. Il paese, situato nel cuore della regione, si trova a 370 metri sul livello del mare e fa parte dell'Unione Montana Alta Val di Cecina. </div>
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Una delle principali attrazioni del paese, oltre al Palio storico delle Contrade - di cui avremo modo di parlare prossimamente - è la Casa Museo Bicocchi. </div>
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Questa dimora venne costruita nel Settecento per volere del capostipite della ricca famiglia Bicocchi, quivi giunto dalla Romagna. Con il passare del tempo i Bicocchi iniziarono a ricoprire importanti incarichi all'interno dell'amministrazione pubblica di Pomarance e il palazzo altro non fu che lo specchio dell'importanza e del prestigio acquisiti. Abitato fino alla prima metà del Novecento, venne poi acquistato dal comune nel 1980 direttamente dall'ultimo discendente, Maurizio Bicocchi, il quale risiede attualmente a Follonica. Per salvaguardare l'importante patrimonio fu deciso d'adibire in parte il palazzo a Casa Museo; l'altra parte è invece stata trasformata nell'Antico Hotel del Pomarancio. </div>
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La guida della Casa Museo è Elsa Balatri, una delle ultime persone a prestar servizio alla famiglia Bicocchi. Proprio lei, accompagnando il visitatore attraverso i corridoi e le stanze dal mobilio e i suppellettili originali ottocenteschi, racconta al visitatore storie e curiosità legate alla dimora. In particolare ci si sofferma incuriositi sulle strane vicende concernenti la Camera Rossa. Elsa la ricorda come la camera del vecchio Antonio, un tipo piuttosto burbero, specie nei confronti della servitù. Quando il vecchio Antonio venne a mancare, le cameriere che ebbero il compito di sistemare la camera si sentirono portar via le crestine dalla testa e slacciare i grembiuli. Esse corsero immediatamente in cucina ad avvertire la fattoressa dicendole che il fantasma di Antonio si stava sicuramente prendendo gioco di loro cercando di spaventarle. </div>
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Tuttavia circola anche un'altra leggenda legata sempre alla Camera Rossa. Qualcuno afferma che fosse appartenuta, in epoca passata, ad uno dei figli dei Bicocchi, un ragazzino affetto da problemi sia fisici che mentali. Poichè i genitori non volevano condurlo con loro ai ricevimenti ed alle cene organizzati nelle ampie sale del pian terreno, erano soliti tenerlo rinchiuso nella sua stanza, presumibilmente a chiave. Sarebbe suo il fantasma che, non molto tempo fa, durante una gita scolastica, avrebbe provocato una forte corrente di vento - in un momento in cui porte e finestre erano chiuse - facendo dondolare insistentemente il lampadario all'interno della camera.</div>
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Alcuni ospiti dell'hotel e diversi abitanti del posto hanno dichiarato di sentire ogni tanto dei lamenti o il suono di un pianoforte provenire dall'ala adibita a museo. Sempre, rigorosamente, di notte o sul far della sera. </div>
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Incamminandoci, invece, per i sentieri di campagna, percorrendo fino in fondo quello che porta in località Sant'Elisa - una stradina stretta che serpeggia tra costruzioni rurali abbandonate ed agriturismi -, potrebbe capitarci di giungere di fronte a quella che gli abitanti del posto chiamano "la Casa Stregata". Nulla a che vedere con le streghe, però. </div>
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Si tratta di una villa in stile liberty la cui costruzione potrebbe essere databile tra fine Ottocento ed inizio Novecento, proprietà di una ricca famiglia di Firenze. Come sempre verità e fantasia si mescolano, contribuendo a donarci un quadro distorto della verità dei fatti. Cio' che si sa più o meno con precisione è che l'ultima abitante della casa, una donna vittima di forte depressione, venne trovata impiccata ad una trave sul finire della seconda Guerra Mondiale. </div>
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Ed effettivamente un gancio è ancora presente appeso al soffitto d'una delle camere mentre alcune macchie rosse sul pavimento pare si dirigano verso i sotterranei. Ma potrebbe trattarsi del sangue di qualche animale ferito, sempre supposto che di sostanze ematiche si tratti. Tra chi s'è addentrato all'interno di questa fatiscente abitazione, pare che qualcuno abbia addirittura visto il cappio pendere ed oscillare mosso dal vento. Altri, invece, che si trovavano all'esterno, cercando di osservare l'interno attraverso le finestre, giurano di essersi trovati di fronte ad un paio di occhi descritti come "non umani". </div>
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Una sola cosa è certa: tutti coloro che si recano in visita alla Casa Stregata hanno sempre un piccolo incidente sulla strada del ritorno: ruote bucate e motori in panne vanno per la maggiore. Ma prima di dare la colpa al fantasma date un'occhiata al terreno su cui state guidando o pedalando: buche e sassi di discrete dimensioni non sono proprio un toccasana per chi giunge fin là con un veicolo a due o quattro ruote!</div>
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© Monica Taddia<br />
<i>Immagine: Alfred Kubin - Notte con albero dell'impiccato </i>Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-73460268400249434602015-09-21T13:26:00.000+02:002015-09-21T13:26:00.089+02:00Lumaga, lumaghin... <div style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtfmepcBB4cqj_GjVIYFaNSbpSRAAB2dm2qV_aPJV1zSQaibTGeOUfTRypuapAAS457REyffUfgiy4aqstXy9CTMWluxHhWTlBgjeH7CtVIqsnkm0PlQRrpeZLwJrrRIK_YEhPTxIcbBiM/s1600/lumaca.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtfmepcBB4cqj_GjVIYFaNSbpSRAAB2dm2qV_aPJV1zSQaibTGeOUfTRypuapAAS457REyffUfgiy4aqstXy9CTMWluxHhWTlBgjeH7CtVIqsnkm0PlQRrpeZLwJrrRIK_YEhPTxIcbBiM/s320/lumaca.jpg" width="225" /></a></div>
Lumaga, lumaghin</div>
<div style="text-align: justify;">
tira fora i to' curnin:</div>
<div style="text-align: justify;">
un par mì, </div>
<div style="text-align: justify;">
un par tì,</div>
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un par la vècia ad San Martin!</div>
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<br /></div>
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<i>Lumaca, lumachina/ tira fuori i tuoi cornini:/ uno per me,/ uno per te,/ uno per la vecchia di San Martino!</i></div>
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<i><br /></i></div>
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Questa
vecchia filastrocca viene cantata ripetutamente dai bambini (ma anche
dagli adulti) per invitare le chiocciole ad uscire dal guscio e
mostrarsi. Secondo l'etnomusicologo Marius Schneider, la canzoncina
(presente nei diversi dialetti di tutta Italia, ma anche in altre parti
del mondo) potrebbe avere in realtà origini molto antiche. In passato la
chiocciola rappresentava una riserva di cibo facile da reperire, oltre
al fatto che il suo guscio dalla spirale perfetta affascinasse l'uomo
che arrivò ad utilizzarlo sia come strumento musicale sia come vezzo
ornamentale.</div>
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Chiedere
all'animaletto, attraverso il canto, di mostrarsi è un po' come cercare
di entrare nelle sue grazie, dal momento che la chiocciola rappresenta
l'arrivo della pioggia e, di conseguenza, l'abbondanza del raccolto che
cresce rigoglioso grazie all'acqua piovana.</div>
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Nella
versione ferrarese della filastrocca, si fa riferimento alla vecchia di
San Martino, forse ad indicare i tradizionali piatti a base di lumache
(specie nel confinante Veneto) per la festa del Santo.</div>
<br />
<span style="background-color: white; color: #545454; font-family: arial, sans-serif; font-size: x-small; line-height: 17.77777862548828px;">© </span>Monica Taddia<br />
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<i>Immagine: Snail Fairy - Selina Fenech</i>Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1396127177645164945.post-51518220682526970702015-09-12T17:00:00.000+02:002015-09-12T17:00:03.189+02:00Giuan dla' Mota<div style="text-align: justify;">
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVFp7lHcc3MMYGd6g9CWZ5dxWwHPIwOgITaN60-JEvZZJnFlQSTnsFTlt4InF35QDicPWf7nc3qBGCNjSdwgfC7TmXH54gTUUDQjtwxKOIiAqGGQaa76XzoKfzlnWNNtZ9otvH-52uaOwS/s1600/cross.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="232" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVFp7lHcc3MMYGd6g9CWZ5dxWwHPIwOgITaN60-JEvZZJnFlQSTnsFTlt4InF35QDicPWf7nc3qBGCNjSdwgfC7TmXH54gTUUDQjtwxKOIiAqGGQaa76XzoKfzlnWNNtZ9otvH-52uaOwS/s320/cross.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Aggiungi didascalia</td></tr>
</tbody></table>
Dovete sapere che una volta, tanto
tempo fa, viveva alla Motta una famiglia di bovari, buona gente che
viveva poveramente del proprio lavoro. Avevano dodici figli e il
maggiore si chiamava Giuan. Giuan, le sere del martedi, giovedì e
domenica, andava a trovare la sua fidanzata, una ragazza che viveva ai
Bait, e che pensava di poter portare presto all'altare. Una sera,
mentre andava a casa, passando davanti al cimitero, incontrò un uomo
vestito di tutto punto: indossava mantello, cappello e bastone.</div>
<a name='more'></a>"Buona sera, Giuan, dove stai andando?"<br />
<div style="text-align: justify;">
"Io sto andando a casa... Ma Voi chi siete? Non Vi conosco..."</div>
<div style="text-align: justify;">
"Io invece ti conosco bene, e siccome ti conosco e so che sei un brav'uomo, voglio mostrarti una cosa.. Vieni con me..."</div>
<div style="text-align: justify;">
"Con Voi? ma dove volete portarmi? Domani mattina mi devo svegliare presto per portar fuori il letame..."</div>
<div style="text-align: justify;">
"Facciamo presto, è qui vicino... Ci metteremo dieci minuti... Vieni!"</div>
<div style="text-align: justify;">
E
così il nostro Giuan seguì quest'uomo, il quale s'avviò verso un
crocevia che si trovava più avanti, e proprio là nel mezzo prese un
anello ed aprì una botola: lì c'era una scala che scendeva...</div>
<div style="text-align: justify;">
"Seguimi",
disse l'uomo. Prese un lume ad olio acceso che si trovava attaccato al
muro ed inizio a scendere... giù... giù... giù... E a Giuan pareva che
la scala non finisse mai...</div>
<div style="text-align: justify;">
Una
volta scesi trovarono un corridoio lungo, talmente lungo che pareva non
finire mai. Di qua e di là si trovavano altri corridoi, mentre alle
pareti si trovavano lumi ad olio come quella che teneva in mano l'uomo.
Alcuni erano pieni, altri mezzi vuoti e altri che erano vuoti del tutto e
spenti.</div>
<div style="text-align: justify;">
"Ma cosa sono tutti quei lumi che stanno qui attaccati?" domandò Giuan.</div>
<div style="text-align: justify;">
"Quelle
sono le anime delle persone che stanno sulla terra... Finchè c'è olio
dentro significa che la persona è in vita, quando l'olio termina quella
persona muore...."</div>
<div style="text-align: justify;">
E mentre parlavano camminavano al centro del corridoio.</div>
<div style="text-align: justify;">
"Senti... Ma fammi vedere il mio lume...."</div>
<div style="text-align: justify;">
"Certo... Vieni con me... Ecco, quello è il tuo lumino!"</div>
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"Ma... E' quasi finito! Non posso aggiungere un po' d'olio?"</div>
<div style="text-align: justify;">
"Certo! Qui c'è la bottiglia dell'olio. Aggiungine fin che ne vuoi..."</div>
<div style="text-align: justify;">
E Giuan non se lo fece dire due volte. Prese la bottiglia e riempì il suo lume fino all'orlo.</div>
<div style="text-align: justify;">
Fatto
ciò, i due continuarono a camminare per il corridoio, finchè ad un
certo punto Giuan disse: "Mi sembra d'aver visto passare mia madre..." E
dopo, di nuovo: "Mi sembra di aver visto mio padre passare di là... Ed
ora mi sembra che sia passata mia sorellla... E la mia fidanzata..."</div>
<div style="text-align: justify;">
"Sarà l'ombra del lume che ti fa vedere cose che non ci sono..."</div>
<div style="text-align: justify;">
"Però ora è giunto il momento che io vada davvero a casa. Domani mattina tocca a me andare a spalare il letame!"</div>
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"Va bene, vai... Io quello che volevo farti vedere te l'ho già mostrato!"</div>
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E così accompagnò Giuan di nuovo all'aria aperta. "Arrivederci, Giuan! Non sarà presto, ma ci rivedremo!"</div>
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Giovanni
si ritrovò fuori dalla botola e vide che già s'era fatto giorno.
"Accidenti! Non mi sembrava d'esser rimasto così tanto tempo là sotto!"</div>
<div style="text-align: justify;">
Arrivò
a casa e tentò d'aprire la porta, ma questa non s'apriva. "Scommetto
che mia madre ha chiuso con il catenaccio. Mamma! Mamma! Aprimi, sono
Giuan!"</div>
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Allora una donna s'affacciò alla finestra, chiedendo "Ma Voi chi siete? Cosa volete?"</div>
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"Ma come chi sono? Chi siete Voi, piuttosto!"</div>
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"Oh, povera me, questo è pazzo. Io vivo qui! Sono vent'anni che vivo qui!"</div>
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"Ma che dice, signora? E' matta? Qui ci vivo io! Sono Giuan dla' Mota..."</div>
<div style="text-align: justify;">
"Oh, mio Dio... Signore, venite in casa che Vi cuocio un ovetto... E intanto mi raccontate che cosa V'è capitato..."</div>
<div style="text-align: justify;">
Giuan
entrò in casa e vide che tutto, là dentro, era cambiato. I mobili ed il
camino erano nuovi, e le pareti del ripostiglio erano state ridipinte.
Mentre la donna gli preparava l'uovo, Giuan le raccontò ciò che gli era
accaduto.</div>
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"Ma sapete,
Giuan, che ora che mi dite queste cose, mi sono ricordata di una storia
che mi raccontava mia nonna... Il figlio di una famiglia che viveva qui,
una sera andò dalla sua fidanzata e non tornò mai più a casa... Sua
madre morì di crepacuore e di lì a poco anche il padre. La fidanzata si
sposò con un altro uomo e andarono a vivere altrove, ma morì di
parto..."</div>
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Giuan non riusciva a credere a cio' che stava sentendo. Era impossibile, lui era rimasto laggiù solamente mezz'ora.</div>
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"Sapete cosa faremo? Andremo dal prete, lui si che sicuramente vi saprà dire qualcosa!"</div>
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E
così si recarono dal parroco il quale, dopo aver ascoltato la storia di
Giuan, gli disse: "Caro Giuan, tu hai incontrato il diavolo! Ti ha
portato sotto terra, dove si trovano le anime, e laggiù il tempo è più
corto che sulla terra... Mezz'ora là equivale a cent'anni quissù!"</div>
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"E come mai, allora, se sono trascorsi cent'anni, io non sono morto?"</div>
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"Eh, giovanotto... Hai voluto riempire per bene il tuo lumino!"</div>
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Giuan
visse altri trent'anni, si sposò ed ebbe dei figli, ma non si dimenticò
mai quell'avventura, e soprattutto non passò mai più davanti al
cimitero di notte...</div>
<br />
<i>Raccontata da Monica M. Rossi</i><br />
<i>Traduzione dal dialetto ferrarese di Monica Taddia</i><br />
<i><br /></i>
<i>Immagine: Crossroads - Lizi Beard-Ward</i>Dark Miryamhttp://www.blogger.com/profile/06004699656484912973noreply@blogger.com0