In questa puntata andiamo a scoprire nuovi racconti raccolti in Piemonte nel 1999 da Sara Aliberti. Strani bagliori, schiaffi improvvisi, case messe a soqquadro... Siete pronti a non chiudere occhio questa notte?
Foto da Villaplin.it |
VISCONTI EUGENIO, anni 85 (nato a Roccaverano (AT), residente a Spigno Monferrato (AL))
(I fatti raccontati sono successi intorno al 1930). Io avevo quattordici, quindici anni; quando ho visto il ciair (il chiaro) avevo diciassette anni, sono del ’14, quindi… Ho visto il chiaro a Menasco, è in campagna, era un chiaro che dire non si può dire ma si vedeva che girava alto così da terra, 1 m, 80 cm da terra, faceva un’ombra così e chiaro tutto intorno, tutto uno splendore così. Di notte (e si girava senza luci normalmente) si presentava nel rivass (terreno inclinato, non necessariamente vicino a un fiume), nell’Isola, in posti dove a piedi non si può neanche andare, andava veloce come uno a piedi , e poi ogni tanto si spegneva ,ma un secondo eh, faceva che spegnersi, faceva soltanto un pezzetto come di qui a là (2 o 3 metri),poi di nuovo faceva chiaro. (Io l’ho visto), urca!, (quando l’ho visto da vicino) avevo una pietra da tirargli, mi è caduta dalla paura. Pensavo che fosse un uomo, invece non c’era nessuno, era grosso, faceva uno splendore (come) una lanterna, non una luce viva, una luce un po’ come (quella di) un lanternino, quei lanternini di una volta che facevano una luce un po’ annebbiata, un po’ scura, una bella luce, si vedeva… (Non volava in alto) tanto alto no. Poi anche buonanima di mio papà una volta (ero arrivato e gli ho detto) "Guarda che era sotto il rivass ". "Vado a vedere". Lui non aveva paura. Quando era sul rivass l’ha visto il chiaro da sotto che girava, poi (s’accendeva e) si spegneva, poi s’è girato verso di lui e lui ha avuto paura. Non si poteva capire cosa fosse. Battistino anche l’ha visto. (Da 5-6 m) non si poteva capire se ci fosse qualcuno, si vedeva che c’era qualcosa lì, ma non che si potesse capire, come se ci fosse un nido, un nido d’uccello grosso, c’era un po’ di volume lì. (Non era una luce come una lampadina) ma come una lanterna. Poi non l’ho più visto, gli altri non so, mio fratello Battistino l’ha visto, buonanima di mio padre l’ha visto e io non l’ho più visto. Di luci così a volte c’è il sole, a volte c’è la luna che picchia in un vetro e manda splendore, ma è una luce che si conosce, invece quella là andava, nei campi, attraversava anche la strada perché io, andando a Mombaldone, lui montava il rivass andando su e i nostri vicini avevano la legna sopra, io credevo che fossero i nostri vicini, ma quello lì è salito su come niente, andava tanto forte in salita quanto in pianura e l’altezza era sempre uguale, poi ha girato, è sceso, veniva vicino a me e io avevo una pietra da tirargli ma avevo paura, non sapevo perché… Questo è successo a Menasco (gli altri l’hanno visto) altri giorni, altre sere, sempre (in quel periodo)lì ,in giro, l’hanno visto giù dal Bormida, l’hanno visto sopra dallo stradone, quella zona lì. [ Menasco è una cascina tra Montechiaro Denice (AL) e Spigno Monferrato (AL)]
Poi un’altra, che dicono di non dirle no, io andavo a vegliare, andavo alla stazione in compagnia, arrivavo a casa di notte all’una a volte no, poi mangiavo (c’era un cassetto nel tavolo e c’era della roba dentro da mangiare), accendevo il lume perché allora avevamo il lume, non avevamo la luce (elettrica), e sopra dormiva mio fratello, sopra si sente un tac, tan tan tan…,c’era una stanza di là, lui apre il lucchetto, poi c’era una scala che scendeva giù e qui c’era la porta che usciva fuori, quella che veniva dentro, poi c’erano ancora altre porte tutte sprangate, vado a vedere ma non c’era nessuno. (Avevo sentito come dei) passi, pensavo fosse qualcuno di quelli che erano a dormire che veniva a vedere. Ho perfino battuto nel tavolo, ma non si è neanche rotto. Le porte non si chiudevano con la serratura, avevano un barot (ramo) così contro la porta, come han fatto a uscire non so, dove sono andati (nemmeno).
Quando mio fratello ha acceso la luce nella stalla al mattino per pulire i buoi ha acceso la luce, e come l’ha accesa ha preso uno schiaffo (e non c’era nessuno. Questo è successo nello stesso periodo e nella stessa zona,) era nella semina del grano che ha preso lo schiaffo (ottobre-novembre, non era la mattina dopo dei passi, ma) 15-20 giorni dopo, poi noi non calcolavamo,(non stavamo) a guardare, allora andavamo così.
(Sempre nella cascina a Menasco), che si passa da qui andando giù dove c’è quella segheria, abitavamo là; io e mio fratello Edoardo, quello che è morto, dormivamo nella stessa casa ma dalla parte di là. Una notte ci tirano via le coperte da addosso, ma noi eravamo svegli, non che dicano che sognavamo perché uno solo può sognare… Tira da una parte, tira dall’altra, andavano via le coperte da addosso. (Eravamo) svegli, di sicuro, perché quando sogni è diverso, il sogno lo vede sempre uno, non che due possano combinare un sogno solo. (Non c’era nessuno), c’erano solo le coperte che andavano via. Secondo me era una fisica, un’invidia.
Nella medesima casa dove abitava Manara ci stava sua sorella, che poi è andata a abitare a Rocchetta, che ha sposato Manara e stavano poi nella casa dove abitavamo noi , dalla parte di là, perché c’erano tante case nella stessa casa e avevano un bambino , aveva un anno, non ricordo più se aveva 8 mesi, o un anno o un anno e mezzo, per lì là, e di notte piangeva sempre. E loro erano gente un po’ più furba di noi, capivano qualcosa, ha preso un fucile e fa due colpi nell’aria fuori dalla finestra, non ha mai più pianto. Io ho idea che sia un’invidia, una fisica forte, che siano magari quelli deboli che la sentono, quelli che hanno più paura, magari che gli faccia effetto. A me, dopo che ho fatto il soldato, queste cose qui non sono mai più capitate. (Mi capitavano) sotto i vent’anni, ma non solo a me, anche agli altri.
(Si pensava che qualcuno più forte, mentalmente più forte, agisse negativamente influenzando delle persone più deboli che subivano queste cose, che però non è che non si vedessero, erano create ad arte); si formavano anche delle bestie, si formavano anche diversamente, allora si formavano veramente. A Garbavoli c’era una capra… tua nonna Santina lei lo sa perché andava a portare le bestie al pascolo anche lei, lei lo sa, non è che lo dica io…la capra più bella che avevamo noi , la capra più buona che era pronta ad avere i piccoli, se passava da quella casa là pativa, i nostri vicini di là, la capra non voleva più andare avanti di lì, addirittura si inginocchiava e non passava più, non è più passata di lì. Però mia madre diceva: "Non andate più di lì a portare le bestie al pascolo, andate dall’altra parte. Qualcosa sapeva mia madre. Le altre (capre) andavano (avanti, questa invece) andava fino vicino a quella casa, poi non andava più. E poi a questa capra, non siamo più andati là allora, i topi sono andati a fargli i buchi sul collo che si vedeva l’osso, e va be’, una sera (le fanno) un buco, l’altra sera le fanno un buco, buonanima di mia madre le ha fasciato il collo. Anche se era fasciato lo facevano di nuovo, buona fine che le hanno fatto cinque o sei buchi, la capra non stava più su da coricata, se non sta più su da coricata la capra muore. Poi c’era mio cognato Ernesto e diceva "Ma cosa ho da fare a questa capra?". Mio padre gli ha detto "La ammazzi e poi la sotterriamo". E così ha fatto, ha fatto un bel buco, l’ha ammazzata e dopo che era sotterrata ha belato e ha fatto la sua voce. Non è che lo dica io, ma tua nonna lo sa, andava dietro anche lei alle capre, vedeva che s’inginocchiava e non andava (avanti) perché c’era una fisica , c’era una potenza, c’era qualcosa.
Masca vuol dire strega. Sapevamo chi erano, lo sapevamo, non potevamo dirglielo eh. Una era quella che abitava a Garbavoli vicino a noi dalla parte di là, si chiamava Pina, una vicina di casa, la chiamavano Pina, era la suocera di quella lì, Vittoria, che adesso è morta anche lei, quella lì era una strega. (Se c’è ancora qualcuno a Garbavoli che ne sappia qualcosa non saprei, quello lì me l’hanno raccontato anche altri di quella donna Pina, allora io racconto solo quello che mi hanno detto, ma può essere vero o non essere vero, non posso dirlo, ma quella lì ha fatto morire suo nipote ai tempi dell’altra guerra. Suo figlio era in guerra nella guerra del ‘14-’18, era sposato e avevano questo bambino, maschio, e a lei piaceva andare a ballare. ‘Ste donne andavano a ballare, lasciava a casa questo bambino, a volte lo metteva nella culla, magari che guardasse… Una volta è andata a ballare ed è arrivata a casa che il bambino era bell’e soffocato, tra la culla e il letto, morto. Poteva anche essere (un incidente), qui raccontano quello.
(A Spigno all’epoca, o forse prima del ’14, ci sono state in piazza bruciate delle streghe al rogo, hanno bruciato diverse donne) poi avevano detto che il Papa le ha benedette, che non potevano più lavorare, d’ogni modo adesso no eh, ma (parliamo di) 70-80 anni fa. Non capitava solo a me, anche agli altri, qualcosa vedevano tutti, avevano quella potenza lì ‘ste streghe.
Ai Gherbè , i padroni lì dei Gherbè, quando siamo andati ad abitare noi (nella cascina che chiamavano così), di là c’era quella famiglia lì, e ha detto: "Quando pulite il maiale non lasciatelo uscire e andare di lì, che se va di lì muore; andava là e moriva. Tutti gli anni, tutti gli anni, se mollavano di là il maiale moriva, tutte le volte. Si allontanava un po’, a volte lo vedevano, allora faceva 50 metri, 100 metri, e il maiale moriva, andava verso quella casa là, da quella casa là a noi ci saranno stati 100 metri… non c’era niente da fare. [ I Gherbè erano un gruppo di case tra Mombaldone (AT) e Spigno Monferrato (AL)]
Lì ai Gherbè Secondino è arrivato di notte tardi, non so, per andare a dormire c’è una scala, per salire, lui sale la scala, sempre a quei tempi là, saliva la scala per andare di sopra, dice che gli è venuto incontro un ribatòn (come qualcosa che rotola), non ha capito cos’era, si sente rovesciare, sente paura, e al fondo aveva sprangato la porta, non poteva andare via, (ma) in casa non c’era nessuno. Si formavano e disformavano , io non so come sia.
Allora non è a quei tempi là, era un po’ più tardi (un po’ prima della seconda guerra mondiale), dormivamo, ma io ero sveglio, e poi avevamo Ivana piccola, mi sembra, eravamo svegli, e vicino alla porta (bussano) dieci o dodici volte, ma forte, che io volevo saltare giù a prendere la rivoltella; ma prendo la rivoltella, vado là, apro la porta, in sostanza che non ho trovato nessuno. Ma la porta l’hanno picchiata eh, non che sia stato un gatto, la porta l’hanno picchiata. E io ho aperto, sa c’era qualcuno gli sparavo. Non c’era nessuno. Intanto facevano paura. Ma tua mamma (rivolto al figlio) può dirlo anche adesso, non l’ha mai più detto, ma non lo nega quello, perché era sveglia. Tutte robe che allora c’eravamo dentro, uno diceva, l’altro diceva… Io dico la verità: da dopo che eravamo lì a Menasco, di notte, andare a dormire, andare, tornare a casa, avevo paura, e fuori no, fuori in qualunque posto andavo io non avevo paura; quando arrivavo a casa avevo paura, andavo lo stesso eh, però avevo paura (perché all’aperto) ci vedi, (mentre in casa si poteva nascondere qualche pericolo). Io li raccontavo (anche agli altri questi fatti) e gli altri raccontavano le loro.
Il primo dei Grapiò (Grappioli), l’ha raccontato lui, quando era giovane, che era già un po’ più vecchio di me, che si sono scontrati di notte con dei cavalli grossi che trottavano e gli vanno incontro. Lui si è trovato paura, ha preso una strada (scorciatoia) dove andare, dice che ha preso di là verso la Roca (Roccaverano); la mattina si è ritrovato sullo stradone per andare a Roccaverano. Lui, se è vero, si è trovato là. Lui è scappato, aveva paura dei cavalli che gli andavano incontro, e lui per scappare ha tagliato e poi si è trovato sullo stradone di Roccaverano. Ma lui non sa se l’hanno trasportato, lui si è trovato paura dei cavalli, si è messo a correre, attraversare, e dice che il mattino si è trovato sullo stradone di Roccaverano (avrebbe fatto circa 15 km), io non ho visto. C’erano i furbi, c’era la fisica, che facevano così. Ma era un brutto vivere eh allora!, perché se uno ha un po’ d’invidia va lì a farti paura di notte… Fare paura è un conto, perché andavano anche a far paura delle volte, magari andavano ad accendere una luce, vuotavano delle zucche e poi ci mettevano una luce dentro, scherzi!, però si capivano, si capiva che era uno scherzo che avevano fatto, ma diversamente, quello che non capivi… è brutto.
Io quella lì del chiaro… ti viene incontro, si spegne, poi ti viene incontro, faceva un po’ d’ombra, questo chiaro faceva luce, dentro c’era un affare un po’ più scuro, persone non erano. Io non ho potuto capire niente, (solo tanta paura). Dopo che ho fatto il soldato non avevo più paura, allora non ne ho più viste, ma poi dicono che il Papa le aveva benedette, che non le lasciava più lavorare (le masche), va a sapere se è vero! (Delle persone che avevano dei poteri agivano più che altro per fare del male) senz’altro, cosa vuoi che dica, guarda, noi vedevamo, ma poi dispetti non che ne abbiamo ricevuti, (non) che abbiamo ricevuto del male o cose così, noi no, però facevano paura. A raccontarle adesso i giovani non possono (credere), dicono "Raccontano delle balle", ma sua nonna può dirlo, sua nonna qualcosa l’ha visto e può dirlo.
Tua nonna ai Gherbè si ricorda, avevamo, di sopra… c’era la volta, c’erano i legni e le tore da solai (assi da solaio) , e un bel momento, in quel solaio lì, si sono incrociate tutte le torte, una girata di qui, una girata di là, e il solaio è andato all’aria. Poi l’hanno aggiustato, sono tornati a metterli a posto, ma chi è che è venuto a rancarli? Le tore erano a posto (il solaio era sano). Li abbiamo trovati così (senza che nessuno li avesse toccati).
VISCONTI SANTINA, anni 87 (nata a Roccaverano (AT), residente a Bazzana di Mombaruzzo(AT))
(La capra) si fermava e non andava più avanti, ne avevamo tante, sai, poi c’erano anche quelle della mia vicina, una quindicina le avevo, si inginocchiava e non partiva più; io la picchiavo con un gurin (vimine), però dopo m’han detto: "Non picchiarla, che poi si alza da sola", poi è vero davvero. C’erano le masche, c’era una donna che sapeva fare la fisica perché l’ho capito da lì, perché quando andavo a portare le bestie al pascolo da quella parte lì questa capra non andava, si inginocchiava, e (se) andavo da un’altra parte andava (avanti). L’abbiamo capito per quello che era la fisica, e dicevano la masca perché faceva la fisica, magari non ti vedeva volentieri… ti faceva inginocchiare per terra. Solo una capra sola, ne avevo quattro, cinque o sei, pecore ne avevo tante da portare al pascolo, quello lì, passando sotto una casa che c’era quella donna che dicevano che sa far la fisica … è vero sì perché questa capra s’inginocchiava con le gambe dietro in alto e quelle davanti in ginocchio. (La donna) macchè, non si vedeva, si vedeva (che) era dalla finestra magari in casa, nella sua casa, perché noi passavamo sotto la sua casa, e difatti quando andavamo da un’altra parte non lo faceva, quando passavamo vicino, passavamo sotto la sua casa ma non proprio vicino, si inginocchiava e non andava più. Io piangevo. Quella lì una volta si affaccia alla finestra: "Vai, vai, che poi, vedrai, la capra verrà", e difatti mi è venuta dietro. Faceva la fisica, dicevano che sapeva fare la fisica, era una masca. Ce n’era anche un’altra (masca), ma non lavorava come quella lì, adesso non ricordo più bene, ma qualche cosa era buona anche a fare quella là; ma questa qui di più eh, farmi inginocchiare la capra quando andavo al pascolo!, e una bella capra, delle più belle! Abbiamo detto qualcosa a mio padre, ma ha detto: "Ma… lasciatele perdere!". Avrò avuto da nove a dieci anni.
Questi lumini che andavano in giro li vedevamo, poi si spegnevano, poi si accendevano, dicevano che sono… C’era gente che sapevano fare la fisica (erano masche) a Garbavoli, avevano i loro genitori, sì, sì, avevano la famiglia (le masche). I lumini li vedevamo accesi, stavamo a vedere, poi si spegnevano e non si vedevano più fino al giorno dopo, scartavano ma non tanto (erano sempre nella stessa zona). Dicevano a quei tempi che c’erano le masche, ma sarà stato vero sai? Cattiverie no, facevano quei dispetti lì alla gente. (Parlavano anche con la gente) ma non dicevano che erano masche quelli che erano coi lumini vicino. Adesso non ce n’è più… qualcuno, ma pochi, ce n’era tanti una volta di quei lumini… eh, tempi diversi erano!
Io andavo al pascolo, avevo cinque pecore e tre capre, andavamo nei boschi e, sai, ne vedevamo per così delle cose, se avessimo scritto, o segnato qualcosa… (Nei boschi c’erano) piante di castagna e piante di rovere. Le facevamo andare nel bosco, mangiavano finchè volevano, e poi le facevamo andare a casa, bevevano, e poi dopo pranzo le portavamo di nuovo (e lì vedevano le masche). Mio padre rideva, "Ma vai, maschere, che non è vero". Li vedevamo proprio come persone. Andavamo al pascolo insieme. Mia mamma mi ha detto: "Non dirle mica che è una masca". Lo sapeva, ma a me ha detto di non dirle niente a ‘ste masche (perché se gliel’avessi detto) forse era meglio, o era peggio. Ne avevamo proprio una che era vicino a noi, dicevano "fa la fisica", non so cosa vuol dire. (Quando la capra si inginocchiava una volta l’ho detto a mia mamma) e intanto mia mamma ha guardato una sua amica: "C’è quella là". Sapevamo già che era quella donna lì. Una volta (a questa capra) le abbiamo trovato un taglio sul collo, ma non sapevamo come era andata a finire, se se l’era fatto da sola o se gliel’aveva fatto quella là. Mia mamma la ungeva sempre con l’olio, ci metteva un po’ d’olio, ma intanto ci ha tirato otto o sette giorni, mia mamma la fasciava, quando si coricava, non ricordo (se quando era fasciata capitava ancora). Ai maiali (non faceva) niente. Eh, quella capra lì l’ha visto il brutto!
Quello è successo a noi. Una mattina, che il tetto era sano, forte, una mattina (ci troviamo) quel tetto tutto disfatto, uno sopra l’altro, l’altro per traverso… "Oh, cosa è successo!". Sai che erano uno attaccato all’altro, si sono proprio distaccati, e mia mamma è andata a vedere, poi ha guardato mio papà e ha detto: "Eh, è quella là". (Erano) legni, di legna. E quando ha detto "E’ quella là" ho capito che ha voluto dire questa donna. Niente rumori; oh, l’ho conosciuta bene io quella lì! Poi ho visto mia sorella che ha guardato mia mamma, si son guardate perché loro lo sapevano che c’era quella donna lì che faceva i lavori, (la fisica).
Avevamo la casa ben fatta, sana là, e la mattina ci siamo alzati, e non abbiamo sentito rumore. "Ma sai che c’è tutto il coperto scoperto?". Mio fratello dice: "Ma sarà mica piovuto?". "Ma che piovuto?"… Tutto scoperto, una tegola qui, una di là, tutto sbardlato (sparso, in disordine). "Porca miseria" mi dico "cosa è successo?". Poi ho visto mio papà che ha detto a mia mamma: "E’ quella donna là, è quella là".
Quelle che si sono incrociate, anche quella lì… quella lì è un’altra; non hanno potuto sapere se era quella donna lì, perché non l’hanno vista andar sopra, allora c’erano… come si chiamano?, lavori di legno. (Mia mamma) era andata sopra, è venuta giù, mia mamma: "Oh, ma cosa è successo?". Va a vedere mio padre: "Oh, ma che cosa?, ma cosa è successo?". Nessuno li aveva toccati, nessuno della famiglia. Là in campagna eravamo nel bosco. Si intrecciavano ‘sti legni, erano liste, che tagliavano la legna, quelle più belle le tenevamo per tirare su i bachi, in casa, li portavamo noi in casa, e poi li trovavamo lì, mezzi tutti spaccati (e incrociati). I miei genitori non dicevano niente eh per quella donna! Era una donna che era buona (a fare la fisica), ha fatto la fisica.
Le coperte si muovevano. Delle volte c’era il letto fatto, magari poi lo trovavamo tutto sfatto, in casa nostra, ma sono tanti anni, io ero ancora una bambina, avevo sette anni o otto. (Facevamo il letto, andavamo fuori, tornavamo e trovavamo il letto disfatto) ma dopo tanto perché quando andavamo fuori andavamo a lavorare, quando andavamo a casa si trovava il letto sfatto, tutta la roba… Qualcuno lo ha fatto quel lavoro lì, perché altrimenti non ci poteva essere tutto incrociato, tutto… Mi ricordo mio papà che diceva: "Sono le masche, quelle che fanno la fisica, che sanno lavorare".
Quella (masca) lì sì che l’abbiamo vista, è venuta in casa, (un lumino) era sulla finestra di casa, mia mamma l’ha messo spento perché andavamo a dormire e si spegneva, e poi li ha trovati aperti, non ricordo più se il mattino o la notte. Ricordo io che ero bambina: "Come ha fatto la masca a venire in casa che c’era tutto chiuso?". "Eh, ma loro sanno, sanno come fare, si arrangiano". Io ho detto a mio padre: "E perché non ammazzano ‘sta donna?", "Uh, non si può, non si può". L’avranno altro che spaventata, (ma lei non aveva paura di) niente.
La capra l’abbiamo portata a casa dal pascolo, era tutta spelata, ci mancava tutta la lana, e ricordo che mio padre m’ha detto: "T’ha mica visto quella donna?". Si chiamava Pina, faceva dei lavori senza toccare niente; ma una volta, quando ero bambina io, ce n’era tante, ce n’era per così masche!
Sono andata a dormire, io coi bambini ero andata a dormire presto, mia mamma è andata più tardi; una maschera è andata su per la scala, si è fermata lì da una parte, è andata su mia madre, quel sacco, sembrava un sacco, le è saltato incontro, ma non ha conosciuto che era una persona. "Porca la miseria" ha detto a me "ma cosa m’hai fatto?", "Io non t’ho fatto niente", e poi l’altra ci ha detto: "Eh, è quella donna". Ma non me lo dicevano eh! Faceva vedere che era il sacco, ma era una persona.
Mia mamma li segnava (i vermi), prendeva un po’ d’acqua in una tazza, una scodella, poi cosa ci metteva non ricordo, ci metteva qualcosa, poi ce la metteva nella sua camera, non ricordo più bene, potevo ben scriverlo!, erano cose da tener da conto.
Una volta è venuta in casa, ha fatto qualcosa perché poi i bambini non mangiavano, e l’altra più alta che era mia sorella neanche, sembrava che non stesse neanche tanto bene. Sembrava che (quella Pina in casa sua) giocasse come un bambino, adesso non ricordo più se erano legna o se erano pezzi di carta (tutti diversi) e gomitoli.
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