giovedì 26 settembre 2024

Nuova rubrica: echi di voci piemontesi - Leggende, poesie e canti di Cavour (TO) - pt. 1

E' da molto tempo che non scrivo su questo blog, e non per mancanza di materiale. Ripromettendomi di tornare al più presto con articoli inediti, colgo l'occasione per aprire questa piccola rubrica legata a leggende piemontesi che non troverete altrove online in quanto provengono dal vecchio sito del Centro Venturelli. Si tratta di importantissime testimonianze raccolte da Daniela Bene e Laura Romanoni nella primavera del 1999.
Buona lettura. 

Nessuna descrizione della foto disponibile.

Sig. Celestino Turina, anni 79 - Cavour (TO) - contadino

Donna al chiaro di luna:

In certi casi si spaventavano anche gli adulti, io non so capire dato che, le dico la verità, non ho mai visto niente a quel riguardo; ma c'era un nostro vicino qui di casa che aveva qui un terreno vicino il bedale di Cavour e dicevano che quando l'acqua che é sua bisogna bagnare la terra, bisogna bagnare anche di notte secondo occasione e loro dicevano che andando là a bagnare quei prati li vicino al bedale sentivano sempre di notte, di giorno niente, ma di notte c'era sempre una musica, dicevano che era una bella musica lì al bedale, dicevano proprio che era una bella musica e una volta mi ricordo che uno di loro é andato a bagnare, era una notte che c'era un bel chiaro di luna; é arrivato là, ha messo l'acqua nel prato ed é venuto a casa un momento poi di nuovo andato a vedere. E' arrivato là c'era una donna lì che passeggiava lì per l'acqua vestita di bianco e non ha continuato il suo lavoro ed é venuto a casa. E poi quando sono arrivato là, la donna non c'era più e non l'ho vista. Io non so, forse qualcosa ci sarà stato, ma credo più che altro perché ci sono ancora adesso quelli che lavorano di fisica, ci sono ancora adesso e forse qualcuno che sapeva che loro avevano paura di notte che facessero quelle cose lì di vedere una cosa che non c’è, io non so.

Le masche:

Le masche, come le chiamavano, e mia moglie che lo racconta che una volta, era ancora da sposare che suo zio e suo papà erano andati via con un mulo, avevano un mulo e poi sono ritornati di notte e hanno visto lo zio mentre che veniva a casa vedeva un maialetto lì vicino la strada che ogni tanto attraversava la strada e suo papà non lo vedeva.

Io credo, secondo me che si spaventano più che altro.

Castagno – masca:

E quando ero proprio bambino che andavo a scuola, eravamo a Bibiana e lungo la strada c'era una pianta di castagno, era enorme e c'era della gente che diceva che lì dove c'era quel castagno lì ma sulla pianta, sopra la pianta a passare di notte sentivano la musica e adesso avranno tolto anche il castagno. Sono tutte cose che non so... la. Io non ho mai visto niente, proprio niente, e c'è qualcuno che invece vedeva qualche cosa, secondo me più di paura che di fatto.

Cane che fa ballare le scarpe:

E c'era un altro fatto che mi raccontava mia moglie di una famiglia che abitava lì vicino a loro e era mancata una parente di quella famiglia lì e la sera del funerale, dopo il funerale sono andati anche loro forse per dire qualche preghiera insomma e siccome era un suo parente e mentre che erano lì radunati forse attorno a un tavolo questa donna che era mancata dormiva sopra la... e questa stanza aveva soltanto il solaio, e non c'era le solette, e ad un certo punto hanno incominciato a sentire un rumore lì ma... era abbastanza forte e sono rimasti lì tutti e non sapevano che cosa fosse e dicevano che era quella donna lì che era mancata che veniva a portar pena e allora questa donna che abitava lì vicino a mia moglie: "bene andiamo a vedere e le domandiamo se ha bisogno di qualcosa". Sono andati su, avevano un cane, un cucciolo ed era lì che faceva ballare le scarpe.

Sig.ra Turina, 75 anni - Cavour (TO) – Contadina

Le masche:

Mia mamma raccontava anche che si diceva che i morti una volta portavano pena, cioè venivano a chiedere dei suffragi e lei abitava in una frazione, quand'era da sposare, abitava in una frazione che si chiamava Cappella Nuova e era mancata una zia giovane e una notte hanno visto dei lumicini nel prato e i vicini e tutti dicevano che questa sposa giovane che era mancata era venuta a portare pena, quindi a chiedere dei suffragi e tutti gli abitanti della frazione erano spaventati o comunque erano stati molto suggestionati da questo fatto. E poi avevano saputo che erano proprio i familiari che avevano perso alcune pecore e durante la notte con i lumi a petrolio erano andati in giro per i prati a cercar le pecore.

Sig.ra Maria Grazia Turina, 55 anni - Cavour (TO) - Maestra elementare


Leggenda sulla Villa Giolitti:

Nel parco di villa Giolitti c'è una vecchia casetta che ha la particolarità di avere un ingresso e tutte le finestre rivolte verso la rocca e la leggenda si dice che quella casa fosse abitata un tempo da una strega che si chiamava ed era nemica di tutti i cavouresi e perciò aveva costruito la casa con la facciata rivolta verso la rocca. Comunque questa leggenda può avere anche un fondamento questa leggenda, in quanto che quella casa, quella casetta é molto vecchia, quindi, quando é stata costruita sicuramente la rocca più coltivata della Rocca ed il bosco era meno verdeggiante, folto e quindi la maggior parte della luce arrivava da est e da sud che é proprio dalla parte della finestre.

Leggenda sulla Rocca:

Secondo un'antica leggenda, sulle montagne viveva il diavolo che andava in giro per la montagna alla ricerca di anime e tornava la sera con la gerla piena di anime. E nella caverna rimaneva la perpetua a cucinare. Una sera lui arrivò e la perpetua cucinava un minestrone di topi, biscioni, eccetera, rospi e questo minestrone era bollente quindi appena il diavolo l'assaggiò si scottò la lingua. Rincorse la perpetua per punirla però la perpetua scappò, cadde da un dirupo ma riuscì a mettersi in salvo. Allora il diavolo arrabbiato prese la punta di una montagna e la scaraventò dietro la perpetua credendo così di ucciderla. Però la perpetua si mise in salvo e invece la punta di questa montagna rimase su questa pianura. Il vento non aveva mai visto questa cosa e gli girò attorno e la trovò bella, allora ogni volta che ritornava portava un dono, se veniva dal mare portava un seme del mare, se veniva dalla montagna portava un seme della montagna, infatti ci sono i mirtilli, i narcisi, ecc... e un poco alla volta la Rocca diventò così verdeggiante com'è adesso e il diavolo dalla montagna ogni tanto la guardava e diceva com'è possibile, insomma, che una punta di montagna che ho buttato dietro la perpetua é diventata così bella e decise allora di venirla a vedere da vicino, casomai che avesse trovato anche qualche anima per sè. E scese dalla montagna ai piedi della rocca e gira attorno e poi decise di salire in punta per vederla meglio, però in punta fu disturbato tantissimo dalla presenza della croce e lui cercava di distrarsi ma non riusciva a distrarsi perché c'era questa croce, allora decise di abbatterla e si buttò, si scagliò contro la croce. Ma non tenne conto che però c'era il dirupo e quindi cadde nel dirupo. C'era una grossa crepa che mentre precipitava si aggrappò ancora comunque per tenersi in salvo e lasciò le impronte delle unghie quelle che ... vanno sotto il nome di... niente il diavolo sprofondò nell'Inferno e la crepa si chiuse e sulla rocca rimasero le impronte.

Leggenda di Braam:

Sulla seconda vetta della rocca c’è una punta. Braam era un gigante che aveva osato ribellarsi a Giove e allora Giove per punirlo aveva scagliato contro di lui la punta di una montagna, ma non aveva tenuto conto che la punta di questa montagna era cava, quindi il gigante non fu schiacciato. Però aveva fame, e allora urlava perché aveva fame e allora urlava e allora la gente lo sentiva e allora dicevano "Braam ha fam", da allora quella punta si chiama "Bram ha fam".

Leggenda sulla Rocca:

Secondo una leggenda la Rocca un tempo chiudeva lo sbarramento, era lo sbarramento naturale alla conca del Prà che c'è in Val Pellice. E spinsero questo sbarramento naturale a valle delle fate e il lago...

Sig.na Stefania Mario, 25 anni – Cavour (TO) – logopedista

La pietra del diavolo:

Salendo sulla rocca, prima di imboccare l'ultimo tratto per arrivare alla cima, nel luogo dove c’è un pozzo, vi è una roccia ormai levigata dalle piogge, dalla neve e dal vento e ci sono delle impronte rappresentanti vagamente le unghie della mano del diavolo. Ormai e' stato chiarito che sono dei fori a cappella ma il mistero del perché e da chi furono fatti rimane.

Molti anni fa questa impronta era spiegata ai ragazzi come le unghia della mano del diavolo, la leggenda dice che quando a Cavour cominciava ad aumentare il fervore cristiano sugli antichi culti pagani, il diavolo aveva preso come casa la grotta che sopra questo pianoro e passava il giorno sulla soglia ad aspettare che qualcuno s'avventurasse sulla Rocca per prendergli l'anima.

Più nessuno osava salire sulla vetta per paura di incontrare il diavolo, il sentiero che era stato tracciato attraverso la Rocca era ricoperto di rovi ed era ormai quasi abbandonato.

Gli anni passavano e durante i mesi estivi quando scoppiava un temporale, le persone si ritiravano in casa, perché oltre la paura dei lampi e dei tuoni si era aggiunta la paura del diavolo. Durante questi temporali usciva dalla sua grotta per volteggiare sulla vetta.

Un giorno, una bella ragazza molto pia decise di andare sulla vetta della Rocca per fare una passeggiata per vedere se era vero quanto le era stato raccontato.

Appena iniziata la salita, ella cominciò a recitare il Santo Rosario e ad un tratto si fermò per una breve sosta per riprendere fiato vicino ad uno spuntone di roccia oppure su un tronco di castagno.

Quando svoltò la curva che la immetteva sul fatidico pianoro improvvisamente le si trovò davanti un signore dall'aspetto molto bello, che con modi gentili si offri' di accompagnare la ragazza per il tratto prima di arrivare alla vetta, dicendo come pretesto che la strada sulla quale doveva camminare era ricoperta dal muschio ed era pericolosa.

La ragazza lo guardò intensamente e malgrado i suoi modi gentili e il suo vestito, si accorse che sotto quel volto si nascondeva il diavolo. Non si spaventò e guardò negli occhi il suo interlocutore; così alzò la mano alla fronte e si fece il segno della croce.

Il diavolo vistosi scoperto, sentì salire il sangue alla testa e, accecato dall'ira in gesto di stizza battè violentemente la mano sulla viva roccia e tra fulmini, tuoni ed l’odore di zolfo scomparve.

La ragazza spaventata rimase a guardare tutto quanto le succedeva e quando, dopo alcuni minuti il fumo si dissolse, vide dove il diavolo aveva battuto la mano, l'impronta lasciata dal diavolo e si rifece il segno della croce, prese in mano il suo Rosario ed iniziò la discesa. Ritornata in paese molti le chiesero spiegazioni di quanto era successo, perché tutti avevano sentito i tuoni e visto i lampi, anche se era una splendida giornata di sole. Lei spiegò a tutti quanto era accaduto e disse loro che ora non dovevano più temere di salire sulla Rocca.

Il buco del diavolo:

I prati del territorio di Cavour sono irrigati con l'acqua di un canale che arriva dal torrente Pellice; il canale scorre per circa 30 metri sotto il traforo di un poggio detto Caburna.

Quest'opera venne realizzata dai monaci Benedettini dell'Abbazia di S. Maria di Cavour, i quali nel… non ricordo… circa l’anno 1000, più o meno, ottennero dalla contessa Adelaide e dai Signori di Fenile di fare un acquedotto.

Il traforo e' denominato dalla gente "il buco del diavolo" per l'immane opera compiuta da quei monaci, che dovettero affrontare un lavoro veramente imponente per quei tempi.

E c’è una leggenda che dice che i monaci dell'Abbazia di Cavour si erano riuniti più volte per vedere il modo di irrigare e rendere fertile la pianura, poiché il poggio detto Caburna, ne impediva il paesaggio. Era come una grande pietra dura impenetrabile.

Una sera, un frate stava pregando Dio di aiutarli a scavare questo muro, gli apparve nella cella un uomo vestito da grande signore. Il povero frate sgranando gli occhi per la meraviglia e per la paura, domandò all'uomo chi fosse. Rispose sorridendo il misterioso personaggio con una voce forte che non importava il nome. Gli disse: "tu hai chiesto a Dio un mezzo per condurre l'acqua attraverso la Caburna, ebbene io te lo insegnerò, a patto che tu mi vendi l'anima". Il Padre pensò alla domanda, aveva capito chi era lo strano interlocutore e ormai non aveva più dubbi, era il diavolo in persona.

Gli chiese tremando il frate: "Che vuoi farne della povera anima mia?".

Rispose:" Non devi saperlo, accetta e il desiderio tuo e della comunità a cui appartieni sarà soddisfatto".

Il frate rimase un attimo pensieroso a cercare una soluzione, poi rispose: "Mia o di un altro a te poco importa, io ti prometto che ti farò dono di un'anima."

Il visitatore acconsentì e così fece segno al frate di prendergli la mano e subito si sollevarono in volo e arrivarono fino al poggio detto Caburna dove lo lasciò a terra.

Il diavolo si scostò leggermente da lui e batté due volte il piede per terra. Subito si levò un vapore di zolfo, il luogo venne rischiarato da fiamme giallastre e dalla fenditura provocata dal battito del piede uscirono centinaia di piccoli omini rossi.

Il diavolo, quando tutti furono usciti, fece un cenno ed essi si lanciarono contro la roccia, che si aprì lasciando così un grande passaggio sotterraneo. Appena terminata l'opera i piccoli uomini rossi ritornarono da dove erano venuti scomparendo.

Il diavolo disse allora al frate: "Vedi, eccoti accontentato, ora tornerai alla tua cella dove domani notte verrò a ricordati il patto e a prendere l'anima" e detto questo si dileguò.

Il mattino dopo quando tutti i frati stavano andando in chiesa per pregare, notarono l'assenza del frate ,e lo cercarono e trovarono la sua cella vuota.

Iniziarono subito a cercarlo e dopo lunghe ricerche, finalmente trovarono il frate privo di sensi sul poggio detto Caburna, presso il buco scavato nella notte dai diavoli. Fecero rinvenire il povero frate che quando si riprese raccontò loro tutto quanto gli era successo nella notte e la promessa fatta.

I frati pensarono ognuno di essere il sacrificato promesso, ma il frate rinfrancato sorrise e disse: "Non abbiate timore, cari fratelli ho trovato la soluzione e nessuno di voi sarà sacrificato".

Ritornarono al convento e la sera, tutti si ritirarono nelle loro celle.

Il frate si ritirò nella sua cella ed attese il diavolo in compagnia di un grosso cane.

A mezzanotte, all'improvviso un rumore di catene, avvertì il frate che il diavolo era in arrivo.

Disse il diavolo: "Eccomi é l'ora che tu mantenga fede alla promessa".

Il frate rispose facendosi il segno della croce e biascicando preghiere: "Ecco l'anima promessa" e così dicendo gli presentò il cane.

Il diavolo vedendosi così buggerato, in preda alla più grande ira cominciò a bestemmiare e si scagliò contro il frate per colpirlo, ma questi, appena finito di parlare si era messo a pregare, e aveva ottenuto la protezione di Dio. Il diavolo non poté nulla contro di lui.

Allora il diavolo si dileguò per non ritornare mai più a dar fastidio ai frati e grazie al frate Guidone il passaggio per il bedale era fatto.

Sig.ra Avidano, anni 47 – Cavour (TO) – Negoziante

Poesia:

Tre comare 'd Cavour,
tute tre 'd bon umor,
tute tre 'd bon indissi,
son partisse da Cavour
per 'ndè al marcà a Salusse.
A Salusse son 'ndà,
a Salusse son sta,
a l'osteria son 'nda.
- Oh portè 'n po' 'nsà na bota
'd col vin ch'a fa tant bin;
la cavala a 'n men-a 'n gropa.
La cavala l'ha mal disnà,
me n-a mal soa somà.
La cavala gira e volta,
aossa 'l cul, campa giù
tre comare 'nt una fossa,
tre comare 'nt un fonssal,
'nt un fonssal,
tute tre carabocià.
Un-a piora, l'autra cria:
damentrè, damendì
la cavala a tira via.
L'è passaie un brav om,
un brav om,
ch'a l'avìa un fagot;
l'han ciamalo con modestia.
-Oh veuli fe 'l paisì
'd fermene cola bestia?
Col brav om a l'ha fermà,
a l'ha fermà.
Tre comare l'han ringrassià.
Quand che passi da nostre bande,
vardè l'uss, mangè i pruss,
mangè i pruss,
e peui men-i 'l gambe.

Sig. Mario – Cavour (TO) - Negoziante

Canto popolare "Cavour Pedala":

Se per el mond pi-gnun sà contentesse
se tanta gent a sèrca 'd pignochesse
evnì tuti si da noi e peui vedreve ancor
che la "Cavourpedala" dà vigor.
Giroma d'antorn a nòsta Roca: che piasì!
Crijoma che pedaland as viv trè volte 'd pì.
Pedalo ij giovo, pedalo ij vej, pedalo ij pensionà.....
pedalo 'l tote bele e pedalo le sposà....
Giroma per le campagne bele 'd nost Cavour
cantoma a la natura e al piante an fior....
Sta corsa, farà ringiovanì,
sta corsa, farà tuti content,
la corsa, a farà vede, a farà vede 'l nòste qualità....
Se la "Cavourpedala" n'antusiasma
e tut el mond convint ormai na parla....
a-i-saran j'invidios, saran sicur gelos
ma... noi dla "Procavour"soma orgojos....
Giroma d'antorn a nòsta Roca........
Se pedaland a vòlo an pòch le veste....
e se scarpento an pòch le vòste teste,
butave an libertà, noi ... soma pa an sità
con tanta, tanta gent sufisticà....
Giroma d'antorn a nòsta Roca.......

Sig. Callieri Giovanni, 88 anni - Cavour (TO)

Leggenda sulla Rocca:

Il Monviso andava ad amoreggiare con Superga, un bel giorno gli innamorati della Superga là locale, e... dobbiamo farcela portare via e l'han presa a sassate e il Viso é scappato. Per strada perde un zoccolo e lo zoccolo diventa la rocca del Cavour perché se voi guardate bene la rocca com'è fatta, il Turiun anfinsava ed é proprio uno zoccolo e così é diventata la rocca di Cavour.

E da ragazzino che i vecchi raccontavano la storia della rocca ma... poi questa notte mi verran sicuramente in mente...

Racconto di gioventù:

C'era un ciabattino, non un calzolaio, un ciabattino e noi ragazzini andavamo lì, lo facevamo arrabbiare e lui doveva lavorare. E lì in quella casa lì c'é una cantina sotto le cantine che si chiamava l'infernot e allora si arrabbiava poi prendeva la chiave di questa sottocantina, l'infernot, e scendeva lì e andicia a Caruntu che venga su e che vi sboia. Noi lo vedevamo andare verso la cantina, scappavamo che avevamo paura di Caruntu. Adesso i bambini ci direbbero faccelo vedere.

La grotta sulla Rocca:

Da bambini quando facevamo i cattivi ci dicevano: vi mandiamo a dormire alla grotta di Peiret.

Sig.ra Adriana Re, anni 80 - Cavour (TO)

La grotta della Rocca:

Ce n'era una che la dicevano la ca' di Peiret. A metà della rocca verso la vetta c'era proprio una grotta chiamata di Peiret. Mia nipote diceva: "Nonna portami alla grotta di Peiret." C'é una grotta grande grande grande, proprio uno spazio e dicevano che quella persona lì d'inverno si rannicchiava lì, si ricopriva come poteva... C'era dello spazio ma poi ancora lì c'era ancora ricavato uno spazio e d'estate si trasferiva nella seconda casa e allora quando uno non trovava casa diceva c'é sempre la grotta di Peiret.

I buoi d’oro:

Per la strada che va alla Rocca, proprio vicino alla grotta di Peiret, c’è una pietra che sembra un ombelico, e mio padre mi portava a fare la passeggiata. Mi portava lì e mi deceva di appoggiare l’orecchio lì sulla pietra che si sentivano i buoi d’oro che lavoravano con l’aratro e io che ero piccola mi immaginavo davvero che c’era il rumore e mi sembrava davvero di sentirlo da come me lo diceva veramente!

Sig. Perassi Giuseppe, 93 anni - Cavour (TO) – contadino

Leggenda sulla Rocca:

Come è nata la rocca? Dicono che è nata... Monte Bruno... la storia? Monte Bruno e Monte Bracco ...dicono che il diavolo ha messo il piede su Mon Bracco e l'altro su Monte Bruno e ha posato un berluno su Cavour.

Dicevano anche che prima davanti alla rocca c'era un fiume, acqua che si è portata via tutte le ... tanto è vero che ci stan tutti i sassi.

Le masche:

Le masche volevano andare... una volta alla croce c'era un buco e c'erano dei vecchi uomini che ancora ho conosciuto io, sono venuti vecchi anche loro e volevano andare a vedere perché ad andar di là c'era un buco... tutto tutto c'era un sotterraneo che andava da sulla rocca all'abbazia, tutto sottoterra... é stato interrotto, tutte robe vecchie. Che ci fosse delle masche sulla rocca, già delle volpi ho sentito dire. Si andava in giro a prendere i polli, delle galline. La dama bianca, son tutte storie che ne ho sentito parlare, che la dama bianca girava, tutte cose che non so se avevo da credere. Ricordo che dicevano solo che... se fosse stato vero io non so, ma io non l'ho mai vista. Dicevano che girava, che si faceva vedere, che faceva paura alla gente. I vecchi dicevano ai più giovani di non andare lì che c'era la donna bianca.
 
Sig.ra Perassi, 45 anni - Cavour (TO) – Insegnante

Leggenda sulla Rocca:

Si racconta che Bram era un gigante, figlio di Giove e aveva bisticciato con Giove, non so per quale motivo, ed era stato cacciato dall'Olimpo ed era imprigionato qui a Cavour era stato messo sotto la rocca, cioè la rocca si è formata come prigione di questo Bram e Bram aveva fame perché era chiuso sotto questa montagna di terra, di sassi e gridava continuamente Bram ha fam, bram la fam e difatti ancora adesso sulla rocca c'è la torre di Bram fam che è un torrione di origine medievale, però si dice che lì sotto sia sepolto Bram e la popolazione lo sentiva urlare in questo modo.

Sig.ra Celestina Ricagni , 69 anni – Cavour (TO) – Contadina

" La ca 'd Peirèt "


Tra la stòria e conte an piemontèis el pass a l'è curt, tuti a conto quaicòsa, tanti a parlo del temp passà dasand ed version con ed descrission motobin colorà ed veje e misteriose aventure.

Disoma pura.. che, a sentie conte..cste còse a smia 'd vedie lì, listess come feisso mach sucedute j'er ò jer-dlà.

Aut el mè pais a-i-è na conta tramandà da pì 'd sent'ani che a fa restè bele smaravià.

I l'hai piasì 'd contevla .. e tant a l'è dròla che i l'hai por che la cherdreve pa..gnanca vojautri.. e 'd costa mja convinssion i son scasi sicur.

A bzogna savei che a mesdi 'd Cavour a-i-è ma montagnòla bela-bela, a vardela da lontan a smìa ne schers dla natura e-a ven ciamà "la Ròca".

Tut antorn a l'è pianura "disoma, na pianura sensa la pì cita ondolassion del teren ... a l'è na còsa ch'a fa fin-a stupi e tanti a vorrjo savei na spiegassion.

Prove mach a monte fin-a sla sima 'd costa montagnòla a jè da reste bele ancantà.

La pian-a che a vista d'euj a se stend a-i-sòi pe a se distend per dusent per dosent chilòmetri, fin-a a j pe dle colin-e 'd Bra e a la colin-a 'd Superga e sù-sù sempe pì an vérs a le montagne andova che la fiòca quasi etèrna a fa vedi el sò biancor lusent e bel.

Da là, i peuli conte le sime dle nòste montagne pì bele.

Eccò, là el Cornor e peuj...punta dla Rumela, la Meidia e dòp ancora.. el maestos e bel Monviso con el pì dle vòte na bela spiumassera 'd nebia ch'a gira second a va 'l vent, a fa parèi 'd na bandiera, én drapò da svantaje quand el temp a l'è bel e 'l ciel a l'è seren come ne specc e bleu parèj del verdaram.

Ma ...i vèjo gia ch'i son dilongame en pòch ed tròp a descrive cost pais e costa Ròca a bzogna ch'j ancominsa cà conteve la storia 'd Pèirèt, dla soa abitassion, dla soa manera 'd fe e ed come a vivija.

Disoma pura subit che, coste còse a saran capità perlomeno...sent ani andare e magara ncora 'd pì...chi a peul savej...i sai mach che coste còse a le contavo gia ij bisnono a-i nostri grand e peuj lor a-i nòsti pare e alora vorde en pòch se a l'è nen vera ch'a saran sicurament passaje pi 'd sent ani e magara motobin 'd pi.

Lor a contavo costa aventura pi o meno come iv la conto mi an cost moment:

A j'era "a coi temp" en vejoto che stasija là dova la Ròca a l'è pi scura, la dova doi o trè castagne pi vej del coco a son giòmai mesi mòrt e smija ch'a ten-en drit per misericòrdia.E bin propi là andova ch'a jè na barma scura, sombra scasi da fe paura ..., na gruta come na cavèrna sterma da busson ed bassabòsch.

Prope la drinta a-i vivija col brav-òm pudoma ciamelo desgenà; eremita, tant ch'a vivija isolà da tuti.

Péirèt a l'avia per companìa sèt o eut crave, doi feje e 'n can fedel e brav.

"A smìa nen possibil ma minca 'n barbon o na persson-a solitaria che sta destacà dal mond anca al dì d'ancheuj a l'ha sempe 'n can ch'a j fa companìa".

Varde li, costa persson-a vivia lassù tanto a la bon-a; en pòch ed lait monzù da le crave o' da le fòje, quaich tomin, en pòch ed fruta servaja.

Calava giù a Covour prope mach per vende quaich rèis che chiel a trovava per la Ròca, quaich erbe medicinai che pudio servì a fe 'd decòt per la toss e con mila dautre virtù.

Quant j'arivava la prima stagion... alora a portava al pais na varietà d'èrbette che an cola stagion a spontaven sla Roca al prim sol, sle rive o sota ij busson.

Sne profitava e blagava perchè a l'era chiel el prim perchè chi dla pianur motobin pi freida a ne cujijo ancor men e così, con coi quater sòld che russia a ciape catava 'n pòch ed pan, en poch ed pasta, ed ris.....

Da reir a ndasìa dal mulinè a cate 'n poch ed farin-a 'd melia e 'l muline el pi dle vire a-i-la regalava tant a savia che vivija sovens con en pòch ed limosna. Minca tant, quand a sentìa le ciòche a sonè (e bzogna di che Pèirèt le cioche a-i-sentia tant bin perchè, su ant le rive dla Ròca a l'era pi ant che 'l cioche e da lassù as godià tuta la vita e le vicende del pais.

Se peni le cioche a sonavo da mort s'avzinava a la gesia e mastrojava quaich orassion e disìa 'l bin.

Asercava de spieghesse con manera semplifica che a pregava per le anime dij e per le anime del porgateuri perche', per coi che a saran già an Paradis a-i-j'era papì da preghe ... a l'era gia lor ch'a pregava per nojantri "e a disìa verament na còsa giusta o sicurament na còsa ch'a fasìa pensè.

Col pèirèt a l'era stima come na persson-a tanto brava e passienta ma, motobin "escontrosa, a se schivava quasi sempe e se podìa nen parle con la gent a l'era 'l pi content del mond.

Ij masna a l'avio scasi tui paura, lo vardaven con tanta difidensa e le ma quand che le masnà a stasìo nen brav a fasìo che dìe; varde che se feve ij gram ve farai pije subit da Pèirèt.

Che bruta frase a disìo,... a butavo col pover òm an cativa luce, ..a lo fasìo smìe en mastro gram e brut.

A la neut as vejija en lumin a bogè là ant l'ombra scura dij castagne ma, la gent del pais a l'avìa nen pan.... as limitaven a di che Pèirèt a giugava con le masce e-a fasìa scapa ij cioch e le crivele che a-i corijen sempe apres e-a lo fasìo desprè.

Come a fussa peuj mort .... gnun a l'ha mai savulo spieghe e gnun a peul dilo con precision.

Chi a disìa che Pèirèt a l'era andasne via n'istà 'd granda suitin-a, dautri a la conto an nautra manera travajand ed fantasìa.....

El fait a l'è che chiel en di a l'ha lassa la Ròca e 'l pais e andava a sarà endait gnun a lo sa pa.

Encora a-i-nosti di a na parlo come na scomparsa a l'improvisa; "sparì" chiel e soe crave e "l fedel can malinconich parèj ed so padron Pèirèt.

Così as na parla ncora a-i nostritemp e l'è propagasse come na vicenda da contè a le masna.

As na parla 'd Pèirèt, dla soa gruta, la barma che a tut ancheuj as ciama "la ca 'd Pèirèt" e a fa part ed le vicende veje ed Cavour e dla soa gent.


Caffaratto Silvio, anni 79 e Bertero Battista, anni 66 – Cavour (TO)

La stampa del Diavolo:

Ah sì, c’è una pietra sulla Rocca che porta l’impronta della zampa del diavolo... lui si è buttato giù e ha lasciato la sua stampa su una pietra...

Cavalla azzoppata:

...una sera avevano trovato una cavalla bianca che avevano portato in una stalla e avevano legato con una corda. Durante la notte si era imbizzarrita e l’avevano legnata con un bastone. Al mattino la cavalla non c’era più e c’era una dama "patanua" (nuda) al suo posto che era zoppa...

[Continua...]

1 commento:

  1. Dalle mie parti c'era la masca micilina! https://www.consorziodelroero.it/blog/curiosita/le-leggende-del-piemonte-la-storia-della-masca-micilina/

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